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PRIMO PIANO
La fabbrica di coccinelle spazzine: gli insetti al
posto dei pesticidi
Ecco il primo caso di produzione
all'ingrosso degli animaletti utili all'agricoltura: cancellano i prodotti
chimici e salvano la salute a tavola
Siamo ai piedi delle colline romagnole,
da dove si vede la riviera; ma qui, a Cesena, ci si sente in piena pianura,
in una delle zone storicamente vocate all’agricoltura e all’allevamento.
In realtà oggi, a Cesena, di pesche e di fragole ce ne sono
ancora poche; la sua posizione strategica l’ha trasformata in un
polo logistico dove transita gran parte della frutta prodotta nel nostro
paese.
Ma l’anima agricola di questo territorio non è sparita, è
cambiata. Solo qui poteva nascere l’unica biofabbrica italiana;
si chiama Bioplanet e produce insetti utili per la lotta integrata in
agricoltura in alternativa ai metodi di difesa fondati sulla chimica.
L’idea è nata nel 91, dietro la regia del grande Giorgio
Celli, geniale uomo di scienza e grande amante della vita, come me lo
descrivono coloro che hanno lavorato con lui e condiviso questa straordinaria
avventura. Il regno animale era per Celli un regno fantastico, dove ogni
essere vivente aveva il suo ruolo e la sua utilità. Nel giro di
pochi anni (la reale discesa nel mercato è di dieci anni fa) è
divenuta una delle realtà più importanti a livello europeo
nella produzione di insetti ed acari utili per la difesa biologica delle
colture.
In una catena alimentare che funziona, ogni insetto ha un suo predatore.
Dalle zanzare agli afidi delle rose, alla cocciniglia degli agrumi. Insetti
che negli ecosistemi modificati dall’uomo, come i campi a monocoltura
o le aree urbane, proliferano proprio perché questa catena si è
rotta e si è perso qualche anello. Non c’è più
cioè il loro predatore. In agricoltura convenzionale, la strada
che spesso si sceglie per combatterli è l’uso dei pesticidi.
Ma perché, invece di spargere sostanze chimiche di sintesi su frutta
e verdura non si prova a ricomporre quella catena? È questa
filosofia che sta alla base di Bioplanet. Paolo Petracci, il direttore
commerciale, mi racconta un episodio importante per capire l’azienda,
il suo mercato e le prospettive.
Pochi anni fa i peperoni spagnoli della regione di Almeria si trovarono
improvvisamente fuori mercato. Il loro sbocco principale, quasi esclusivo,
e cioè il mercato tedesco, non li ritirava più; i residui
di pesticidi rilevati erano ritenuti troppo alti da quel mercato, sempre
più attento alla qualità ambientale del cibo e dove il biologico
è ormai un segmento enorme e sempre in crescita. Gli spagnoli a
quel punto erano disperati; il mercato tedesco dei peperoni rappresentava
un fatturato di 20 milioni di euro per la zona di Almeria e ogni prodotto
chimico «leggero era ormai incapace di combattere gli insetti che
pregiudicavano l’intero raccolto.
L’incontro con Bioplanet, identificato l’insetto predatore,
gli spagnoli riuscirono a risolvere il problema, riconquistando
il ricco mercato tedesco. Il caso peperoni è probabilmente propedeutico
a ciò che sta avvenendo in molti mercati. Bioplanet si sta muovendo
in Marocco, in Turchia e in altri paesi a vocazione agricola; i mercati
oltreoceano sono ancora complicati dal trasporto, in quanto gli insetti
devono essere consegnati e liberati nel giro di 36 ore, altrimenti rischiano
di morire e i viaggi lunghi hanno percentuali di contrattempi maggiori
rispetto ai viaggi europei, ma Bioplanet si sta muovendo anche per affrontare
sfide intercontinentali. I paesi produttori sono influenzati dalle richieste
della domanda. I russi, perlomeno il segmento di super ricchi, chiede
prodotti dell’ortofrutta non trattati, e anche nel nostro paese
in crisi le vendite dei prodotti biologici sono cresciute anche
nei primi mesi del 2012. Gli insetti vengono usati anche per la floricoltura;
in questo caso anche se i prodotti non hanno uno scopo alimentare, i prodotti
chimici non funzionano più, gli insetti ormai si sono assuefatti
ai veleni; bisogna tornare al ciclo naturale.
Entrare nelle serre di Bioplanet è come entrare in un regno sconosciuto;
lunghe file di fagioli aspettano di essere attaccate dai loro nemici,
che una volta padroni del campo, saranno a loro volta invasi dai loro
predatori, in una guerra che in natura trova sempre un suo equilibrio,
equilibrio che l’uomo ha profondamente alterato.
I predatori a quel punto trovano cibo in abbondanza e si moltiplicano,
fino a essere raccolti, impacchettati e inviati in aziende agricole per
essere liberati e tornare a fare il loro lavoro. Non sono solo insetti
predatori i prodotti di questa azienda; un mondo a parte sono gli impollinatori,
come i bombi, questa specie di calabrone che aumenta la produttività
delle piante da frutta. Un mondo che abbiamo rimosso, ma quando si parla
di ambiente bisognerebbe ricordare alcuni numeri; una recente ricerca
dell’Ue ha stimato in 22 miliardi di euro il valore delle api in
termini di servizi di impollinazione che rendono alla agricoltura. Questo
valore andrebbe considerato quando si parla di biodiversità, un
concetto che ai più sfugge. I Bombi in Bioplanet rappresentano
il 30% del fatturato, un fatturato che, in un’epoca di crisi mostra
come ci si possa inventare un business redditizio, ad alto contenuto
di ricerca, con grandi prospettive di crescita e che va nella direzione,
reale, dello sviluppo sostenibile. Il resto del fatturato è composto
da insetti predatori, alcuni minuscoli e voraci, altri eleganti come le
coccinelle. Le coccinelle sono un simbolo di buona fortuna; oggi molte
coccinelle fuggono dai frutti che arrivano sulle nostre tavole, e questo
dovrebbe farci riflettere. Il caso di Bioplanet ci indica come sia possibile
investire, con redditività, su ricerca e innovazione per
migliorare la qualità del nostro vivere; un esempio da promuovere.
(Francesco Bertolini - www.liberoquotidiano.it)
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