MINISTERO PER L'AGRICOLTURA

LETTURA CURATA DALL’ACCADEMIA NAZIONALE DI AGRICOLTURA: “IL COUNTDOWN E’ FINITO, LA POLITICA AGRARIA NELL’EUROPA A 25”.

Dal 1° Maggio l'Unione Europea conta 25 Stati membri. Quali saranno gli effetti sull'agricoltura - settore strategico, di importanza fondamentale per gli equilibri mondiali - e sulla politica agricola comune (PAC)? E’ vero che la Politica Agricola Europea è uno spreco per i consumatori, e che l'ingresso dei 10 paesi ci costerà ancor di più? E che la nostra agricoltura subirà i colpi della concorrenza dell'est? Su questo attualissimo tema l'Accademia Nazionale Agricoltura ha ospitato la conferenza del prof. Andrea Segrè, docente di Politica Agraria all'Università di Bologna, economista tra i più esperti sull'est europeo.

Sul primo punto, il prof. Segrè ha fatto notare che il bilancio comunitario rappresenta circa l'1% del Pil europeo; di questo, lo 0,43% è assorbito dall'agricoltura. Fra dieci anni tale percentuale calerà allo 0,33%: una quota veramente modesta se paragonata al ruolo economico, sociale e ambientale dell'agricoltura nei Paesi membri, vecchi e nuovi.

Sul secondo punto: nel recente passato è stata attuata una politica di aiuti verso le strutture agricole dei paesi futuri membri dell'Unione: a fronte di tale investimento rilevante, ci dobbiamo aspettare una maggiore competitività. “Ricordiamo - spiega Segrè - che la preadesione è stata finanziata con il programma Sapard (529 milioni di euro all'anno fra il 2000 e il 2006) affinché i candidati raggiungessero lo status (acquis) comunitario nei settori governati dalla Pac. Certamente il livello qualitativo dei prodotti est-europei e le condizioni igieniche garantite su tutta la filiera non sono assolutamente paragonabili a quelle dei nostri mercati. Ma fino a quando sarà così? Quando, cioè, le risorse che abbiamo messo a disposizione per la modernizzazione delle agricolture di quei Paesi avranno effetto e dunque la concorrenza intra-comunitaria aumenterà?"

Una maggiore competitività non è però necessariamente un male. Il vero problema è invece che la spesa per l'agricoltura non aumenta: l'esborso economico della PAC è ancora molto basso (nell'esercizio 2002/2003: 44 miliardi di euro) rispetto ad altri settori dell'economia. La programmazione finanziaria 2007-2013, riducendo di fatto le spese agricole dell'Ue, ci mette in una condizione particolarmente negativa. L'accordo raggiunto al vertice europeo di Bruxelles nell'ottobre del 2002, preceduto dall'intesa franco-tedesca, ha imposto un tetto al bilancio agricolo. Dunque: se la torta rimane uguale ma i commensali aumentano, le proporzioni delle fette cambiano. E pertanto le condizioni nelle quali dovrà (e potrà) svilupparsi l'agricoltura dell'Europa a 25 saranno profondamente diverse rispetto al recente passato. Bisogna tenerne conto e non basta dire, seppure giustamente, che in termini assoluti la spesa agricola nel bilancio comunitario è proprio irrisoria.

Quindi il principale disegno da portare avanti, per uno sviluppo equilibrato della grande Europa agricola, è razionalizzare la spesa agricola. Una possibilità in questo senso è che i singoli stati membri decidano di cofinanziare il bilancio comunitario, ma al momento la coesione fra gli stati non è molto forte e non si vuole investire.

Altro punto “caldo" è l'adattamento della PAC (politica agricola comune) ai nuovi stati membri. Fino ad oggi questa è stata l'unica pratica di governo comune e ha assorbito molte risorse. Ora bisognerà tenere conto delle realtà specifiche di questi stati, tutti con una storia a sé, e modificare le direttive della PAC con regolamentazioni regionali.

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Bologna, aprile 2004; Ufficio stampa: Studio di giornalismo tel. + fax 051.391740, mob. 335.8032189; info@studiobottonelli.it



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