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ENTI E
MINISTERI
Audizione del Ministro De Girolamo sulla riforma della
Politica comune della Pesca alle Commissioni riunite 9^ e 14^ Senato congiunte
con XIII e XIV Camera
Testo integrale dell'audizione di oggi del Ministro delle politiche agricole
alimentari e forestali Nunzia De Girolamo sulla Riforma della Politica
comune della Pesca
"Signori Presidenti, Onorevoli Colleghi e Senatori,
l'audizione di oggi ha l'obiettivo di illustrare le linee principali della
riforma della Politica Comune della Pesca (PCP) e le azioni strategiche
che intendo promuovere per offrire risposte concrete alle necessità
della pesca italiana che da anni versa in uno stato di grave crisi socio-economica.
La proposta di riforma è stata elaborata, com'è noto, dalla
Commissione Europea attraverso una prima fase di consultazioni pubbliche,
che si sono concluse due anni fa e che hanno evidenziato la necessità
di una revisione delle misure di gestione della pesca, in un'ottica di
maggior collegamento anche con gli strumenti della politica di mercato
e del Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca (FEAMP).In particolare,
l'originaria proposta di regolamento presentata dalla Commissione nel
luglio del 2011, è stata oggetto di successivi approfondimenti,
dibattiti e modifiche al fine di corrispondere agli esiti delle negoziazioni
con gli Stati membri ed alle risultanze dei 'triloghi'. Finalmente possiamo
dire che, alla fine dello scorso mese di maggio, l'accordo è stato
raggiunto.
Prima di illustrare i risultati conseguiti a seguito del confronto tra
Parlamento e Consiglio dell'Unione Europea, ritengo opportuno ricordare
alcuni punti salienti della proposta originaria della Commissione, che
mirava ad innovare un quadro regolamentare ormai decennale e, certamente,
non più adeguato ai cambiamenti che hanno interessato il comparto
della pesca degli Stati membri.
Tra le proposte della Commissione che destavano maggiori perplessità
vi era, da un lato, l'ipotesi di immediata e generalizzata applicazione
del principio del "rendimento massimo sostenibile", che consiste
in una gestione degli stock ittici caratterizzata dalla possibilità
di cattura di quantitativi tali da non intaccare la capacità naturale
di riproduzione delle specie; dall'altro, la proposta di introdurre il
divieto di rigetto in mare in modo indifferenziato, senza correlazione
con le diverse tipologie di attività di pesca e senza rivalutare
le motivazioni per le quali erano state escluse, finora, le catture di
dimensione inferiore alla taglia legale minima e le specie per le quali
la domanda di mercato è praticamente inesistente.
Nel corso delle negoziazioni, la delegazione italiana, condividendo ed
apprezzando gli obiettivi sottesi alla riforma della PCP nel suo complesso,
in quanto volti ad una maggiore protezione delle risorse ittiche e dell'ecosistema
marino nel lungo termine, ha sempre sottolineato la necessità di
contemperarne i principi con l'esigenza di tutelare le imprese e l'occupazione
in un settore che per il nostro Paese ha un'innegabile valenza storica,
culturale e tradizionale, oltre che un'importanza socio-economica nevralgica.
Pertanto, ho proseguito la via negoziale del Ministro Catania, conseguendo
nell'intesa finale, raggiunta il 30 maggio scorso, alcuni decisivi risultati
di miglioramento della proposta di riforma della PCP che, rispetto all'ipotesi
originaria, è stata resa indubbiamente più adeguata alle
realtà particolari della nostra flotta da pesca operativa nel Mar
Mediterraneo e cioè in un contesto ambientale e socio-economico
totalmente differente rispetto a quello dei mari del Nord o di altre zone
marine dove le risorse ittiche e le tecniche di prelievo sono nettamente
diverse.
Finalmente posso dire che le richieste italiane in tal senso risultano
in larga misura recepite e ci tengo ad illustrare quelle di maggiore rilievo.
