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PRODOTTI
LA GLOBALIZZAZIONE NON VALE PER LA PIZZA?
Su
uno dei tanti siti web che si occupano di enogastronomia, è stata
lanciata, invero con molto garbo, una notizia che potrebbe dar luogo ad
una querelle che a scanso d'equivoci è opportuno stoppare. Si tratta
di questo: c'è una pizza surgelata norvegese (e non svedese come
è stato scritto, anche se in Svezia è distribuita) che ha
ottenuto l'approvazione del massimo organismo dei pizzaioli italiani.
L'operazione in sé parrebbe banale, una iniziativa commerciale,
o se si preferisce di sponsorship, come molte altre di industrie alimentari
che nell'ambito della globalizzazione dei mercati propongono i loro prodotti
sottolineandone i plus. Tuttavia nel seno di questa notizia è stata
messa una piccola dose di veleno.
Il fatto: per avvalorare la qualità sia degli ingredienti sia delle
tecniche di preparazione, il management della società produttrice
ha contattato l'Associazione Pizzaioli e Similari (Apes) nella persona
del suo presidente, il collega Antonio Primiceri (antico associato Asa)
per avere un qualificato giudizio di merito nonché un placet ufficiale
circa appunto ingredienti e metodologia della preparazione. In altri termini
è stata richiesta, dopo opportune ripetute verifiche e controlli,
una sorta di certificazione che apparirà sulle confezioni per la
quale giusto riconoscere adeguate royalities.
Ora, fermo restando che né Apes né Primiceri hanno bisogno
di difensori d'ufficio, mi sembra in ogni caso che l'operazione abbia
tutti i connotati di perfetta trasparenza. Cavillando, si potrebbe discutere
sull'opportunità di aver concesso il proprio imprimatur su un prodotto
che non è esattamente quello per cui Apes si batte, ossia la salvaguardia
della vera pizza tradizionale. Anche se in realtà Apes è
propugnatrice non tanto della tradizionalità ma nella sua oltre
ventennale attività si è adoperata soprattutto per il riscatto
della categoria dei pizzaioli e delle pizzerie considerate punti di ristoro
di serie B. Tuttavia, da quell'uomo solare che è Primiceri, che
ho interrogato chiedendo maggiori dettagli sull'operazione, non ci ha
messo un secondo a scandire che: "Magari i milioni di pizze che consumiamo
in pizzeria fossero fatte con materie prime cosi coscienziosamente selezionate
e con la cura con la quale sono preparate queste". Quanto poi - aggiungo
io - all'uso del forno a legna mi chiedo quante sono le pizzerie, sia
in Italia sia altrove, che ne sono dotate?
Un ulteriore riflessione per concludere: invece di innescare ironiche
polemichette non sarebbe più opportuno sottolineare il valore e
il peso di una italianissima associazione (e nel comparto pizza ne sono
sorte ad imitazione millanta - come diceva il compianto Veronelli) che
viene scelta quale garante di qualità per un prodotto ormai universale
ma che, specie nei Paesi del Nord, per tacere degli Usa, si crede sia
un piatto concepito negli States?
Giuseppe Cremonesi
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