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ENTI E
MINISTERI
Galline ovaiole, Italia messa in mora dalla Ue
La Commissione europea, ha avviato
formalmente la procedura d’infrazione nei confronti dell’Italia
per il mancato recepimento della direttiva che vieta l’uso
delle gabbie modificate per l’allevamento delle galline ovaiole
a partire dal 1° gennaio 2012. La prima fase della procedura d’infrazione
è partita con l’invio di una lettera con si chiede informazioni,
e si sollecita l’Amministrazione italiana ad intervenire per ovviare
alle carenze nell’attuazione della legislazione UE relativa al benessere
degli animali, e in particolare a far rispettare il divieto delle gabbie
"non modificate" per le galline ovaiole che si applica a decorrere
dal 1° gennaio 2012, come stabilito nella direttiva 1999/74/CE.
La stessa lettera di messa in mora è stata inviata ad altri 12
Stati membri oltre che all’Italia e cioè il Belgio, la Bulgaria,
la Grecia, la Spagna, la Francia, Cipro, la Lettonia, l’Ungheria,
i Paesi Bassi, la Polonia, il Portogallo e la Romania.
La decisione politica di vietare le gabbie "non modificate"
è stata presa nel 1999. Gli Stati membri disponevano di dodici
anni per assicurare un passaggio morbido verso il nuovo sistema e attuare
la direttiva. Finora, però, e nonostante i ripetuti inviti da parte
della Commissione, gli Stati membri summenzionati non si sono adeguati
appieno alla normativa dell’UE.
A decorrere dal 1° gennaio 2012 la direttiva 1999/74/CE stabilisce
infatti che tutte le galline ovaiole debbano essere tenute in "gabbie
modificate" aventi maggiore spazio per nidificare, razzolare
e appollaiarsi, ovvero in sistemi alternativi.
Conformemente alla direttiva è possibile usare le gabbie soltanto
se concedono a ciascuna gallina almeno 750 cm² di superficie
della gabbia, un nido, lettiera, posatoi e dispositivi per accorciare
le unghie in modo da consentire alle galline di soddisfare i loro bisogni
biologici e comportamentali.
È essenziale che gli Stati membri ottemperino pienamente al disposto
della direttiva. È chiaro che gli Stati membri che non rispettano
i propri obblighi legali, non solo producono effetti negativi sul piano
del benessere degli animali, ma determinano anche distorsioni del mercato
e situazioni di concorrenza sleale. Gli Stati membri che continuano ad
usare le gabbie "non modificate" mettono in una situazione concorrenzialmente
svantaggiosa le imprese che hanno investito per adeguarsi a queste nuove
misure.
Ora, a seguito del provvedimento adottato dalla Commissione, gli
Stati membri interessati dispongono di due mesi per rispondere alla
lettera di costituzione in mora in forza dei procedimenti di infrazione
dell’UE. Se essi non risponderanno in modo soddisfacente la Commissione
invierà un "parere motivato" con cui chiederà
agli Stati membri di adottare le misure necessarie per conformarsi, entro
due mesi, alla direttiva. E se nemmeno questa vera e propria diffida non
avrà esito positivo si arriverà alla denuncia alla Corte
di Giustizia per la definitiva condanna. (Giuseppe Paracelso - www.uci.it)
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