In relazione alla gestione della pesca secondo il criterio del "rendimento
massimo sostenibile" posso dichiarare che verrà applicato
a partire soltanto dal 2015 e che, entro il 2020, dovranno essere acquisite
tutte le disponibilità e le risultanze dei necessari dati scientifici
per la definizione dei limiti massimi di cattura per ogni stock ittico.
Per quanto riguarda il divieto dei rigetti in mare, abbiamo ottenuto,
in fase finale, l'inserimento della previsione di una soglia di tolleranza
(che passerà dal 7 al 5 per cento delle catture totali) e la fissazione
di un calendario di entrata in vigore del divieto differenziato a seconda
delle specie ittiche oggetto di cattura.
Tale divieto si applicherà, inoltre, soltanto alle specie per le
quali è stabilita una taglia minima di cattura dal regolamento
del Consiglio sulle misure tecniche per la pesca nel Mar Mediterraneo:
anche questa è una richiesta per la quale l'Italia si è
battuta fino a vederla accolta nell'accordo.
Un altro risultato importante riguarda l'arresto temporaneo delle attività
di pesca che è stato inserito nella lista delle misure tecniche
ritenute valide per un'adeguata protezione delle risorse ittiche.
Questo è un riconoscimento che voglio sottolineare perché
è stato da sempre indicato come necessario da parte di tutte le
associazioni professionali quale strumento idoneo alla tutela del nostro
mare e ci consente di confermare la misura del fermo temporaneo della
pesca, contando su circa 8 milioni di euro all'anno di cofinanziamento
comunitario, per compensare il reddito degli armatori di 2.500 imbarcazioni
italiane che esercitano la pesca a strascico. Con questi adeguamenti chiesti
ed ottenuti, posso dire che siamo giunti ad una buona riforma della Politica
Comune della Pesca che si prevede possa entrare in vigore già dal
prossimo gennaio.
In tale quadro, è stato ritenuto opportuno che nella nuova PCP
fosse mantenuto anche il riconoscimento della necessità di rilancio
delle attività di acquacoltura, principalmente con l'obiettivo
di svilupparne la competitività, promuovendo le produzioni di qualità
che possono favorire il rafforzamento delle posizioni di mercato, soprattutto
rispetto ai Paesi extraeuropei che, per quanto riguarda le pratiche d'allevamento,
hanno standard di salubrità e tutela del consumatore oggettivamente
inferiori a quelli comunitari e nazionali.
I risultati raggiunti nell'intesa finale, che ho sintetizzato anche in
considerazione dei tempi previsti per questa audizione, non erano assolutamente
scontati, ma le trattative italiane sono state determinate e costanti
fino all'ultimo.
L'eventualità di non vederle accolte è stata sventata e
quanto ottenuto è importante soprattutto se pensiamo che la riforma
della PCP arriva nel contesto di grave recessione socio-economica che
investe tutti i settori produttivi nazionali, ma che nello specifico settore
della pesca ha anche innegabili precedenti fattori di crisi che perdurano
con conseguenze implosive molto difficili da risanare.
Sono pienamente consapevole di dovermi perciò far carico di questa
situazione problematica che si trascina e che impone ora un impegno diretto
e indifferibile. E' mia intenzione, quindi, avviare e seguire nei prossimi
mesi il complesso lavoro che dovrà essere svolto per mettere in
atto una strategia efficace di applicazione della nuova PCP alla realtà
italiana e, a tal fine, chiederò la più stretta collaborazione
da parte del mondo scientifico e delle organizzazioni di categoria.
Ci tengo a sottolineare che, nell'obiettivo di dare ossigeno al settore
della pesca, la chiusura dell'accordo sulla riforma della PCP non esaurisce
il mio impegno a livello comunitario. Ritengo che molte altre regole e
strumenti giuridici europei debbono essere riformati. Ho intenzione, infatti,
di proseguire il dialogo con la Commissione europea e con gli altri Paesi
membri coinvolti, per aprire una seria ed attenta riflessione sui contenuti
dello specifico Regolamento per la pesca nel Mediterraneo che è
in vigore dal 2006 e che è tempo di cambiare in più parti.
