ENTI E MINISTERI

Agricoltura, in Europa lunga la strada per lo sviluppo
I problemi: poca cooperazione e fuga dalle campagne. Piano di sviluppo rurale: soldi ai giovani siciliani che diventano agricoltori. La Regione: “In Sicilia troppe aziende rinunciano ai contributi”

In Europa è ancora molta la strada da percorrere per creare una politica di sviluppo rurale unitaria. I problemi principali sembrano essere la mancanza di cooperazione fra le associazioni e la poca propensione a “fare sistema”, oltre alla fuga dalle campagne. Il confronto sullo sviluppo rurale fra Paesi dell’Ue è stato al centro della seconda sessione della conferenza, organizzata da Euromed Carrefour Sicilia, nell’ambito del progetto “Come la Pac raccoglie le sfide della strategia di Lisbona”, dal titolo “La politica di sviluppo rurale nella Pac: strategie sempre più integrate a garanzia dello sviluppo complessivo delle aree rurali”, realizzata col finanziamento della Commissione europea, Dg Agricoltura e sviluppo rurale e che si è svolta a Palermo ieri e oggi.
In una tavola rotonda, ospitata nella storica Villa Malfitano, si sono riuniti i rappresentanti di sei Paesi europei: Spagna, Portogallo, Lettonia, Slovacchia, Romania, Bulgaria. Oltre alla Regione siciliana, occupata nell’iter che entro pochi giorni porterà all’approvazione definitiva del Piano di sviluppo rurale, la manovra finanziaria che può portare nelle tasche degli operatori dell’agricoltura siciliana 2,2 miliardi di euro.
Ancora tanti gli interventi da realizzare soprattutto negli stati dell’est europeo. “In Lettonia c’è poca cooperazione ed è questo uno dei problemi dell’agricoltura”. Lo ha detto Liene Feldmane, esperta di sviluppo rurale con particolare riferimento alla società civile organizzata delle aree rurali. “Gli agricoltori – ha aggiunto - lavorano solo per se stessi. Ecco perché lo sviluppo nel nostro Paese non è ancora iniziato. Pochi i vantaggi dopo l’ingresso nell’Unione europea. I piccoli, soprattutto, non riescono ad attrezzarsi per reggere il confronto con le grandi aziende”. Situazione non troppo differente in Bulgaria. “L’agricoltura nelle aree rurali del nostro Paese, è ancora indietro, non abbiamo esperienza per azioni Leader. Il problema principale è dei produttori, non dell’amministrazione, perché chi lavora la terra non è in grado di associarsi in forme organizzate”. Lo ha detto Nedka Ivanova, docente presso il dipartimento di politiche agricole della University of National and World Economy di Sofia. “In Bulgaria – ha aggiunto la professoressa Ivanova - sono circa ottantamila i produttori che possiedono almeno un ettaro di terreno, ma circa 250 mila che lavorano in piccole aziende di sussistenza, a fronte dei settecentomila di circa tre anni fa”.
Scarso spirito di collaborazione fra agricoltori e debolezza delle amministrazione locali rilevati anche dal rappresentante rumeno: “Nel nostro Paese – ha aggiunto – esistono ancora troppe disuguaglianze fra est e ovest. Nella parte orientale della Romania, vi sono ancora troppe piccole aziende che lavorano con sistemi arretrati, mentre a occidente il settore agricolo è più avanzato. Le comunità agricole che si sono costituite non funzionano perché i contadini non sono abituati a lavorare insieme, eppure la cooperazione può essere uno strumento per consentire uno sviluppo globale del Paese.”.
Altrove, invece, i problemi maggiori sono legati all’occupazione. “Nella Repubblica Slovacca l’agricoltura influenza ancora poco chi vive nelle aree rurali”, ha spiegato Maria Fazikova, capo del dipartimento di Sviluppo Regionale della Facoltà di Agraria della Regione di Nitra e consulente del governo regionale. “Nelle aree rurali – ha aggiunto – solo il 10 per cento degli abitanti trovano occupazione nell’agricoltura. Il tasso di disoccupazione è molto alto e in tanti lasciano il loro territorio. Dopo la transazione sono riuscite a sopravvivere solo le grandi aziende che si sono trasformate in società a responsabilità limitata”.
