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IN PRIMO
PIANO
A tavola solo il 12% degli italiani è 'sostenibile', arriva la
Tribù per menù equo
I dietisti in campo per tutelare salute e ambiente
Cibi a km zero, prodotti di stagione,
sprechi limitati. Nasce la 'Tribù dei Sostenibili' per promuovere
comportamenti, pensieri ed azioni per limitare l’impatto delle dinamiche
politiche, economiche e sociali sul sistema alimentare e, più in
generale, sulla salute pubblica e l'ambiente. Una capacità che,
oggi, appartiene soltanto al 12% della popolazione italiana e si limita
comunque a pratiche quotidiane convenienti o regolamentate da governi
locali, quali la raccolta differenziata, il consumo di prodotti di stagione
(sempre nel 30,9% e spesso nel 45,3%), il risparmio di energia elettrica
(sempre nel 37,5% e spesso nel 32,5%). Troppo poco: per essere 'reali
sostenibili' serve di più.
Per questo l'Andid, in collaborazione con il Dipartimento di Sanità
Pubblica dell'Università degli Studi di Firenze, in occasione del
24 Congresso nazionale, lancia la 'Tribù dei sostenibili', un gruppo
di professionisti – discenti, docenti, sostenitori – che partecipando
al I Corso di Alta Formazione svoltosi nell’ultimo trimestre 2011,
grazie anche al contributo non condizionato dell’Azienda Ballarini,
ha scelto di dare più qualità alla propria pratica professionale.
L’obiettivo è infatti sensibilizzare le istituzioni a condividere
e promuovere il concetto di sostenibilità alimentare, "intesa
- spiegano in una nota - come una cultura basata su una prospettiva durevole
di cui possano beneficiare tutte le popolazioni del pianeta".
"Oggi, dal punto di vista alimentare e nutrizionale ci troviamo ad
affrontare questioni e problematiche interconnesse – spiega Giovanna
Cecchetto, presidente Andid – che richiedono un sempre più
forte impegno professionale. Infatti nel corso degli ultimi decenni, nel
mondo occidentale, i cambiamenti avvenuti nelle politiche agricole, nonché
quelli di natura tecnologica, economica e sociale, hanno determinato una
profonda trasformazione nel sistema alimentare globale, con conseguenti
implicazioni sugli stili di vita e dietetici che hanno da un lato portato
all’incremento delle patologie cronico-degenerative e dall’altro
a rilevanti effetti ambientali legati all’aumento dei rifiuti, alle
sollecitazioni esercitate sul suolo e sulle risorse idriche, a consumi
energetici indotti da processi industriali sempre più complessi
ed articolati".
Lo stesso orizzonte professionale del dietista si è ampliato, comprendendo
anche l’ambito delle politiche alimentari, con l’obiettivo
prioritario del riconoscimento del diritto di tutti ad una alimentazione
equilibrata ed equa in tutte le sue fasi, dalla produzione al consumo
finale. "Questo sta a significare – dice Stefania Vezzosi,
membro del direttivo Andid e responsabile del progetto sostenibilità
– che occorre modificare l’approccio all’alimentazione
per soddisfare le esigenze delle attuali generazioni senza danneggiare
quelle future, all’interno di un sistema sostenibile capace di offrire
un cibo buono non solo come nutrimento ma anche come punto strategico
di congiunzione tra produzione alimentare e mantenimento degli ecosistemi
in buona salute".
Un impegno non facile, a cui si cerca di far fronte grazie all’utilizzo
dell''impronta idrica', studiata e promossa dalla Fondazione Olandese
Water Footprint Network. Adottando uno specifico algoritmo di calcolo,
è infatti possibile valutare l’utilizzo dell’acqua
in metri cubo/anno di una singola persona ed estenderlo al Paese di residenza
in modo da conoscere le variabili e gli impatti ambientali che provengono
dai prodotti importati. "Nel mondo vi sono però notevoli differenze
di atteggiamento e comportamento nei confronti dell’utilizzo e della
tutela della risorsa idrica. Ne consegue che le azioni - conclude Vezzosi
- non dovrebbero essere adottate in modo disgiunto, ma inserirsi piuttosto
all’interno di una strategia di sviluppo coerente e intersettoriale".
(www.adnkronos.com)
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