Gli operatori della pesca e le loro rappresentanze hanno, infatti, insistentemente
segnalato che si tratta di un regolamento comunitario oggettivamente troppo
complesso e, per taluni aspetti, eccessivamente penalizzante per i pescatori.
Tenendo conto delle fasi preparatorie e dei tempi necessari al sistema
decisionale europeo, mi muoverò immediatamente sull'argomento affinché
le risultanze del confronto possano essere poi formalmente discusse nel
semestre di presidenza italiana dell'Unione Europea, che si aprirà
il 1° luglio dell'anno prossimo.
Voglio ora ricordare che, in ambito comunitario, è stata anche
varata la riforma dell'Organizzazione comune di mercato per i prodotti
della pesca.
L'obiettivo qualificante è quello di migliorare il rapporto delle
imprese di pesca con il mercato, attraverso l'azione delle organizzazioni
di produttori, e di valorizzare il prodotto pescato nelle acque comunitarie
rispetto alle importazioni.
Dobbiamo, infatti, tener presente che più del 60% dei consumi ittici
dell'Unione Europea sono coperti dalle importazioni provenienti da Paesi
terzi e, pertanto, ritengo di rilevanza strategica l'adozione di iniziative
volte a garantire ai consumatori una corretta informazione sui prodotti
ittici.
La riforma dell'Organizzazione comune di mercato ci consentirà
di far sì che trasparenza, tracciabilità e qualità
dei prodotti non siano soltanto dei proclami, ma diventino strumenti di
controllo e, soprattutto, di promozione della produzione ittica italiana.
Per quanto riguarda la proposta di regolamento per il nuovo Fondo europeo
per gli affari marittimi e la pesca (FEAMP), rilevo che la proposta di
regolamento, presentata dalla Commissione Europea nel dicembre del 2011,
introduce nuove possibilità e misure a beneficio del settore come
l'aumento del tasso di finanziamento in favore della piccola pesca, la
salvaguardia dell'occupazione, l'avviamento delle imprese, la formazione
professionale, l'eco-innovazione, la cooperazione tra pescatori e ricercatori
e la promozione dell'acquacoltura.
Senza dubbio, il punto più dibattuto tra i Ministri, e su cui la
trattativa ha rischiato un clamoroso fallimento, è stato quello
riguardante gli aiuti pubblici per le flotte.
La proposta originaria prevedeva, infatti, la soppressione, a partire
già dal 1° gennaio 2014, degli incentivi per la sostituzione
dei motori e per l'arresto definitivo (in pratica la demolizione delle
imbarcazioni che assicura un ricambio di unità nella flotta e consente
di controllare lo sforzo di pesca), ma anche l'eliminazione delle compensazioni
per il fermo temporaneo delle attività di pesca.
La posizione della Commissione ha trovato un forte sostegno da parte di
un gruppo di Stati membri, con la Germania in prima fila, al quale si
sono contrapposti il nostro Paese, la Francia e la Spagna.
Alla fine, si è imposta la proposta di mediazione avanzata dalla
delegazione italiana per un "phasing out" degli aiuti per le
demolizioni, che sono stati confermati sino al 2017 in termini di impegni
di spesa, con la possibilità di effettuare i pagamenti sino al
2019 e, quindi, facendo slittare in avanti nel tempo la soppressione di
questi incentivi.
L'Italia ha ottenuto l'estensione sino al 2020 degli incentivi comunitari
per il fermo biologico annuale, regolati nel quadro dei piani di gestioni
nazionali già in vigore per il Mar Mediterraneo e riconfermati,
come ho già detto, nella lista delle misure riconosciute valide
dalla nuova PCP al fine della tutela delle risorse ittiche.
