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LUOGHI
Vinincontro 2006
Si è svolta sabato 30 settembre
a domenica 1° ottobre 2006 Candelo ( Biella ) la XIV edizione di Vinincontro
Fortissimi i legami del
territorio di Candelo con la cultura della vite nel passato, ancora più
forti quelli del borgo medievale del ricetto con il vino: fu, infatti,
eretto nel XIV secolo dai contadini del luogo per porre al riparo dalle
scorrerie di briganti e mercenari uva, vino e granaglie. E da allora ha
continuato a ospitare nelle sue cellule le cantine delle enoteche locali.
Una storia secolare testimoniata da numerosi documenti, che attestano
per esempio che nel 1700 si producevano ogni anno 23.230 brente, cioè
1.140.720 litri di vino.
Dell’inscindibile rapporto del popolo candelese con il vino e il
ricetto raccontano in particolare il Centro di Documentazione, l’Ecomuseo
della Vitinicoltura, le visite alle cellule tradizionali, e infine le
mostre di attrezzi e pannelli legati alla vitivinicoltura e alla frutticoltura
esposti per l’occasione. Così come le performance di contadini
intenti alla spremitura dell’uva e delle mele. Di grande interesse
per gli appassionati e i curiosi nei percorsi fuori le mura la visita
all’eco- vigneto realizzato dal Comune di Candelo in località
Dossere - zona un tempo molto rinomata per la produzione delle uve migliori.
Ad affiancare la cultura del vino, quella del cibo con formaggi, riso,
dolci e mieli del biellese, i prodotti di tutto il Piemonte, e i laboratori
del gusto organizzati da operatori locali – in particolare la Slow-Food
Condotta di Biella. Inoltre è possibile degustare i piatti più
tradizionali nei ristoranti e negli agriturismi della zona che partecipano
all’iniziativa (vedi i recapiti più avanti e le possibilità
di alloggio).
E infine ad animare la manifestazione un Festival di musica da strada
alla sua prima edizione ha proposto concerti di musica jazz, tradizionale
e contemporanea. Senza dimenticare le più popolari e ricche di
storia delle musiche da strada: quella delle bande civiche comunali e
delle fanfare militari.
Il ricetto di Candelo è un “unicum” a livello europeo
in quanto, proprio grazie al fatto che non ha mai perso di vista la sua
funzione originaria, cioè quella di deposito di prodotti agricoli
e soprattutto uva, vino e granaglie, non ha mai cambiato la sua struttura
di base. Si tratta infatti di una fortificazione collettiva popolare sorta
per iniziativa e volontà della popolazione allo scopo di difendere
le cose più preziose per la gente di quel tempo: non oro e gemme,
ma le derrate alimentari e i beni degli abitanti stessi (strumenti, bestiame,
attrezzi agricoli...).
In genere, gli strumenti agricoli, il vino.... venivano custoditi al piano
inferiore, mentre le granaglie venivano essiccate sulle “lobbie”,
specie di balconi di legno oggi per lo più scomparsi. Solo in tempo
di guerra o pericolo si trasformava in un ricovero fortificato (“receptum”
= rifugio) per tutta la popolazione contadina del luogo in quanto ogni
famiglia aveva la sua “cellula” al ricetto. In generale, il
destino dei ricetti fu impietoso perchè, essendo strutture nate
in ambiente e cultura contadina, subirono presto le vicissitudini del
riutilizzo, cioè del loro cambiamento di uso (in primo luogo residenziale)
con la conseguenza della quasi totale scomparsa dell’impianto originario.
Ciò non è successo al ricetto di Candelo per la persistenza,
radicata nella popolazione locale, delle tradizioni della cultura contadina.
Oggi, entrando dalla torre-porta, il turista fa un vero e proprio tuffo
nel Medioevo, non quello dei signori e dei castelli, conosciuto dai più,
ma il “Medio-evo di tutti i giorni”, quello della gente comune,
non certo meno importante, come insegna lo storico Georges Duby. Il ricetto
si è finora conservato quasi intatto proprio grazie alla vitivinicoltura.
