LUOGHI

Vallecamonica: opportunità espresse a metà

Chiedo scusa per l’involontaria quasi-rima del titolo, ma oggettivamente è quanto ho percepito dopo un frenetico full immersion in media e bassa Valle teso ad evidenziare gli aspetti turistici e agroalimentari che quest’area bresciana propone. Vi è qualcosa che non”gira” perfettamente in entrambe i comparti. Per venire subito al nocciolo, ciò che è palesemente carente è l’imprenditorialità. Troppi politici di medio-piccolo cabotaggio in passerella, troppo autoreferenzialismo, troppi bla bla senza costrutto pregni di esortazioni “a fare”, di attestati che asseriscono “la presa in esame” di progetti più o meno cervellotici, di auspici della “mano pubblica”, e via salmodiando.
Eppure, l’imprenditoria bresciana ha partorito nomi - certo, in altri comparti - di tutto rilievo stimati in Italia e all’estero quasi da credere che il germe dell’imprenditoria fosse in qualche modo nel Dna dei bresciani tutti, compresi quelli d’alta quota.
Da queste parti non è esattamente così. Oddio, difficoltà ve ne sono, il turismo e il cibo non sono né tondini né laminati, tuttavia poiché l’habitat è davvero notevole e i cibi, o meglio, le materie prime forse un po’ ruspanti sono assolutamente di ottima qualità, ebbene qualcosa di più e di meglio si può fare. I due o tre capisaldi della Valle in termini di attrazione, ossia Ponte di Legno, Boario Terme e Capo di Ponte stanno languendo. Il primo, dopo la fustigabile cementificazione per favorire gli insediamenti dei “sciurott” brianzoli e milanesi (che tuttavia hanno le case chiuse 11 mesi l’anno), vive in pratica ingessata. Si vivifica un poco col mordi e fuggi della stagione sciistica scorticando i medesimi, e altri viandanti, con souvenir di legno spesso fintamente scolpiti a mano costosi come gioielli di Bulgari, con conti di ristorante degni di Alain Ducasse e con sorrisi talmente rari che se ottenuti pare di commettere un furto. Della cittadina termale, che dire? Alla stregua della maggior parte delle omologhe terme nazionali è simile ad un parcheggio dell’Inps e dell’Inail.
Capo di Ponte e le sue straordinarie iscrizioni rupestri (oltre 30mila figure incise su massi databili dal Neolitico all’età del ferro) meriterebbero una notorietà e visibilità assai più maiuscola di quella attuale che invece sono note perlopiù agli archeologi e antropologi e a qualche distratta scolaresca. Certo, occorrerebbe che gestori e amministratori del parco che ospita questo inarrivabile patrimonio culturale dell’umanità intera frequentassero un corso avanzato di marketing turistico. Manca l’indotto, mancano le strutture di ricettività, persino la segnaletica stradale è talmente modesta che si confonde con quella delle pizzerie, mancano parcheggi adeguati, manca persino un modesto baracchino che venda una bottiglietta d’acqua così da non rimanere disidratati lungo il percorso, mentre non mancano i divieti e dosi di spocchiosa arroganza utili forse per scolaresche brade un po’ meno per adulti civilizzati.
Di tutt’altra faccenda si tratta osservando l’Archeopark di Boario, iniziativa frutto della tenacia imprenditoriale (privata) di Walter Venturi e soprattutto di Ausilio Priuli, archeologo e antropologo di vaglia nonché Camuno Doc che di questo
parco-museo interattivo è l’anima e linfa. Si tratta infatti della ricostruzione meticolosa, ancorché rigorosamente scientifica, dell’insediamento preistorico degli antichi Camuni e delle genti padane alpine nel corso di 15.000 anni. Interattivo perché, fermo restando che non si tratta semplicemente di un parco con finte costruzioni in cartapesta ma con capanne e palafitte identiche a quelle realizzate dall’uomo preistorico, è laboratorio attivo che coinvolge grandi e piccini facendo loro materialmente ripetere le attività manuali dell’uomo di 15.000 anni fa. Cose inusitate come accendere il fuoco con un bastoncino o con la pietra focaia, macinare il grano, impastare e cuocere il pane, ricavare dalla pietra utensili d’uso quotidiano, eccetera. E tutto ciò e altro ancora, come conciare le pelli, prepararsi un letto di paglia, nutrire e governare gli animali, negli stessi identici posti dove queste cose comprovatamente le facevano davvero i nostri predecessori.
Mi fermo qui lasciando la penna al più turisticamente e culturalmente preparato collega che come il sottoscritto è stato tuffato in questo tutto sommato piacevole tour, che porrà l’accento su luoghi e angoli di grande suggestione storica e paesaggistica di cui la Vallecamonica è ricca.

