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PRODOTTI
25 febbraio 2004
- h. 8 & h. 10 (h. 7 a Rozzano)
Istituto Alberghiero di Stato Amerigo Vespucci
Incontro Associazione Stampa Agroalimentare
Relazione di Giorgio Cretì
Dimostrazione pratica di Antonio Cretì
L' INGREDIENTE AGLIO
In
un momento in cui pare che il gusto generale si stia appiattendo sul dado
da brodo, noi, per reazione, parliamo di aglio ed intendiamo l'aglio comune,
Allium sativum, quello usato in cucina, da tempo immemorabile, come ingrediente
aromatizzante. Con l'aglio facciamo la bruschetta, l'abbacchio alla romana,
il pesto alla genovese, la scapece, certe preparazioni con le melanzane;
piatti che non possiamo fare con altri ingredienti. Non possiamo fare
la soupe à l'oignon o la salsa chateubriand per cui ci vuole la
cipolla, né un court-bouillon che si fa usando il porro, perché
ogni ingrediente ha una funzione diversa e porta ad un risultato gastronomico
diverso. Il sapore del dado è sempre uguale sia che lo si adoperi
per fare un risotto sia che si metta nello spezzatino.
L'aglio era coltivato su larga scala nell'antico Egitto dove, però,
a causa del suo odore ritenuto cattivo, i sacerdoti lo detestavo e lo
lasciavano come companatico al popolo che intanto costruiva le piramidi
- così dice lo storico greco Erodoto. Anche i Greci lo detestavano,
sempre a causa del suo odore, così come i Romani i quali, invece,
lo apprezzavano per le sue virtù medicinali. Abbiamo, per contro,
la testimonianza che in Mesopotamia l'aglio, così come la cipolla
ed il porro, era ingrediente di cucina: aglio e porro figurano indistintamente
in tutte le ricette dei "Textes culinaires Mésopotamiens"
del 1995 di Jean Bottero, trascrizione delle note "Tavole culinarie
di Yale" che riportano 71 ricette babilonesi di 4000 anni fa, con
elenco dettagliato di tutti gli ingredienti, nonché delle tecniche
di cottura allora in uso.
A proposito delle virtù medicinali dell'aglio, Plinio il Vecchio
ci ha tramandato sia una lunga casistica di impiego come farmaco sia le
sue tecniche colturali molto dettagliate. Nella cucina di Apicio non compare,
è ovvio, proprio perché era alimento del popolo.
Nell'antichità, quindi, l'aglio aggiungeva sapore al pane dei poveri,
mentre dalle classi agiate era apprezzato soltanto per le sue virtù
magiche e curative. A Roma, proprio per questo motivo fu dedicato a Marte
ch'era il dio della guerra. Nel Medioevo fu usato per combattere la febbre
e la sordità, per eliminare i calli, contro l'insonnia e come antisettico.
La pianta fu definita anche "antidiabolica", in quanto si riteneva
atta a curare i flagelli derivati da sortilegi e malefici. Durante le
epidemie, i medici medievali usavano recarsi, nelle case contagiate portando
sul volto una maschera di cuoio, nel cui gran naso era contenuto un tampone
intriso di aglio. L'aglio fu anche considerato uno dei principali antidoti
nella lotta contro la peste.
Durante il Rinascimento, le classi nobili continuarono a rifiutarne l'aglio
come condimento ma gli continuarono a riconoscere le virtù terapeutiche
di sempre. E così fu fino al secolo XIX ed anche successivamente;
nel 1858 Pasteur scoprì che l'aglio era efficace per bloccare alcuni
batteri nocivi. Nella seconda guerra mondiale quando non esistevano ancora
gli antisettici oggi comunemente usati, si adoperò l'aglio per
uso esterno nel tentativo di curare piaghe e ferite; nel 1918 in molti
paesi si fece ricorso all'aglio per curare la terribile influenza detta
spagnola. Ancora oggi nella medicina popolare, l'aglio si adopera per
neutralizzare l'effetto della puntura delle vespe e anche contro gli attacchi
dei parassiti intestinali. Spesso i bambini che "avevano i vermi"
portavano una collana d'aglio intorno al collo. Ed a proposito di collane
d'aglio, non possiamo non ricordare che esse erano ritenute una grande
difesa contro i vampiri. Tale credenza esisteva già nelle regioni
europee dell'est, ma fu l'inglese Bram Stoker nel 1897 a metterla per
iscritto nel suo romanzo orrorifico "Dacula" - sua fu pure l'invenzione
dei lunghi canini che servivano per succhiare il sangue. Tra il Settecento
e l'Ottocento quella dei vampiri divenne una moda, non soltanto letteraria,
che attecchì soprattutto in Inghilterra. Del personaggio si imposserà
poi il cinema che ad esso ricorre ancora oggi. A tale proposito bisogna
anche ricordare che, ancora una volta, dell'aglio non piaceva l'odore
proprio in Inghilterra dove era stato importato a scopi terapeutici nel
sedicesimo secolo dal Mediterraneo: ce lo dice Isabella Beeton nella sua
grande opera del 1861 che raccoglie tutto quanto si sapeva della cucina
borghese in Gran Bretagna all'epoca, cucina la quale altro non era che
lo sconfinamento di quella francese francese.
Ma
torniamo ai vampiri e all'aglio. Nel 1954 esce un altro romanzo sui vampiri,
forse il più interessante dal punto di vista letterario e lo firma
l'americano Richard Matheson. L'autore immagina che Robert Neville, l'eroe
della sua storia, sia l'ultimo uomo rimasto vivo sulla terra e che, comunque,
non sia rimasto proprio solo. Gli altri, però, uomini, donne e
bambini, sono diventati vampiri e tutti sono assetati del suo sangue.
