ENTI E MINISTERI

Verso la fine della pesca intensiva in Europa
Varata una riforma per cercare la sostenibilità del settore. Le quote di pescato caleranno. Basta rigetti in mare: il pesce indesiderato dal commercio sarà destinato ad altri utilizzi. Nuove norme in vigore dal 2014. Non tutti sono d'accordo.

Il Parlamento europeo ha approvato in prima lettura con 502 voti a favore, 137 contrari e 27 astensioni, una riforma della politica comune della pesca, da far entrare in vigore nel 2014, che punta la sostenibilità del settore, la fine dello scarico a mare dei pesci.
La pesca intensiva è vista come il più grande fallimento dell'attuale Pcp (datata 2002). La nuova entrerà in vigore nel 2014. I dati della Commissione europea dicono che più dell'80% degli stock ittici del Mediterraneo e il 47% di quelli dell'Atlantico sono soggetti a pesca intensiva.
Secondo la relatrice del testo, Ulrike Rodust, «gli stock ittici dovrebbero riprendersi entro il 2020, permettendoci di avere a disposizione 15 milioni di tonnellate di pesce in più e creare 37 mila nuovi posti di lavoro».
Stop ai rigetti
Quasi un quarto del totale del pescato finisce rigettato, cioè è scaricata in mare la parte di esemplari non desiderati o troppo piccoli.
I rigetti sono formati quasi totalmente da pesci morti e, per fermare questa pratica dannosa, i deputati hanno votato per obbligare i pescherecci a sbarcare tutte le catture, per facilitare il controllo, secondo uno specifico calendario per ogni specie, a partire dal 2014 ed entro il 2016.
I pesci più piccoli sbarcati saranno destinati a usi diversi dal consumo umano.
Toccherà agli Stati membri assicurarsi che i pescherecci rispettino il divieto di rigetto.
Chi si è opposto
Marco Scurria ha espresso parere contrario a queste misure. In una nota spiega che «eliminare tutti i rigetti comporterà una perdita di tempo per i pescherecci che dovranno scaricare il pesce giornalmente, oltre ad una notevole perdita economica. La pratica di rigetto deve essere applicata gradualmente e non per tutte le specie. Il principio della riforma della Pcp, cioè la salvaguardia della risorsa, è condivisibile, ma non è questa la strada giusta per la tutela dei pescatori».
Contrario al provvedimento anche Enzo Rivellini, per il quale si trascurano i diritti dei pescatori e che definisce una «favola che tra 20 anni secondo queste nuove direttive ci sarà un mare più pescoso. Credo che tra 20 anni con tali regole non ci saranno più i pescatori».
E chi plaude
Per Guido Milana, vice presidente della Commissione Pesca «finalmente abbiamo avviato un percorso che trasforma il mare da miniera in cui prelevare a campo da coltivare. Un cambiamento epocale che dà prospettive del tutto nuove alla pesca in Europa».
Per Salvatore Iacolino, invece, «la nuova programmazione, oltre a promuovere una pesca sostenibile dal punto di vista ambientale, economico e sociale, tiene nella giusta considerazione le necessità e le istanze di un comparto ittico, come quello siciliano, il più grande del Mediterraneo».
Rendimento massimo stabilito
Per la sostenibilità dal 2015 agli Stati membri sarà impedito di stabilire quote di pescato troppo elevate.
I pescatori dovranno rispettare il rendimento massimo stabilito: non si potrà catturare più di un certo numero di esemplari di una certa specie di quanti se ne possano riprodurre in un anno.
La riforma si baserà su piani di gestione degli stock ittici per assicurarsi che la pesca rimanga sostenibile. Se si adotterà un approccio a lungo termine, si potranno migliorare le previsioni dell'andamento del mercato, che dovrebbero aiutare l'industria a investire meglio e pianificare correttamente.
Il Parlamento europeo inizierà ora la negoziazione con il Consiglio e la Commissione sui piani della riforma prima della seconda lettura.
La presidenza irlandese del Consiglio spera di raggiungere un accordo entro la fine di giugno.
(www.europarlamento24.eu)



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