Dal canto mio dirò ancora qualcosa su cibi e bevande. Sgombriamo subito il campo da queste ultime: l’acqua è buona, copiosa, pura, fresca e cristallina. Del vino locale, contrariamente ad alcuni che ne tessono lodi, io sostengo che la vitivinicoltura di questa Valle così come è strutturata attualmente è solo espressione di un atto di coraggio e buona volontà. Perseverare si può, fors’anche si deve, ma occorre confrontarsi con il mercato, con i consumatori (non solo di queste parti), che l’aggressività alcolica e la grossolanità di costrutto, profumi e nuances degli attuali prodotti, non l’apprezzano.
Patrimonio invece da preservare, anzi da esaltare è il latte e i suoi derivati. In particolare quello delle pecore bionde dell’Adamello, razza autoctona, rustica sulla soglia dell’estinzione ma salvata proprio per le peculiarità organolettiche del loro latte. Ogni capo che vive allo stato pressoché brado nutrendosi, nella bella stagione, di erba e fiori dei campi dell’Alta Valle, ne produce poco, circa 1,5 litri per le due mungiture quotidiane, ma perfetto per ricotte e formaggi sapidi e delicati al tempo stesso. Come il “fatulì” di millenaria tradizione realizzato appunto con latte crudo di questi animali, quindi affumicato sapientemente con bacche di ginepro. E’ una autentica magia della manualità casara. Pur in un universo caseario vastissimo come quello italico (oltre 400 tipi di formaggi diversi), ebbene il “fatulì” merita sicuramente un podio. I coraggiosi produttori, anche giovani (che Dio ce li conservi), sono consci di aver tra le mani una “perla”? Da come lo presentano si direbbe di no. Il packaging, inteso magari semplicemente come un piccolo canestrino di felci o di cannucce intrecciate, non sanno neppure cosa sia; un foglietto da allegare che indichi paternità, composizione, data di produzione e di serbevolezza, neppure; con cosa accompagnarlo, con che pane, con che vino, manco. Mettiamo poi un pietoso velo sul marchio. Non esiste. In un epoca dove anche le mutande hanno il brand sembra inconcepibile. E dove lo si acquista? Direttamente dal produttore, ok; e poi?. Lo consumano anche i ristoranti che però non ti dicono mica di cosa si tratta salvo forse un cenno che è “della nostra valle”. Come lo riconosci? Se lo poni tra le migliaia di tome piemontesi di caciotte laziali o umbre, di caci sardi o abruzzesi vinci un premio se lo individui. Dovrei ripetermi sull’imprenditorialità ma mi sembra d’infierire. Ma da questa capra non solo il suo latte è eccellente (berlo appena munto nutre come il seno di una balia e fa bene - ai maschietti - come il Viagra e alle femminucce come una crema di Shiseido), ottima è la carne da cui si ottiene per esempio, il “violino” che nulla ha da invidiare al cugino della Val Chiavenna. la “berna”, carne di capra essiccata; il salame, la salamella, il cotechino e la slinzega nonché una serie di robusti piatti cucinati con alcune parti dell’animale con ricette tradizionali camune. C’è naturalmente molto altro nei piatti di questa Valle, da citare i “Caicc”, grossi ravioli conditi con formaggio, burro e salvia; i salmì di camoscio e di lepre e di altre prede di pelo; poi, molto uso di rane e lumache cucinate in vari modi, la salsiccia di castrato, salume tipico Brenese dal sapore particolare. Ampio spazio anche alle umili castagne che sono state il sostentamento di parecchie generazione la cui farina oggi è impiegata assieme a quella di frumento per delle semplici tagliatelle al burro (tanto) con un originale, gradevolissimo tocco consistente in una guarnizione di camomilla fresca. Eccellenti davvero.
Concludendo: come accennato le potenzialità sia turistiche sia agroalimentari in questa Valle ci sono tutte, e sono anche parecchie. Forse non saranno macroscopiche, occorre tuttavia che si evidenzino, e per farlo occorrono un piglio più deciso, una dose massiccia di determinazione, un bel pizzico di fantasia e un promemoria per rammentare che siamo nel Terzo Secolo. Il tutto tenendo certamente ben salda la barra della conservazione delle tradizioni ma pensando anche ai mercati e alla loro pressoché quotidiana evoluzione. Altrimenti si resta al palo.

