ENTI E MINISTERI

Coordinamento interregionale per le sementi orticole
Deciso ad ORTOMAC, la Convention del comparto organizzata da Cesena Fiera, dimostra che non si è solo discusso dei problemi, ma si sono “costruite” iniziative concrete – Nel 2012 il PAN (piano d’azione nazionale) con indicazioni per coltivazioni a minor impatto ambientale

Un “Tavolo Interregionale”, che unisca concretamente le Regioni italiane produttrici di sementi orticole. Un Tavolo (inteso come punto di incontro) che poi vada a confrontarsi con il Ministero delle Politiche Agricole e quello della Sanità. Partendo da un documento proposto da Alberto Contessi del Servizio fitosanitario dell’Emilia Romagna. Proposta e percorso sono emersi durante ORTOMAC 2010, che si è tenuto venerdì 14 maggio a Cesena, organizzato da Cesena Fiera, con il contributo di Camera di Commercio di Forlì-Cesena, Regione Emilia Romagna, CRPV, Assosementi e Coams.

Non a caso capofila sarà l’Emilia Romagna, regione con la maggior superficie a sementi (7.300 ettari su 14mila in Italia) e dove esiste Cesena, il territorio a maggior concentrazione di imprese del settore sementi orticole. Da sottolineare che neppure le Marche scherzano, con 4.700 ettari, che rappresentano un ottimo incremento sui 2.700 di appena due anni fa.
Le imprese sementiere (produttori agricoli, aziende di moltiplicazione, o di commercializzazione) incontrano notevoli problemi, ad esempio a causa di norme non uguali per tutti (oppure per leggi regionali non adottate), se poi devono esportare, ecco guai e problemi che arrivano fino al rifiuto del prodotto. Così Daniele Govi, dell’Assessorato all’Agricoltura della regione Emilia Romagna ha lanciato a Ortomac la proposta di “attivare un momento periodico di confronto Regioni-Ministeri”. E Cesare Petricca, del Ministero della Politiche Agricole, ha aggiunto “me ne farò portavoce soprattutto se prima ci sarà la creazione di questo tavolo interregionale che possa interfacciarsi con i Ministeri”. A favore si sono pronunciati anche Francesca Basili (Regione Umbria), Aldo Amato (Molise) e Leonardo Valenti (Marche). Lo stesso presidente di COAMS (moltiplicatori) Giovanni Laffi, non è stato contrario. D’accordo Roberto Romagnoli di Assosementi, anche se nei suoi interventi ha rilanciato la necessità di costituire un “tavolo permanente sui problemi fitosanitari”. Una problematica che secondo l’Associazione delle aziende sementiere ha una sua grande rilevanza, ad esempio con un più stretto rapporto fra produzione di portaseme e sanità al fine anche di controllare ed accertare l’isolamento spaziale delle coltivazioni delle piante da riproduzione.

Fra gli altri, in alcuni interventi è emersa una questione che potrebbe sembrare banale. Ad esempio i tecnici regionali e dell’Associazione a volte si scontrano con la presenza ai confini delle coltivazioni sementiere di piante (la specie più a rischio è il cavolo) che andrebbero tolte. E qui scatta, a volte, la reazione eccessiva del vicino che magari percepisce una limitazione alla propria privacy (auto o persone che percorrono i confini) o il proprio giardino…

E per monitorare e avere certezze, la Regione Emilia Romagna, prima fra tutte, ha fatto la mappatura delle coltivazioni tramite un software che tramite computer può verificare l’isolamento e le garanzie che la produzione non sia “invasa” da altre piante.
Ma vi sono anche altri problemi. Come ha spiegato Contessi sottolineando che la regione Emilia Romagna è leader soprattutto perché prima di altre si è trovata ad affrontare questioni cui occorre dare risposte concrete e puntuali per aiutare le imprese del settore. Ad esempio sono aumentati i respingimenti di sementi italiane, perché nel mondo sono aumentati le malattie o i parassiti e, soprattutto, i controlli e molti Paesi orientali o americani usano presidi che in Italia (e in Europa) non sono autorizzati o non riconoscono quelli che si utilizzano in Europa. Così occorre il test di valutazione del rischio di importazione, che l’Emilia Romagna fa già (anche per frutta ed altro) e che andrebbe esteso e coordinato fra le regioni stesse.

D’altronde, come ha specificato Tiziano Galassi del Servizio Fitosanitario dell’Emilia Romagna, “nonostante la consistente riduzione di sostanze attive disponibili, per le colture da seme si è assistito ad un profondo cambiamento del portafoglio prodotti”.
Il documento proposto da Contessi è nell’ottica che parecchie cose si possono fare a livello regionale, ma occorre per varie questioni andare oltre tale ambito ed accedere al livello di Ministero, per quella che Romagnoli definiva la “politica dei piccoli passi”. Così si chiederà, ad esempio la deroga ad usare certe sostanze attive non autorizzate in Italia per le sementi solo (si badi bene) per quelle partite da esportare verso Paesi che richiedono quel particolare trattamento, mentre occorrerà una campagna di informazione con le aziende cui dall’estero vengono richiesti trattamenti non autorizzati in Europa assieme a pressioni sul Paese stesso.

E sull’impiego di sostanze attive, Petricca, del Ministero delle Politiche Agricole, ha insistito sul fatto che la Direttiva 2009/128/CE sull’uso sostenibile dei prodotti fitosanitari, all’art. 5, si prevede che gli utilizzatori professionali, i distributori, e i consulenti devono avere accesso ad una formazione adeguata, pertanto esistono regole e certificazioni precise per chi li vende e adopera. Il tutto all’interno di una prospettiva di diminuire il più possibile l’impatto ambientale. Non a caso dal 1987 esiste il Piano di Difesa integrata, inoltre si auspica l’uso di cultivar tolleranti. Tutte questioni che dovrebbero essere recepite dal PAN (Piano d’Azione Nazionale), la cui prima bozza è dell’ottobre 2009, e che andrà definito entro il 2012 e che avrà quanta maggior efficacia quanto alla sua preparazione vi sarà stata la partecipazione di tutte le “figure” del mondo agricolo.

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