Il Consiglio ha anche deciso che l'ammontare degli aiuti per la flotta,
compresi quelli destinati alla sostituzione dei motori, non potrà
superare una soglia pari al 15% dell'intera dotazione del FEAMP che sarà
assegnata agli Stati membri. Il testo dell'intesa raggiunta tra i Ministri
prevede alcune positive misure specifiche a favore dei pescatori più
giovani, dello sviluppo delle comunità costiere e del rilancio
dell'acquacoltura cui ho già accennato.
Per i giovani pescatori è stato previsto un contributo sino ad
un massimo di 50 mila euro per l'acquisto di imbarcazioni.
La strada che resta da fare verso la definitiva approvazione del FEAMP
è ancora lunga. Infatti, solo nel prossimo mese di luglio la Commissione
pesca del Parlamento europeo licenzierà il progetto di risoluzione
legislativa, che verrà sottoposto al voto dell'Assemblea plenaria
in autunno.
Comunque, nel corso del semestre della Lituania alla presidenza dell'Unione
europea, che avrà inizio il 1° luglio prossimo, il Consiglio
agricoltura e pesca dell'Unione ritornerà necessariamente a discutere
sulla proposta di regolamento relativa al FEAMP.
In particolare, dovranno essere affrontate le questioni finanziarie.
Nell'occasione, sarà determinata in via definitiva la dotazione
finanziaria finale del FEAMP per l'intero periodo di programmazione 2014-2020,
sulla base dell'intesa raggiunta dai Capi di Stato e di Governo in ordine
al prossimo quadro finanziario pluriennale dell'Unione Europea. Di conseguenza,
il Consiglio dovrà decidere sui criteri di ripartizione delle risorse
tra gli Stati membri.
La delegazione italiana ha già fatto presente che non potranno
essere accettate decurtazioni rispetto alla chiave di ripartizione del
FEP, il Fondo europeo per la pesca in scadenza alla fine di quest'anno.
Con il FEP, l'Italia ha ottenuto circa 424 milioni di euro, poco meno
del 10% sulla disponibilità globale 2007-2013.
Pertanto, in sintesi conclusiva, sulla proposta di riforma del FEAMP è
stato raggiunto un accordo politico di massima e l'impegno istituzionale
è ora concentrato sui lavori di stesura del testo che dovrà
tradurre l'intesa in documento formale e definitivo. Tuttavia, è
evidente che continuerò ad oppormi a qualsiasi tentativo di sacrifici
finanziari a carico dell'Italia e mi impegnerò ad ottenere la conferma
dell'ammontare delle assegnazioni finanziarie per il settore nazionale
fino all'anno 2020, e cioè per tutta la prossima programmazione
comunitaria pluriennale.
Risolti gli ultimi nodi a livello europeo, l'impegno a livello nazionale
verte su un'applicazione delle riforme comunitarie che esca dal meccanismo
degli interventi episodici e si basi sulla predisposizione di strategie
organiche e piani gestionali adeguati a promuovere l'attività imprenditoriale
italiana, rafforzandone la competitività attraverso l'innovazione
e la diversificazione compatibile con gli obiettivi di sostenibilità
socio-economica e ambientale.
In questo, così come per l'applicazione della PAC, garantirò
un'interfaccia collaborativa continua con tutti i soggetti istituzionali
coinvolti sui vari fronti, con gli operatori del settore attraverso le
loro rappresentanze e con gli esperti scientifici.
Infine per quanto riguarda la ripartizione delle quote di pesca del tonno
rosso, proprio ieri ho firmato un decreto che attribuisce 30 tonnellate
di quota alle cosiddette catture accessorie, il cui ammontare era esaurito.
In questo modo ho voluto evitare il rischio di sanzioni a carico dei pescatori
interessati."
(www.politicheagricole.it)
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