AZIENDE
E PRODOTTI Un incontro ben riuscito presso il Centro Svizzero – Circolo della società svizzera in Via Palestro 2, Milano Tutto si è svolto secondo il programma predisposto con la regia del professor Giorgio Ottogalli coadiuvato in pieno dalla struttura del circolo culturale della Svizzera e da ex allievi e docenti della facoltà di agraria: la predisposizione di una ricca presentazione di documentazione di supporto ai temi del convegno, l’esposizione e la presentazione dell’edizione dell’Atlante dei Formaggi edito da Hoepli a cui il professore ha dedicato la conclusione della sua carriera accademica. La bella sala conferenze della Società Svizzera era dominata dalla cattedra magistrale predisposta per le tre relazioni che mettevano a fuoco rispettivamente i ruoli dei tre corsi di studio della filiera agro alimentare che abbraccia tanto spazio della cultura che gira intorno all’alimentazione, all’uomo e al territorio. Anche la missione o l’obiettivo del
nostro gruppo, sia di comunicazione in tutta la filiera in ASA, che di
approfondimento e divertimento da dilettanti o da protagonisti in Agorà
abbraccia gli interessi di queste discipline il cui spazio si allarga
all’interesse di quanto succede in tutto il pianeta. La presentazione delle attività sviluppate per il corso di studi alle Università di Pollenzo e di Colorno è stato illustrato dal loro rettore professore Alberto Capatti (Università di Scienze Gastronomiche) che ha messo in evidenza i due distinti indirizzi delle sedi piemontese ed emiliana. Il collegamento con il tema gastronomico del contest amichevole fra i formaggi svizzeri e quelli italiani è stato fatto risalire da Capatti al primo "Trattato dei latticini" del medico Pantaleone di Confienza che già nel XV secolo aveva affrontato il filone sviluppatosi in Europa di approfondimenti e apprezzamenti di questo fondamentale componente dell’alimentazione umana. Il buon rapporto di vicinato con la vicina confederazione ha anche portato a Pollenzo un progetto di approfondimento non solo delle radici ma anche delle prospettive di riproduzione in altri territorio delle esperienze storicamente fatte in territori di flora prealpina adatti all’allevamento per la produzione di un formaggio nettamente atipico, quel Zincarlin amato dai locali particolarmente attorno al lago di Lugano, anche nel ramo italiano del comasco. Il gusto, la sua filosofia, la sua percezione
e coltivazione è stato il tema scelto con particolare attenzione
da parte del professore: dobbiamo riconoscere che la divulgazione delle
cultura del gusto dovrebbe essere eletta a guida per una alimentazione
che alla salubrità accoppi sempre il piacere della soddisfazione:
grazie al fatto che per una classificazione personale di una scala di
priorità di gradimenti e percezioni bisogna per forza di cose giungere
a maturità, Il secondo oratore, professore Giuseppe
Carlo Lozzia, è stato presentato come specialista in entomologia
e come responsabile dell’innovativo corso di laurea in “Valorizzazione
e Tutela dell’ambiente e del territorio montano” che un distaccamento
della Facoltà di Entomologia agricola dell’Università
degli Studi di Milano ha distaccato ad Edolo (Bs), in alta valle Camonica.
Iniziative di mercato sono sempre più
frequentemente concepite, dalle strade del vino alle città dell’olio,
per questo si presenta anche il fascino delle antiche vie del latte. Dal
latte l’allievo dell’Ottogalli ha ricordato facilmente l’anello
di congiunzione con i formaggi. La
vicina Svizzera è maestra secolare su scala nazionale della diffusione
di questi principi di vita e di ricerche e conoscenze culturalmente, scientificamente
e tecnologicamente evolute da divenire patrimonio sociale della popolazione
comune. Tipicità e cultura devono camminare associate nella stessa
missione. Le Alpi, più che barriera tra le genti, sono un’opportunità
di evoluzione verso un’evoluzione di convivenza sociale e residenziale
di valore universale tra le popolazioni. Il professore Giorgio Ottogalli che ha sostenuto fino a questo punto la funzione di presidenza del convegno passa a illustrare la sua storia dedicata tutta allo studio e all’insegnamento diretto ma anche allo sviluppo di un tentativo di dare corpo a un codice di classificazione di tutti i formaggi, anzi, di tutti i prodotti caseari che hanno trovato l’ambiente più adatto ad una necessaria riorganizzazione proprio a partire dal patrimonio caseario del nostro paese. Dal Trattato del Latticini di Pantaleone all’Atlante di Ottogalli il percorso è durato mezzo millennio. La complessità della materia e le articolazioni delle varianti portano alla necessità di metter ordine chiamando ciascuno con il proprio nome più di cinquecento varietà italiane, altrettanto francesi, e altrettante tra esperienze che dalla Alpi alle isole britanniche hanno fatto di quell’alimento una base sostanziale della “cucina povera”: con le radici ed erbe selvatiche dei periodi di carestie regionali occasionali –soprattutto nei territori montani – i latticini hanno costituito con qualche