Di giorno egli agisce da cacciatore alla ricerca dei non morti che dormono
nelle rovine abbandonate della civiltà, di notte si barrica a difendersi
in casa e prega che arrivi l'alba.
" Era quasi mezzogiorno. Robert Neville nella sua serra raccoglieva
un cesto di agli.
All'inizio l'odore d'aglio in quella quantità l'aveva fatto quasi
star male; il suo stomaco era rimasto in costante subbuglio. Ora ce l'aveva
in casa e sugli abiti, qualche volta pensava di avercelo anche nella carne.
Lo notava appena però.
Raccolta una sufficiente quantità di bulbi, tornò in casa
e li svuotò sul piano inclinato del lavello.
Era arrabbiato. Saltò sopra un alto sgabello, prese un coltello
e si accostò al lavello con un grugnito.
Per prima cosa scompose tutti i bulbi in tanti piccoli spicchi coriacei
di colore rosato a forma di falce. Poi tagliò ciascuno spicchio
in due, scoprendo la parte carnosa che stava all'interno. L'aria si inspessì
di un odore pungente di muschio. Quando cominciò a diventare insopportabile
egli agì sulle ventole del condizionatore d'aria che in parte lo
portarono via.
Allungò un braccio e prese il punteruolo del ghiaccio dalla rastrelliera
appesa al muro. Bucò tutti i mezzi spicchi e lì unì
assieme con fil di ferro. Ne ricavò venticinque collane.
Nel romanzo, a parte i riferimenti all'aglio che oggi fanno sorridere,
ci sono pagine di vero lirismo narrativo.
Ma che cos'è l'aglio? E' un prodotto dell'orto che ha sapore piccante
e odore intenso e persistente, inconfondibile; si adopera il bulbo prolifero
detto "testa", che è composto da diversi spicchi oblunghi
detti "bulbilli".
Nella cucina mediterranea, l'aglio rappresenta la spezia più conosciuta
ed è ingrediente indispensabile per molti piatti. Viene usato negli
arrosti di carne o su piatti di pesce, nella cottura dei funghi, per il
pesto alla genovese e per l'abbacchio alla romana; nelle verdure saltate
o in altre ricette serve solo a dare sapore all'olio e poi si elimina.
Personalmente
ricordo che aveva funzione di medicamento per allontanare i vermi parassiti
dell'intestino. Quando avevamo i vermi, che allora non era difficile procurarseli
vivendo sempre a contatto con la terra, la mamma o la nonna schiacciavano
uno spicchio d'aglio e con il suo succo ci strofinavano la gola oppure
ne facevano una collana e ce l'appendevano al collo oppure ce lo facevano
bere in decotto.
Ricordo anche, però, che la gente lo metteva sotto la brace del
camino e poi lo pelava e lo mangiava col pane, condito con sale e olio
d'oliva. Nessuno si preoccupava dell'alito cattivo, forse perché
ce l'avevano tutti o forse perché l'odore dell'aglio era considerato
profumo. Infatti in certi casi lo è e per verificarlo basti entrare
in un moderno salumificio dove sembra di stare in un ambiente ospedaliero
dove tutto è sterilizzato tanto è pulito. Su tutto domina
il gradevole profumo di aglio.
Ma dell'aglio io ricordo anche un'applicazione di estrema utilità,
una funzione plastica possiamo dire. Quando una pignata si lesionava per
troppe cotture con la pancia esposta al fuoco, allora si soffregava la
sua crepa con uno spicchio d'aglio fino ad impregnarla per bene, poi si
passava sopra una pennellata di calce e si otteneva una pignata bicolore
che assolveva ancora la sua funzione per tante altre cotture di piselli,
di fave, ceci e fagioli.
Neville, l'eroe di Matheson, è circondato giorno e notte dall'odore
di aglio per necessità, per difendersi dall'assalto dei vampiri.
A Monticelli d'Ongina, nei pressi dell'Isola Serafina, in provincia di
Piacenza, l'aglio è stato eletto a simbolo perché lì
è fonte di commercio; vi si coltiva il "piacentino bianco"
una varietà prodotta ed esportata in mezzo mondo, la quale è
particolarmennte rinomata per l'aroma intenso e persistente e per la serbevolezza
in quanto si conserva da un anno all'altro. La produzione è' iscritta
nel Registro Varietà Nazionali presso il Ministero per le Politiche
Agricole. All'aglio, Monticelli dedica ogni anno una fiera, in ottobre,
un vero e proprio festival che richiama molti operatori del settore. E
nel nome dell'aglio il paese ha stretto gemellaggi con altre località
importanti: con Beaumon-de-Lomagne in Francia, con Gilroy in California
e con Takko-Machi in Giappone dove si produce il famoso aglio Takko-Machi.
Sui nostri mercati, in primavera, arriva anche l'aglio di Provenza, di
colore rosato. Un'altra varietà rosa, poco diffusa, ma molto apprezzata,
viene dalla Campania. L'aglio rosso di Sulmona è usato per alcune
ricette della tradizione dell'Italia centrale, la più famosa delle
quali è l'abbacchio alla romana.
In commercio si trova anche aglio essiccato in granuli. Io, che adopero
l'aglio bianco del mio orto, quando arriva il mese di febbraio lo sgrano
e lo conservo in freezer chiuso in sacchetti di plastica; non conviene
tenerlo in frigorifero perché lì perde subito freschezza
e, soprattutto, il suo aroma si espande e si insinua anche nei prodotti
che non lo vogliono.
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