Giuseppe Cremonesi

Un invito a parlare della Val Camonica…
La Valle e i suoi prodotti - 2a mostra mercato dei cibi e dei vini

L'invito ad ASA è giunto dalla Associazione "el Teler", via S. Lorenzo, 7 - Berzo Demo che con il Comune di Berzo Demo ha proposto un percorso di iniziazione didattico alla stampa per una riscoperta della valle e delle sue potenzialità culturali, turistiche e gastronomiche.

ASA, oltre a Riccardo Lagorio, è presente con Giuseppe Cremonesi e Enzo Lo Scalzo che fanno seguire impressioni e riflessioni delle esperienze personali maturate a conclusione del week end di informazione organizzato per una abbondante dozzina di giornalisti.

L'agenzia di Lucia Masutti, Brescia In Food, Agenzia di consulenza&promozioni, territorio e cultura, via Piamarta 3, Gussago (Bs) tel. 0302522970 - 338.6847173 e Riccardo Lagorio hanno selezionato le tappe del percorso in valle con il supporto di operatori ed enti locali.

Contemporaneamente in frazione Forno di Allione si svolgeva la manifestazione "la Valle e i suoi prodotti ai piè del Viviù", mostra mercato dei vini e dei cibi (artigianato, attrezzature agricole ed animali) realizzato in una 2a edizione in collaborazione con "el Teler".

In chiusura, domenica 5 giugno, un Talk Show di contenuto antologico su iniziative e osservazioni del "new deal" gastronomico della valle, presentato e gestito da Lagorio, a cui ha partecipato la maggior parte dei protagonisti del territorio e della provincia.

La rassegna fieristica ripropone i risultati ottenuti dalla razza autoctona di capra BIONDA DELL'ADAMELLO nell’economia della pastorizia e della produzione CASEARIA di montagna, tra cui si distingue il FATULI', formaggio di lontana tradizione, da latte di bionda, unico per sapore e profumo di affumicatura da bacche di GINEPRO.
Tra i prodotti più antichi in mostra e in proposta di denominazione comunale oltre che di tipicità regionale:

berna, carne di capra essicata;
violino di capra bionda;
salame di capra bionda;
salamella di capra bionda;
cotechino di capra bionda;
slinzega di capra bionda...


Week end informativo per la stampa

L'associazione "el Teler" ha scelto un percorso che si snodato dai sentieri dell'arte preistorica e cristiana, a villaggi ancora abitati pervasi da vitalità e atmosfera epocale alla ricerca dei sapori della montagna e dei suoi boschi nei dolci, in piatti e cucina locale, erbe, formaggi, salumi, confetture e vini.

