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ENTI E
MINISTERI
La crisi nel settore del latte
Le cooperative Fedagri chiedono un accordo internazionale per tutelare
Grana padano e Parmigiano reggiano. Per ogni chilo di formaggio originale
venduti 9,5 kg di formaggi di imitazione
Il settore del latte è in crisi
e a Cremona i produttori agricoli studiano risposte per ridare competitività
al comparto. Partendo ad esempio dal rilancio del Grana Padano, del Parmigiano
Reggiano e degli altri 33 formaggi DOP nei quali si trasforma la metà
di tutto il latte italiano.
Nel nostro Paese ci sono 35 formaggi a denominazione protetta: all’interno
del paniere dei prodotti DOP/IGP, giunti a un totale di 147, il valore
alla produzione dei formaggi DOP incide per il 55% sul totale rappresentando
di gran lunga il settore più rilevante. In testa il Grana Padano
e il Parmigiano Reggiano, che coinvolgono da soli una produzione di latte
bovino di 42 milioni di quintali: solo il Grana Padano utilizza il 43%
del latte italiano destinato a DOP, seguito dal Parmigiano Reggiano (32%).
La produzione dei formaggi a denominazione d’origine è in
prevalenza - e in alcuni casi esclusiva - ottenuta dalle 1.000 cooperative
lattiero-caseario. Il 60% della produzione di Grana Padano è in
mano cooperativa, mentre il Parmigiano Reggiano viene lavorato in 420
caseifici quasi tutti cooperativi, in larga prevalenza di piccole dimensioni.
“Eppure – spiega Tommaso Mario Abrate, presidente del settore
lattiero-caseario di Fedagri – parliamo di prodotti che risentono
sul piano interno della diminuita capacità di spesa dei consumatori
e sul piano internazionale delle imitazioni: negli Stati Uniti per ogni
chilo di formaggio originale vengono commercializzati 9,5 kg di formaggi
di imitazione. Un accordo in sede WTO sulla protezione internazionale
dei marchi potrebbe ridimensionare se non risolvere il problema e dare
un grande impulso alle nostre esportazioni”.
Il 73% del fatturato delle cooperative
lattiero-caseario viene distribuito ai soci.
In Italia ci sono quasi 1.000 cooperative lattiero-casearie, attive nelle
aree a maggior vocazione come in quelle di montagna e marginali che trasformano
più di 60 milioni di quintali di latte delle diverse specie animali
(oltre la metà di tutto il latte italiano) per un fatturato di
quasi 7 miliardi di euro, che per il 73,1% viene distribuito ai soci,
contro il 66,4% che viene riconosciuto ai fornitori dalle altre imprese.
Molto diversificata la rete di vendita, che si sviluppa dagli spacci diretti
nel territorio – che coprono il 16% delle vendite contro il 12%
raggiunto dalle altre imprese – fino ai mercati più distanti,
contribuendo all’affermazione nel mondo del made in Italy agroalimentare.
Le cooperative sono uno strumento più che mai attuale per la tutela
e lo sviluppo delle aziende dei produttori soci. Nelle zone marginali
le cooperative rappresentano le uniche imprese rimaste a presidiare produttori
e territorio, dopo la rinuncia o il ritiro delle imprese industriali.
Il settore lattiero-caseario: i
numeri
Produzione: nel settore nazionale del latte bovino operano 41.000 allevatori
con una produzione di 112 milioni di quintali di latte, concentrati in
Lombardia, Emilia Romagna, Piemonte e Veneto. Il valore della produzione,
che all’origine è di 5 miliardi di euro, al consumo arriva
alla cifra imponente di quasi 21 miliardi di euro, il 7% dei quali rappresentati
dall’export.
Catena del valore: produzione 23,5%, trasformazione 40,4% (dovuto all’alto
valore aggiunto della produzione nazionale che richiede affinamento e
una stagionatura protratta nel tempo) distribuzione 36,25.
Produzione complessiva Italia: 125 milioni di quintali, compreso il latte
delle altre specie animali (ovicaprini + bufale),
Importazioni: quasi 60 milioni di quintali di equivalenti latte (soprattutto
da Francia e Germania).
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