È invece l’individualismo dei contadini uno dei problemi principali che riguarda il mondo dell’agricoltura in Spagna. È il parere di Javier Oquendo, presidente dell’Associazione di Sviluppo del Maestrazgo. “In agricoltura – ha aggiunto –, nel nostro Paese, non si riesce a lavorare in gruppo. Abbiamo creato progetti Leader e Gal ma è un percorso che non abbiamo affrontato nel migliore dei modi. È stato soprattutto un processo politico. Le associazioni locali hanno mostrato molta debolezza”. Poche infrastrutture nel settore agricolo del Portogallo. Lo ha sottolineato Ricardo Fereira, docente di Economia e politica agraria presso il Politecnico di Portalegre e coordinatore dell’antenna Europe Direct Alto Alentejo. “L’esigenza di creare infrastrutture adeguate – ha aggiunto – è l’elemento più discusso nel nostro Paese per il rilancio dell’agricoltura ma non è l’unico. Per esempio sarebbe opportuno investire molto anche sulle nuove tecnologie. Solo così si potrà creare un’economia forte”.
I contributi ai giovani siciliani che vogliono avviare un’attività agricola sono uno dei pilastri principali su cui si basa il piano di sviluppo rurale, che sarà approvato entro i prossimi giorni dalla Regione siciliana e che prevede l’arrivo nell’Isola di due miliardi e duecento milioni di euro da destinare al potenziamento delle aree agricole. Della manovra, che sarà coperta per il 57% dall’Unione europea e per il 43% da governo nazionale e regionale, si è discusso questa mattina, nella prima sessione della conferenza, organizzata da Euromed Carrefour Sicilia, nell’ambito del progetto “Come la Pac raccoglie le sfide della strategia di Lisbona”, dal titolo “La politica di sviluppo rurale nella Pac: strategie sempre più integrate a garanzia dello sviluppo complessivo delle aree rurali”.
Il piano prevede che i siciliani entro i 40 anni, che vogliano cimentarsi nell’attività agricola, siano sostenuti con un premio da 40 mila euro e un contributo del 50% dell’investimento iniziale che deve essere compreso fra gli 80 mila e i 500 mila euro. Un contributo che può arrivare al 60% se l’attività verrà sviluppata in aree considerate svantaggiate (tra queste le Madonie e i Nebrodi).
Sempre per consentire un maggiore sfruttamento delle zone rurali, il piano prevede contributi agli imprenditori agricoli che si impegneranno nella tutelate di razze animali a rischio di estinzione. In particolare, si tratta del cavallo orientale di Sicilia (700 euro ad esemplare) e dell’asino dantesco (400 euro per ogni esemplare). Per la tutela dell’ambiente nasce anche la figura dell’allevatore-custode, per il quale è previsto un contributo per la tutela delle piante siciliane che rischiano di scomparire. I finanziamenti previsti dal nuovo Piano di sviluppo rurale copriranno il periodo fra il 2007 e il 2013.
“Oltre a rilanciare le prospettive di mercato e a incentivare la tutela dell’ambiente – dice Dario Cartabellotta, direttore generale dell’assessorato regionale all’Agricoltura - vogliamo anche puntare alla riscoperta del nostro territorio. Nelle zone rurali dell’Isola servono più servizi e infrastrutture. Col Psr si vuole dare una offerta per i siciliani, affinché diventino dei consumatori dello spazio rurale”.
Per quel che riguarda il precedente periodo (2000-2006), invece, è stata denunciata la incapacità di troppe aziende siciliane che non si sono dimostrate in grado di sfruttare le somme a disposizione. “In questo modo – ha spiegato Gaetano Cimò, dirigente del dipartimento Interventi strutturali dell’assessorato regionale all’Agricoltura – circa il 20% delle aziende che aveva presentato dei progetti è dovuto tornare sui propri passi, bloccando qualcosa come 150 milioni di euro pronti per i contributi. Uno scenario legato anche alle sempre crescenti difficoltà di liquidità”.
Alla conferenza, che continuerà nel pomeriggio, parteciperanno anche esperti di politica ed economia agraria e di sviluppo rurale di Romania, Bulgaria, Slovacchia, Spagna, Lettonia e Portogallo, per un confronto tra i loro Paesi e la Sicilia. Domani, nella seconda ed ultima giornata, interverrà l’assessore regionale Agricoltura e Foreste, Giovanni La Via.


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Marco Volpe
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