L'itinerario ha toccato Darfo Boario, Capo di Ponte, Cerveno, Ceto, Berzo Demo, Ponte di Legno, Vezza d'Oglio, Valsaviore, l'antico borgo di Pescarzo e sono state visitate fattorie casearie, cantine vitivinicole, allevamenti e attività di agriturismo la cui rappresentazione potrà essere completata dall'elenco della documentazione disponibile presso le locali unità di municipio, APT, enti e Pro-loco.

Documentazione

Vini e Cucina Bresciana - Anno 1 - n° 2
Rivista di ricette, vini e cantine, prodotti tipici, itinerari, ristoranti, fiere e sagre.
Direzione: Bozzato Marco e Bana Germano
www.vinicucinabresciana.com
e-m: germano.bana@vinicucinabresciana.com

APT- Provincia di Brescia
Ponte di Legno, Brescia,
Guida Culturale "im Valcamonica", edizione in lingua tedesca.
"Discovering Vallecamonica da scoprire", edizione in italiano-inglese,
Parco dell'Adamello: storia, guide, itinerari, descrizioni , ambiente, ecc.
Adamello ski: Pontedilegno –Tonale -Val di Sole. Cultura, sport, tradizione, estate-inverno
Darfo Boario Terme: montagne al cinema. Programma mensile. Archeopark.
Comunità Montana di Vallecamonica: Sapori di Vallecamonica. Fondo FEAOG-O
Capo di Ponte: Proloco, Graffiti Park, Archeocamuni, San Siro, Cemmo,

www.apt.brescia.it
www.provincia.bs.it/turismo
www.parcoadamello.it
www.adamelloski.com
www.graffitipark.it
www.archeopark.net
www.arterupestre.it

Pescare a Mosca in Alta Valcamonica
Itinerari di pesca nei comuni di Vezza d'Oglio, Incudine, Corteno Golgi, Monno, Ponte di Legno, Sonico e Malonno.
Edito da European Union of Fly Fishers - E.U.F.F., presidente Germano Bana.
T 0364 737031 - F 0364 737612
www.euff.com

Germano Bana è l'artefice delle iniziative, giornalista esperto di pesca ed acquacultura. Con l'iniziativa della creazione della rivista intende colmare il gap di circolazione della documentazione storica e di sviluppo del territorio, delle sue tradizioni e della sua evoluzione "per un tuffo nella ricerca e nella scoperta dei tanti e profumati vini delle nostre zone" e della "buona cucina del territorio" per il "gusto" della vita in amicizia.

Un'idea destinata a un seguito si relaziona con la pesca e l'acquacultura: salmerino, trote fario… e pechè non gamberi di fiume?

L'associazione EUFF dispone di un accogliente alloggiamento aperto a tutti, provvisto di servizio e di attrezzature di cucina indipendenti in camere e appartamenti in località Vezza d'Oglio, a ridosso del tratto riservato alla pesca "a mosca".


Hotel Mirella ****
Di Andrea Bulferetti - Ponte di Legno
Via Roma 21
T 0364 900500 Fax 0364 900530

60 camere, sauna e piscina, servizi benessere, cucina tradizionale camuna e cucina internazionale, centro congressi, auditorium, salette convegni, sala stampa e sala regia con supporti multimediali, teleconferenze via satellite, piano bar e taverna discoteca.

Agriturismo Il Castagnolo
Località Deria, tra Capo di Ponte e Paspardo.
Mobile 338 3067383 - 348 4436908

Semplice, imerso nel bosco di castagni, animali da cortile e orto, produzione propria di prodotti tipici e membro fondatore del Consorszio della Castagna di cui ospita la sede.
Ameno e riposante, offre anche ricettività modernamente attrezzata di soggiorno e ristorazione.

Bed & Breakfast I Camuni
Di Marianna Angeli - Via San Rocco, 7 - Pescarzo
T & F 0364 42367 - Mobile 338 6571153
www.pescarzo.it/bed.htlm
angelimarianna@libero.it

Inserito nell'antico villaggio storico alle falde della Concarena, è attrezzato con ospitali camere e serviso di colazione ricco di sapori della paroduzione locale di confetture, dolci e pani.


