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IN PRIMO
PIANO
L'Italia 'di qualità' vale il 47,9% del prodotto interno lordo,
più forte in export
Presentato il Rapporto Piq 2011. Per battere la concorrenza
sempre più agguerrita sui prezzi al ribasso, il sistema produttivo
italiano ha puntato sulla qualità e sul rilancio competitivo
Il Piq italiano, ovvero il Prodotto Interno Qualità calcolato per
il 2011, è pari al 47,9% del Pil, per un valore che sfiora i 460
miliardi di euro. Non solo il Piq 2011 vale quasi la metà del nostro
prodotto interno lordo ma rispetto al 2010, quando era pari al 47% del
Pil per un controvalore di 445 miliardi di euro, può vantare una
crescita nominale di oltre il 3%. Lo rileva il Rapporto Piq 2011 presentato
oggi da fondazione Symbola e Unioncamere nell'incontro dedicato al nuovo
indicatore che serve per calcolare tutto quello che non è compreso
nel prodotto interno lordo e leggere meglio l'economia e le tendenze in
atto.
I dati 2011 evidenziano come, in tempi di crisi, il sistema Italia abbia
ripensato il proprio modello di sviluppo puntando su una progressiva qualificazione
delle proprio produzioni. In altre parole, per battere la concorrenza
sempre più agguerrita sui prezzi al ribasso, il sistema produttivo
italiano ha puntato sulla qualità e sul rilancio competitivo. Analizzando
l'andamento di Pil e Piq per il biennio 2010/2011 si evidenzia inoltre
come la qualità cresca a un tasso superiore: 3% per la crescita
nominale del Piq contro l'1,5% del Pil. Dunque le imprese che investono
in qualità e innovazione hanno propensione alla crescita doppia
rispetto a quelle che cercano di andare avanti semplicemente contenendo
i costi.
Le imprese che puntano sulla qualità realizzano anche migliori
performance nelle esportazioni. Analizzando l'andamento dei Valori Medi
Unitari delle esportazioni, assunti come indicatori dell'evoluzione qualitativa
delle nostre produzioni, si scopre che dal 2007 al 2011 le nostre imprese
hanno mediamente accresciuto del 10,7% il valore delle esportazioni.
"Per affrontare la crisi abbiamo bisogno di nuovi occhi con i quali
guardare al Paese. Il Piq - commenta il presidente della Fondazione Symbola
Ermete Realacci - risponde proprio all'esigenza di leggere il sistema
Italia attraverso uno sguardo rinnovato, per trovare nella forza del Paese
che c'è la chiave di un comune futuro. Oggi più che mai,
visto il momento di grave crisi che stiamo attraversando, la missione
dell'Italia non può che essere legata alla qualità, che
incrocia i territori e la coesione sociale ed è iscritta nel nostro
patrimonio genetico''.
''Anche sul fronte internazionale i mercati riconoscono la crescita qualitativa
italiana. Nel giro di cinque anni, dal 2007 al 2011, le nostre imprese
hanno mediamente accresciuto del 10,7% il valore delle esportazioni al
netto dei costi di produzione - aggiunge Claudio Gagliardi, segretario
generale di Unioncamere - molto di più di quanto osservato nella
media europea e più di quanto associabile alla Germania e alle
altre grandi economie del continente''. Dall'analisi della ricerca emerge
che i settori macroeconomici dove è più elevata la presenza
di qualità sono quello dei servizi e dell'industria in senso stretto,
che contribuiscono al Piq nazionale rispettivamente con 300 e 121 miliardi
di euro.
Seguono le costruzioni e l'agricoltura con 28 e 10 miliardi di euro. Per
quanto riguarda il terziario si distinguono i servizi finanziari dove
il Piq incide per il 59,2%, la sanità e l'assistenza dove il Piq
incide per 53,4%, e l'istruzione, dove la qualità incide per il
50% del valore aggiunto. Mentre i settori industriali a maggior incidenza
di qualità sono la chimica e farmaceutica (59,6%), la meccanica
(53,0%), i mezzi di trasporto (51,9%), l'industria della gomma e della
plastica (50,1%), l'industria cartaria e della stampa (49,6%), l'elettronica
(49,1%), l'alimentare (49,0%), il tessile (48,8%) e le industrie conciarie
(46,7%).
L'area a maggiore connotazione di Piq del Paese è il Nord-Ovest,
in cui la quota di prodotto interno qualità arriva al 56,2% del
valore aggiunto. Buona anche la performance del Nord-Est dove la quota
di Piq sul valore sfiora il 51,9%. Sotto la media nazionale, invece, il
Centro e il Mezzogiorno, rispettivamente con un Piq del 45,8 e del 30,5%.
Passando dalle macroregioni alla graduatoria delle regioni, la Lombardia
si distingue come 'locomotiva' della qualità italiana. Da questa
regione, infatti, arrivano 132 miliardi di euro, pari al 28,7% del Piq
nazionale.
Seguono a distanza Lazio, Veneto, Emilia Romagna, e Piemonte rispettivamente
con 50, 48,6, 48,4 e 42,9 miliardi. Nella zona media della classifica
troviamo Toscana (29,6 mld), Campania (18,2 mld), Trentino Alto Adige
(12,2 mld), Sicilia (11,8 mld), Puglia (11,5 mld), Liguria (10,9 mld)
e Marche 10,2 mld). Quindi Abruzzo (5,3 mld), Umbria (4,8), Sardegna (4,3
mld), Calabria (3,4 mld), Basilicata (1,4 mld), Molise (1,1 mld) e Valle
d'Aosta (0,9 mld).
Per definire il Piq si parte dalla stima della qualità prodotta
da ciascun settore e da ciascuna attività del nostro sistema produttivo.
Stima che viene realizzata valutando ogni settore in base a tre dimensioni:
l'eco-efficienza, le capacità delle persone impiegate, l'innovazione.
La sommatoria di queste qualità settoriali definisce il Piq. Fin
qui possiamo parlare di qualità del processo produttivo. Ma siccome
la qualità del processo produttivo non garantisce la qualità
del prodotto finale, per calcolare il Piq bisogna prendere in considerazione
anche la qualità dei prodotti immessi sul mercato. In questo ci
si affida a due indicatori: il valore medio unitario dei prodotti esportati
e il posizionamento competitivo di un prodotto. (www.adnkronos.com)
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