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ENTI E
MINISTERI
Niente liberalizzazioni dei diritti d’impianto dal 2015
Il Gruppo ad Alto Livello Ue ha terminato i lavori, e chiede
al commissario Ciolos di mantenere un dispositivo di inquadramento degli
impianti per tutte le categorie di vino
“È necessario mantenere un
dispositivo di inquadramento degli impianti di vigneti nell’Ue per
tutte le categorie di vino (anche quella senza indicazione geografica)
dopo il 2015, data alla quale scade il regime in vigore sui diritti di
impianto”. sono le prime conclusioni che emergono dalle raccomandazioni
formulate dal Gruppo ad alto livello dell’Ue, che il 14 dicembre
ha terminato i lavori iniziati ad aprile su richiesta del Commissario
all’agricoltura, Dacian Ciolos.
Il messaggio dei 27 Stati membri, della filiera e degli osservatori del
Consiglio e del Parlamento europeo è chiaro: niente liberalizzazione
dal 2015 (come previsto dalla riforma del settore del 2008), ma un nuovo
sistema che si applicherebbe per un periodo di 6 anni, accompagnato da
una clausola di revisione a metà percorso e da misure transitorie.
Gli esperti hanno quindi ritenuto “indispensabile disporre di un
meccanismo di regolamentazione dinamico che crei le condizioni favorevoli
allo sviluppo equilibrato del settore vitivinicolo europeo”. Sulla
gestione e sul futuro sviluppo del potenziale di produzione di vino in
Europa, il Gruppo ad alto livello ha studiato diverse opzioni compresa
la possibilità di instaurare un sistema di autorizzazione per l’estensione
dei vigneti, applicabile a tutti i vini. Questo sistema sarebbe gestito
dagli Stati membri, tenendo conto delle organizzazioni professionali.
Tutte nuovi impianti di vigne, per tutti i tipi di vino, dovrebbero poi
essere autorizzati. Autorizzazioni che si vuole gratuite, non trasmissibili,
e valide per un periodo limitato. Altro elemento, che è stato centrale
nelle trattative, la creazione di un meccanismo di salvaguardia comunitario
con la fissazione di una percentuale annua di nuovi impianti autorizzati.
Percentuale che gli Stati membri hanno la possibilità di fissare
ad una soglia inferiore a livello nazionale e regionale, o per una zona
a indicazione geografica protetta specifica, ma a determinate condizioni.
In caso di domanda per nuove vigne superiore alla percentuale stabilita
a livello nazionale, le autorizzazioni verrebbero accordate dagli Stati
membri in base a priorità obiettive e non discriminatorie fissate
a livello Ue, con l’aggiunta di eventuali criteri nazionali, nel
rispetto però degli stessi principi.
L’accordo è stato accolto con soddisfazione anche dall’Italia:
“questo nuovo strumento permetterà - spiega Riccardo Ricci
Curbastro, a capo di Federdoc e Federazione europea dei vini d’origine
(Efow) - non solo uno sviluppo equilibrato e sostenibile del nostro settore
in funzione del potenziale di mercato, oltre a mantenere delle condizioni
di concorrenza leale tra gli Stati membri”. La Federazione europea
dei vini d’origine attende ora “dal commissario all’agricoltura
Dacian Ciolos che riformuli le sue raccomandazione sotto forma di proposte
nel quadro della riforma della Politica Agricola Comune (Pac)”.
(www.winenews.it)
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