Azienda agricola FLESS
Di Bernardi Andreina
Località San Valentino - Berzo Demo
T: 0364 62124 - Mobile 335 6789321

Prodotti tipici caprini - Produzione di Fatulì.


Azienda agricola Maffeis
Di Maffeis - Berzo Demo - Val Saviore

Allevamento di Bionda dell'Adamello e mucche (>150 capi).
Produzione di formagelle, ricotte e Fatulì.
La mungitura viene fatta ancora manualmente: è un mondo rimasto piuttosto avulso dalla tecnologia e frenesia d'oggi.
Richiama i graffiti di cui rappresenta un’evoluzione vivente.
Peccato che manchi di documentazione, ma ho fatto tante foto. Brutte... senza intenzione di contaminare i luoghi.
Mi ricorda qualcosa di simile rimasto isolato anche sulle colline del Piemonte...


Liquorificio Alta valle Camonica s.a.s.
Via G: Marconi, 124 - Edolo
T 0364 778285 F 0364 71091
www.liquorificioaltavallecamonica.it
e-m: info@liquorificioalvallecamonica.it

Specializzato in liquori alle essenze di erbe, frutti e semi naturali. Genepy, ginepro, mirtillo, genziana, assenzio, eccetera. Confetture. Vendita anche al dettaglio.


Cantina APAV
Cooperativa di Cerveno
Produzione di vini locali rossi da uvaggio di merlot e marzemino.
Primi risultati di invecchiamento d'uva su graticci; maturazione in botte da uve del territorio locale.


Albergo Ristorante Vivione, antica trattoria vivione
di Claudio e Mauro Bernardi
Località Forno di Allione, via Vivione 6 - Berzo Demo
Tel 0364 630563

Ristorante tipico del territorio con un sincero ancoraggio alla tradizione dei prodotti locali e... una apertura alla cucina di mare… che il territorio ha amato pur provenendo da lontano.
E' stato per decenni il locale di riferimento dell'insediamento di chimica fine metallurgica industriale di un’importante società multinazionale.
E' diventato un genuino punto di riferimento gastronomico del centro valle.
Polente, derivati della farina di castagne, fauna locale, berna, violino di capra, anche cuz tipico delle valli di Corteno…, flora con erbe e germogli naturali e vini Camuni…


Ristorante San Marco
Di Bezzi Marco
P.le Europa,18 - Ponte di Legno
T 0364 91036
www.ristorante-sanmarco.it
e-m: sanmarcosome@virgilio.it

Ristorante elegante rivolto prevalentemente al turismo a cui sa proporre anche specialità locali dalegnesi e di valle presentate con creatività.
Buono in risotti, zuppe e nelle carni… con una lista attraente invernale ed estiva per una clientela affezionata alla stazione sportiva.


Bucaneve di B.N.N. - Berzo Demo - T & F 0364 630068
Azienda di artigianato tessile. Produzione di set da tavola tipicamente camuni, tovaglie, grembiuli e telerie stampati a quadro con riproduzioni dai graffiti e da immagini dell'Archeo Park.
Punti vendita nei Villaggi graffiti di Capodiponte e Boario Terme, a Berzo Demo e Ponte di Legno.



A tavola su e giù per la Valcamonica…

La trentennale presenza in alta valle, dove ho casa, mi ha consentito di approfondire nel tempo una discreta conoscenza del territorio, della sua conformazione naturale e delle epoche geologiche che lo hanno caratterizzato, della storia dei suoi abitanti, dello stato del suo isolamento atavico prima nel contesto della repubblica veneta poi in quello delle fasi successive fino ad oggi.

L’editoria bresciana è ricca di pubblicazioni: a partire dall’avvento della stampa non mancano opere e documenti di interesse non solo locale, testimonianza importante del grado di evoluzione della repubblica veneta e dell’organizzazione dei suoi territori anche lontani.