risorsa amidacea il 99% dell’alimentazione di popolazioni costrette a volte a periodo lunghi di fuga in grotte, in zone fuori dai passi, fuori da ogni comunicazione... Dove il bovino – tra l’altro subentrato nella fauna allevata a scopo alimentare con molto ritardo – non è agile, subentrano la pecora e la capra... La caccia è privilegio di pochi e in grado di soddisfare poche bocche... Il latte è il contributo naturale più generoso e facile da rubare da parte dell’uomo.,.. che preferisce lasciare ad altri la difficile digestione della cellulosa vegetale per una digestione più facile di carni e latte... tra l’altro di grandi contenuti gustativi... Giorgio Ottogalli ha cercato ed ottenuto un’ora di attenzione alla rappresentazione di un panorama generale piuttosto ignoto a buona parte dell’assemblea di ascoltatori non studenti: schede di classificazione, problematiche didattiche, di ricerca, di divulgazione e comunicazione. Gratificazione da parte della società civile pronta sempre a prendere e poco a riconoscere e una generica mediocre cultura scientifica porta spesso all’isolamento del docente, alla delusione dell’inconsistenza dell’ascolto. Soprattutto il tema della ricerca. Nel vocabolario comune essa viene solo percepita come ricerca medica, ricerca contro le malattie. Tutto è ricerca, dalla fisica alla geologia, dall’agraria alla chimica, dall’architettura alla biologia... Il formaggio?Spesso lo si confonde con i non formaggi. Nomi come Bitto, Maccagno, Castemagno sono ignorati dal 98% della popolazione... invece sono legati a condizioni ambientali di microflora irripetibili, a razze di animali che convivendo da secoli nell’ambiente subiscono quelle biodiversità che ne fanno artefici distinti di alimenti preziosi... La parata dell’informazione scientifica è incalzante, ma con un linguaggio facilmente accessibile tanto che l’attenzione all’elencazione di processi di coagulazione e fermentazione, differenze tra un formaggio ed un mascarpone o una ricotta, la classificazione in grandi gruppi e le denominazioni di poco meno di una decina di grandi famiglie (latticinia, formaggi freschi, a lieve stagionatura, a crosta fiorita o lavata, con patina, erborinati, semiduri, duri....) a loro volta differenziabili in decine o centinaia di tipologie ciascuna non annoiava, ma stimolava a domande di chiarimento a curiosità emergenti che solo l’ora del promesso aperitivo con cacio, vini e pane... richiamava a tornare in silenzio nel proprio intimo... A nome di Agorà ho fatto un intervento sul territorio dove si svolge il corso di Valorizzazione dell’ambiente del territorio montano, quelle stesse valli che hanno dato i natali al primo Premio Nobel italiano, al professore Camillo Golgi, nel 1906: un centenario di cui non si interessa nessuno, ma che desidero ricordare anche con la testimonianza di una rivista descrittiva del patrimonio naturale e ricettivo di quei territori, di chiaro indirizzo ad un turismo rivolto allo sport, al benessere, ad un ambiente moralmente e fisicamente salutare. Formaggi e tradizione secolare risalgono a 5000 anni prima dell’era cristiana: i graffiti camuni sono una delle più importanti testimonianze dello sfogo culturale e descrittivo dell’uomo nella sua storia.Formaggi come i vicini nobili Bagoss di Bagolino, oppure di capra bionda dell’Adamello con i popolari futulì di Berzo Demo, le formagelle e le antiche ricotte affumicate di baita... fanno parte delle tradizioni montano-alpine come quelle più divulgate e note della adiacente Valtellina, con Bitto, casere e latterie e alle comunità del Cantone Grigioni con denominazioni e consistenze analoghe. Stefano Mariotti, fondatore ed editore
della rivista-newsletter Cheesetime, ha fatto scattare con il suo intervento
l’interesse alla qualità e alla genuinità del prodotto
caseario descrivendo lo scenario di vita dei pastori e casari (eccezionale
DVD edito da cheesetime su cavecc di Valmalenco e Valli del Bitto e sulla
tradizione di caseificazione al pascolo a monte) che ha accompagnato anche
a presentare alcuni loro prodotti. L’istituzione dei marchi di denominazione DOP... a volte ha complicato lo scenario quando, in rari casi, ha posto in minoranza la conservazione delle radici qualitative e di tipicità stessa del tipo di formaggio a favore di una estensione della sua riproduzione in brutta o bella copia per masse di consumatori sempre più ampie... Il problema ed il tema dei marchi DOP è
delicato. Giustamente qualcuno ha proposto di organizzare degli eventi
sui prodotti caseari per un progetto di CACIO DI-VINO! Con qualche botta
di traverso, a volte grave, l’Italia è riuscita con il VINO
e con l’OLIO a creare un’immagine degna ed affidabile finalmente. Quella del Gorgonzola si è rifugiata
al 95% sulla varietà dolce da signorina trascurando le varietà
della tradizione europea dei formaggi erborinati vaccini dove oggi –
a mio parere – capeggia più lo Stilton che introvabili scalzi
di Zola naturale correttamente affinati.
(foto di Giancarlo Patore)
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