|
IN PRIMO
PIANO
Presentato il Rapporto GreenItaly 2012 di
Fondazione Symbola e Unioncamere
Dalla chimica alla farmaceutica, dal legno-arredo all’high tech,
dalla concia alla nautica, passando per l’agroalimentare, l’industria
cartaria, tessile, edilizia, minerali non metalliferi, per la meccanica,
l’elettronica e i servizi. Oltre che i più classici settori
delle fonti rinnovabili, dell’efficienza energetica, del ciclo dei
rifiuti e della protezione della natura. Tante sono le declinazioni della
green economy italiana. Un filo verde e dinamico, che attraversa, innova
e rende più competitivi tutti i settori della nostra economia,
compresi quelli più maturi e tradizionali. È quanto emerge
dal Rapporto GreenItaly 2012 che Fondazione Symbola e Unioncamere hanno
presentato ieri a Roma.
La peculiarità della green economy italiana, infatti, sta proprio
nella riconversione in chiave ecosostenibile anche dei comparti tradizionali
dell’industria italiana di punta. Il Paese ha sviluppato in maniera
diffusa nelle sue imprese e nei territori una reinterpretazione della
green economy del tutto particolare, che incrocia le vocazioni delle comunità
con la tecnologia e la banda larga, la filiera agroalimentare di qualità
legata al territorio con il made in Italy e la cultura. Non è un
caso se l’Ocse, nel recente rapporto sull’innovazione nei
diversi paesi aderenti all’organizzazione, ha rilevato come nell’ultimo
decennio le attività di ricerca nel campo delle tecnologie legate
all’ambiente hanno sviluppato per il nostro Paese una vera e propria
specializzazione. Con riflessi positivi sulla creazione di nuova occupazione:
basti pensare che circa il 30% delle assunzioni non stagionali programmate
complessivamente dalle imprese del settore privato per il 2012 è
per figure professionali legate alla sostenibilità. La green Italy,
insomma, è una rivoluzione verde che già oggi interessa
il 23,6% delle imprese industriali e terziarie con almeno un dipendente
che tra il 2009 e il 2012 hanno investito o investiranno in tecnologie
e prodotti green. E che attraversa il Paese da Nord a Sud, tanto che le
prime dieci posizioni della classifica regionale per diffusione delle
imprese che investono in tecnologie green sono occupate da quattro regioni
settentrionali e sei del Centro-Sud. Le imprese della green Italy, inoltre,
sono quelle che hanno la maggiore propensione all’innovazione: il
37,9% delle imprese che investono in eco-sostenibilità hanno introdotto
innovazioni di prodotto o di servizio nel 2011, contro il 18,3%
delle imprese che non investono green. Idem dicasi per la propensione
all’export: il 37,4% delle imprese green vanta presenze sui mercati
esteri, contro il 22,2% delle imprese che non investono nell’ambiente.
Alla presentazione del rapporto GreenItaly 2012, ieri nella sede di Unioncamere
a Roma – oltre al Presidente di Unioncamere Ferruccio Dardanello,
al Presidente della Fondazione Symbola Ermete Realacci, e al Segretario
Generale di Unioncamere, Claudio Gagliardi – sono intervenuti anche
Aldo Bonomi, Direttore Aaster, Marco Frey, Professore Economia e Gestione
delle Imprese Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, Fabio Renzi, Segretario
generale di Symbola, Edo Ronchi, Presidente Fondazione Sviluppo Sostenibile,
Mario Catania, Ministro Politiche Agricole e Forestali e – con un
videomessaggio – Corrado Clini, Ministro Ambiente e Tutela Mare
e Territorio.
“Per Far ripartire il Paese non basta fronteggiare la crisi –
spiega il presidente della Fondazione Symbola Ermete Realacci –.
Affrontare i nostri mali antichi: il debito pubblico, l’illegalità
e l’evasione fiscale, le diseguaglianze nella distribuzione della
ricchezza, il sud che perde contatto, una burocrazia speso soffocante.
Serve una visione in grado di mobilitare le migliori energie per affrontare
le sfide del futuro. È necessario difendere la coesione sociale
non lasciando indietro nessuno, e scommettere sull’innovazione,
sulla conoscenza, sull’identità dei territori: su una green
economy tricolore che incrocia la vocazione italiana alla qualità
e si lega alla forza del made in Italy. È necessario cambiare partendo
dai talenti dell’Italia che c’è. Per uscire dalla crisi
e trovare il suo spazio nel mondo che cambia, insomma, l’Italia
deve fare l’Italia”.
“L’economia verde – ha detto il presidente di Unioncamere,
Ferruccio Dardanello – può rappresentare una chiave strategica
per superare questa lunga crisi, uscendone più forti e meglio in
grado di costruire un futuro diverso, più sostenibile e più
ricco di possibilità. Grazie ad un modello di sviluppo che si fonda
sui valori tradizionali dei territori e dei sistemi produttivi italiani
di piccola impresa: qualità, innovazione, eco-efficienza, rispetto
dell’ambiente. Una ricetta che oggi dimostra di saper sposare i
valori etici alla competitività e che ha il grande merito di favorire
la coesione tra i territori. Una coesione che coinvolge migliaia di piccole
e medie imprese, sempre più spesso operanti in rete tra loro, nel
dare vita a questo che è ormai un vero e proprio “laboratorio
verde” dell’Italia di domani”.