Berna e erbe selvatiche

D’altro canto la valle ha rappresentato uno dei canali di comunicazione nord-sud tra i più importanti della penisola su cui potevano convergere ad imbuto le comunicazioni lungo i passi del Bernina e dello Stelvio a loro volta collegati ai passi alpini più a nord, di rinomata frequentazione ancora oggi.

E' una storia complessa e legata a un filo conduttore necessaria per una comprensione meno superficiale dello stato di isolamento che nonostante il contributo del turismo permane.

Stimolato dall’esperienza diretta in pubertà, poichè il fratello di mia nonna, Giacomo Brdr, aveva scelto - dopo la prima guerra mondiale - di sfidare il futuro della sua famiglia insediandosi a Breno dove continuò con sua moglie e una delle sue figlie l’insegnamento, all’inizio dell’ultima guerra venni ospitato per quasi un mese in valle.

Ormai quattro generazioni sono presenti e integrate in una valle che è diventata la patria definitiva dei cugini dopo che l'Istria è passata con la seconda guerra mondiale ad altro isolamento dalla sua tradizionale vocazione di crogiolo di caratteri veneziani, slavi e centroeuropei.

Con zii e cugini quindi avevo trascorso alcuni mesi durante il 1941, in convalescenza a Breno e successivamente a Iseo. Ne ricordo la semplicità contadina e agricola, ma anche l’operosità delle fabbriche di acciaio, tondino e per le donne di filatura, di una popolazione abituata al duro confronto con il territorio e con l'ambiente rigido.

Solo in bassa valle il clima è parzialmente mitigato dalla massa lacustre del Sebino. L’isolamento era stato rotto da un collegamento - per quei tempi valido - ferroviario da Rovato a Edolo. Le corriere proseguivano verso il Tonale e la Val di Sole. Il passo di Gavia era allo stesso stato di transitabilità d’oggi, nonostante che nel ‘600 fosse uno dei transiti di commercio che portavano alla antica dogana di Ponte di Legno...

Ebbene, nel 2005, è ancora lo stesso: la linea ferroviaria ha un solo binario. I passaggi a livello incustoditi sono ancora dominanti. I morti tra le sbarre non cessano di meravigliare: è l'indice più evidente di un isolamento politico e sociale.

Le corriere per la Regione veneto... cambiano conduttore e vettore al Tonale!

Isolamento: dai locali alle massime autorità politiche del paese questa insidia non è stata affrontata con determinazione. Era una condizione a cui la popolazione camuna rispondeva con semplicità emigrando prevalentemente verso la pianura padana: Brescia, ma anche Cremona, Mantova e parzialmente Bergamo, da cui rientrava facilmente al territorio di nicchia originale. D'altro canto si trattata di poche decine di migliaia di persone, e anche oggi il loro peso politico… è un'appendice poco rilevante ad altre spinte... di interesse politico.

La mia presenza al week end per la stampa valle, partendo da Galleno di Corteno Golgi, inizia dal primo stop in centro valle, a ridosso di Cimbergo e Paspardo. Ho avuto modo nel passato anche recente di descrivere eventi d’attrazione sia gastronomica che culturale in pubblicazioni locali e quelle nazionali, soprattutto in lavori pubblicati dalla Accademia Italiana della Cucina e recentemente nei file di Agorà e di ASA.

La storia gastronomica della Valle. anche in questi anni di battage e di divulgazione di massa, solo recentemente trova sfogo per un’eco di fievole intensità: l'unico volumetto della mia collezione è del 1977: Giacomo Ducoli, Ricette e Salumi Brenesi, con premessa di Ermete Giorgi.
Semplice annotazione di ricette di casa e di tradizione parlata.

C'è molto da fare: i protagonisti non possiamo essere noi, ma loro stessi, i Camuni. Lo meritano. Noi possiamo aiutarli e stimolarli a prendere coscienza e a farsi strada come comunità tipicamente autoctona, come nicchia ricca di valori tradizionali di vita ancorati a radici arcaiche di cristianità che resta ancora uno dei punti di soccorso e di ausilio anche per i problemi quotidiani.