Le famiglie candelesi un tempo avevano tutte, accoppiata alla vigna ,
una cantina in ricetto. Qui i nonni portavano i carri carichi di bigonce
colme d’uva, qui torchiavano (e ancora sono numerosi i torchi attivi
presenti), qui facevano il vino e qui lo conservavano.
L’Ecomuseo
della Vitinicoltura del Ricetto si compone delle unità immobiliari
nel Ricetto, di circa 200 reperti, di una fototeca (500 immagini), di
tre cellule allestite (due cellule della vitivinicoltura, una dell’economia
contadina e una della civiltà della vitivinicoltura) ed altre in
via di allestimento, di itinerari con cartellonistica dentro e fuori le
mura, di una collana editoriale, di spazi per mostre e laboratori didattici
nel vicino Centro Culturale.
L'Ecomuseo del Biellese si compone di 15
cellule e numerose istituzioni culturali locali, di cui fa parte l’Ecomuseo
della Vitivinicoltura del Ricetto. Le cellule, giacimenti di esperienze
storiche, operano come cantieri e laboratori di conservazione di patrimoni
documentari, reperti, pratiche tecniche e modelli socio-culturali a rischio
e si integrano nell'Ecomuseo reinterpretando e attualizzando la tradizione.
Collezioni di utensili e attrezzature trovano spazio all'interno di edifici
di grande suggestione evocativa; itinerari tematici segnalati conducono
alla scoperta di luoghi rappresentativi delle comunità e restituiscono
il ciclo di vita e di lavorazione dei prodotti della terra e dell'industria.
Le istituzioni culturali partecipano a questo progetto mettendo a disposizione
i propri patrimoni documentari, preziosi giacimenti di informazioni, e
le proprie competenze. Le attività didattiche, le manifestazioni,
le visite guidate, le ricerche, le collezioni, gli archivi e le fotografie,
gli ambienti naturali e quelli costruiti rappresentano tanti strumenti
differenti per avvicinarsi all'Ecomuseo e comprendere memorie e pratiche
che, pur essendo patrimonio di piccole comunità, hanno permesso
al Biellese di convergere verso uno sviluppo omogeneo.
Il sistema museale integrato candelese,
nella sezione più propriamente dedicata alla vitivinicoltura, comprende
nei percorsi fuori le mura la visita ad un vigneto esplicitamente realizzato
nell’ambito dell’Ecomuseo con finalità didattiche e
scientifiche. Il vigneto, grande poco meno di 2000 m² e localizzato
a circa 1 km dal centro abitato del Ricetto in località Dossere,
una volta rinomata per la produzione delle uve migliori, intende sviluppare
due tematiche fondamentali della storia vitivinicola candelese e biellese
più in generale: l’evoluzione nei modi e nelle tecniche di
allevare la vite e il mutamento nell’utilizzo delle varietà
di uve, molte delle quali propriamente locali oggi in via di abbandono
se non quasi scomparse.
Pertanto, una parte del vigneto è stata realizzata riproponendo
antichi metodi colturali, come l’alteno biellese, ossia l’allevamento
della vite “maritata” all’acero campestre (o al ciliegio
selvatico), che prevaleva nelle zone pianeggianti a sud di Biella, oppure
forme di allevamento con tutori morti (pali e fili) più diffuse
sulle colline orientali biellesi. Una parte del vigneto, invece, è
stata realizzata con criteri in linea con una viticoltura moderna e razionale,
rappresentando un esempio ed uno stimolo per quanti ancora si dedicano
alla viticoltura in area candelese, zona che, non va dimenticato, rientra
nella DOC Coste del Sesia.
Il tema più propriamente genetico è stata proposto con l’impianto
di antichi vitigni recuperati non solo in area candelese, ma più
in generale in tutto il biellese. Pertanto vitigni come lo Spanna o Nebbiolo,
la Melasca, la Riundasca, la Bonarda od Uva rara, la Luglienga, alcuni
Neretti, la Rastajola, il Pignolo spano, la Bovarina, la Varenzasca ed
altri ancora sono stati messi a dimora accanto al Barbera, alla Croatina,
alla Freisa, che rappresentano più recenti introduzioni nella viticoltura
biellese.
Giancarlo Pastore
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