Il rapporto GreenItaly 2012 – realizzato con il Patrocinio dei Ministeri
dell’Ambiente e dello Sviluppo Economico e con la partnership di
Wired, Comieco e Fiera Milano Congressi – evidenzia come la profondità
degli effetti di questa crisi perdurante abbia indotto l’intero
sistema economico italiano verso un radicale ripensamento del modello
di sviluppo in direzione di una maggiore sostenibilità ambientale,
di una maggiore innovazione, qualità ed efficienza. Tanto che quasi
un’impresa su quattro (il 23,6% del totale, ovvero quasi 360mila
imprese, oltre 144mila industriali con almeno un addetto e circa 214mila
dei servizi con almeno un addetto) ha realizzato negli ultimi tre anni,
o realizzerà entro quest’anno, investimenti in prodotti e
tecnologie che assicurano un maggior risparmio energetico o un minor impatto
ambientale. Segnale evidente dell’effettiva diffusione di comportamenti
aziendali orientati all’eco-efficienza e alla sostenibilità
ambientale. Non a caso la strada ‘verde’ rappresenta ormai
una via segnata e battuta anche da una percentuale significativa di imprese
in fase di start-up, nel manifatturiero come nell’agricoltura e
nel terziario, a partire dal turismo. Tra le “vere” nuove
imprese individuate da Unioncamere (circa 103mila) nei primi sei mesi
del 2012, il 14% ha già realizzato nella prima parte dell’anno
o realizzerà entro il 2013 investimenti green.
Il modello green risulta, nel tempo, sempre più diffuso nei diversi
settori e nei diversi territori del Paese. Le analisi evidenziano un processo
di “ecoconvergenza” nel nostro sistema, ovvero una tendenza
virtuosa ad incrementare i livelli di eco-efficienza laddove gli impatti
ambientali delle attività economiche appaiono più accentuati.
Tranne poche eccezioni, sono infatti molti i settori manifatturieri che
registrano riduzioni sul versante degli input energetici adottati, delle
emissioni atmosferiche generate e dei rifiuti prodotti, sempre più
riciclati: in sintesi, una eco-tendenza positiva.
Logica di rete. Nello sviluppo di comportamenti virtuosi in campo green,
sia sul versante degli investimenti che dell’occupazione, una leva
sempre più utilizzata dalle imprese è quella dello sviluppo
di una progettualità comune, secondo una logica di network e di
integrazione di filiera. Lo dimostra il diffuso utilizzo del contratto
di rete: a metà settembre di quest’anno un contratto di rete
su cinque (87 dei 458 esistenti) può essere considerato “green”.
Propensione all’export. La green economy è un investimento
strategico anche sul fronte della competitività, prova ne sia la
maggiore presenza sui mercati esteri delle imprese che puntano sulla sostenibilità.
Ben il 37,4% delle imprese che investono in tecnologie green vantano una
presenza sui mercati esteri, contro il 22,2% di quelle che non investono.
Da notare come la propensione all’export delle imprese green sia
in crescita rispetto alla precedente rilevazione di Fondazione Symbola
– Unioncamere, quando tale percentuale si attestava alla soglia
del 35%.
Propensione all’innovazione. La competitività richiede anche
una buona dose di capacità innovativa. Anche su questo fronte le
aziende che investono green hanno una marcia in più: il 37,9% delle
imprese che realizzino eco-investimenti hanno introdotto nel 2011 innovazioni
di prodotto o di servizio, a fronte del 18,3% riferito alle imprese che
non investono nella green economy.
I settori della green Italy. Per quanto riguarda i settori, questo approccio
strategico in risposta alla crisi è chiaramente più diffuso
nella manifattura, dove la quota di imprese che realizzano investimenti
green supera il 27% a fronte di un più ridotto 21,7% nel terziario.
Tra le attività manifatturiere, e alle attività sostanzialmente
connesse all’energia (prodotti petroliferi e public utilities),
spiccano la filiera della gomma e della plastica, la lavorazione dei minerali
non metalliferi, quelle della carta e della stampa, della meccanica, mezzi
di trasporto, dell’elettronica e strumentazione di precisione, dove
la quota di imprese che realizzano investimenti green va ben oltre la
media, con una punta record del 41% nel caso del comparto chimico-farmaceutico.
Geografia dell’economia verde. La green Italy, inoltre, è
diffusa in modo pervasivo in tutto il Paese, da Nord a Sud.
La classifica regionale per numero delle imprese green sul totale
è guidata dalla Lombardia, che conta su 69 mila che investono nel
green, seconda posizione per il Veneto con quasi 34 mila imprese, terza
per il Lazio con 33 mila imprese. Seguono Emilia Romagna (quasi 30 mila
imprese green), Campania (oltre 26 mila), Toscana (oltre 24 mila), Piemonte
(oltre 23 mila), Sicilia (circa 22.500), Puglia (oltre 21 mila) e Marche
(circa 10.500).
Occupazione verde. Anche per quanto riguarda l’occupazione la green
economy sembra possedere una marcia in più e tenere meglio ai venti
della crisi, tanto che il 38,2% delle assunzioni complessive programmate
(stagionali inclusi) da tutte le imprese italiane dell’industria
e dei servizi per l’anno in corso si deve alle aziende che investono
in tecnologie green. Guardando ai numeri assoluti, ciò significa
che sul toltale di oltre 631 mila assunzioni complessive programmate,
oltre 241 mila sono ascrivibili ad imprese che credono nella green economy.
L’imprenditoria legata all’ambiente dimostra di avere una
dinamicità in campo occupazionale: delle 358 mila imprese che hanno
investito negli ultimi tre anni – o lo faranno quest’anno
– in tecnologie green, ben il 20% prevede nel 2012 di assumere,
laddove per le altre imprese non investitrici la quota quasi si dimezza.
(12,6%). Inoltre circa il 30% delle assunzioni complessive non stagionali
programmate per il 2012 è per figure professionali legate alla
sostenibilità. (www.greenews.info)
Torna all'indice di ASA-Press.com
|
|
|