Possiamo aiutarli a crescere nel rispetto della loro identità e a comunicare, tra loro e con l’esterno. Potranno dare individualmente, come hanno fatto nel passato, tanto al resto del mondo: personaggi come il professore Camillo Golgi, primo Nobel in ambito scientifico italiano, e S.E. Lorenzo Bianchi, primo vescovo bianco di Hong Kong, sono personaggi assurti all’elogio mondiale solo pochi decenni fa. Altri potranno seguire.


Benvenuto all'Agriturismo Il Castagnolo

Un aperitivo da ricordare per la voglia di restare nella tranquillità del castagneto. Dentro imperavano gli sponsor di prodotti tipici: insaccati come slinzega, ricotte eccellenti e formaggi vaccini e di capra di varia stagionatura erano tuttavia dominati da lumache scappate: avvolte in sapida pancetta e portate a cottura allo spiedo si associavano al marzemino giovane camuno e camuffavano una salatura piuttosto pronunciata con l'intensità del sapore del salume. La morbissima consistenza della chiocciola ne faceva il boccone preferito: la presenza de pulmino consentiva anche l'abuso del fresco IGP locale.

Gerlone il castagnolo

Biscotti di farina di castagne verso il termine portavano a compimento l'introduzione calorica.

Lambrù Rosso I.G.T. affinato 15 mesi in acciaio da Marzemino, Merlot e Barbera. Una produzione di circa 10.000 bottiglie all'anno da vigneti ad elevato pendio. Anche Merlot camuno I.G.T. e Barbera da tavola.
Azienda Agricola Togni-Rebaioli, viticoltori di montagna, di Darfo Boario Terme -
Tel. 3394986463 Enrico Togni
www.camunicongusto.com


Tra i salumi da segnalare un ottimo lardo e il Filetto Baciato (pasta di salame che avvolge un filetto di vitellone) della AA Marchesini di Bedizzole Cascina Prandola. E' un misto di singolare armonia di sapori.
www.marchesinigiuseppe.it
marchesinipiergiuseppe@virgilio.it

Lumache extra al naturale di Roncadizza Lumaghera di Davide Bonfanti, località Roncadizza - fraz. Pellalepre. T & F 0364 532695 e 339 3755725
www.camunicongusto.com

Il pranzo a mezzogiorno... , anzi alle tre, durerà a lungo:

a tavola qua e là berna di carne pecora e di capra, violino di Bionda e di agnello, slinzega, ricotta di Bionda e di pecora e altro… Rane fritte dorate… croccanti, piccole, forse nostrane…
Verdurine selvatiche sottaceto con asparagi, erba dell'orso, cicorie, funghi porcini e pes caprae. Eccellente selezione a cui speriamo possa seguire una commerciabilità DE.CO.per garantire la loro permanenza sulle tavole della ristorazione e della distribuzione locale.
Segue un riso con (non posso chiamarlo risotto con quella procedura) ortiche selvatiche e ricotta della bionda e di pecora (non di bergamasca..)
Si prosegue con tagliatelle di castagne mantecate con formaggio dolce e spolverate con fiori di camomilla la cui esecuzione è stata proiettata in videoclip e commentata dalla figlia del patron.
Il piatto forte è costituito da ottimo cùz di pecora (e in parte di agnello) con eccellente polenta gialla macinata a pietra e morbida taragna con parmigiano grattugiato in coppa secondo la tradizione cortenese. Io, uso all'eccellente sapore delle incrociate pecore di razza bergamasca con cortenese, ho aggiunto qualche cucchiaio del brodetto grasso di vegetazione… che rinforza la sensazione ovina di una carne talmente dolce e delicata da sembrare a occhi bendati di vitello …
Ha chiuso il dolce schelt (una pulti di farina di castagne) con panna fresca… e altri dolcetti di castagne…

I vini: Màino Cultivar delle Volte bianco 2003, Màino Cultivar delle Volte riserva 2003.

Da citare anche i pani: giallo con farina e zucca, pane alle noci, pane misto di campagna e di segale.


Cena a Ponte di Legno

L'accumulo di ritardi conseguito fino dal mattino ci porta a cenare di fatto oltre alle 22: lo chef e gestore del San Marco ci tiene allegri durante l’attesa con l'enunciazione delle sequenza di assaggi… concordata con la nostra guida che con tenacia era alla ricerca di un mosaico gustoso che mettesse in evidenza le sfumature della tavolozza gastronomica della valle.

Il maestro di cucina Marco Bezzi nasce a Edolo, si forma nelle cucine dell'Edelweiss di Corteno Golgi e matura in 13 anni di attività a Ponte di Legno, in birreria con cucina poi diventata il San Marco, apprezzato ritrovo e ristorante di Ponte di Legno.

Ha tanto spirito e amore per il cibo da invogliare a continuare l’accumulo di piacere e di calorie della giornata. Sul luogo è personaggio, in ballottaggio di simpatia con Giusy nella vicina Pezzo, dove la cucina dalegnese di riferimento fa immagine più radicata. Come amore per il buono Marco Bezzi non è da meno, e lo ha dimostrato esaudendo l'incalzante domanda di Lagorio a selezionare una serie rappresentativa della sua capacità, anche fuori dalla lista giornaliera:

Carne salada di cavallo al vapore con fagioli e cipollotti, eccellente tradizione condivisa con la confinante regione delle Alpi Giudicarie della carne salada bovina: Madonna di Campiglio rappresenta un piatto di riferimento di quel territorio. Ponte ha pensato al cavallo bresciano.

Gnocc de la cua, gnocchi caratteristici di Pezzo e Ponte con spinaci selvatici (paruchei)… che concorrono con quelli di farina di grano saraceno di Valtellina e in parte con i capunet della Valposchiavo, impastati con paruch o farinei o semplicemente con spinaci (in denominazione botanica Chenopodium bonus-henricus) e conditi con lardo.

Risotto El Teler con Fatulì: ottima esecuzione di riso a risotto, mantecatura finale con Fatulì che ha riportato alla luce quei risotti al fumo che avevano iniziato ad invadere Milano a metà degli anni ‘80 per …sfumare… successivamente. In genere erano ottenuti da salmone affumicato o altre preparazioni al fumo. Il Fatulì di questi anni mi dà la sensazione di essere soggetto ad una affumicatura troppo imperiosa e contagiosa.
La visita alle cappe di affumicatura - che credo abbia luogo in breve tempo, come in altri territori per speck e salmoni - mi fa immaginare quelle tavole tenute fuori dal percorso dei fumi con cui si affumicavano delicatamente e in un lungo periodo (almeno un paio di mesi) prosciutti, spalle e altro del maiale in Istria, le ricotte e mascherpe dantan in Camunia, i pesci nel mare del Nord.
Oggi si fa tutto in un centesimo del tempo, o ancora più in fretta…
Comunque è una curiosità: si potrebbe anche verificare l'effetto al gusto di una cottura dopo la tostatura del riso, al secondo bagnetto con brodo nel risotto, e... vedere l'effetto che fa…

Cuz, non di pecora ma di agnello, di procedura cortenese, accompagnato da ottimo capretto al forno, croccante e gustoso, di buonissima carne… Patate al forno altrettanto ben curate e di buona compagnia con entrambe le carni. Cucchiaiate di polenta… a volontà!

Si chiude con zabaione camuno che riveste una fetta di Spongada e si fanno quattro passi sui ponti di legno, a visitare Ponte di notte, immersi nello scroscìo delle cascatelle di Oglio e Ogliolo, passando attraverso la quiete del paese a mezzanotte…

Riposo e buon augurio per il giorno successivo.


Colazione al Mirella

Le nostre guide hanno stimolato direzione del Mirella a una imbandigione di festa per la colazione del mattino: salumi, formaggi, burro in pani che si incontrano troppo raramente, latticini per accompagnare cereali, pani e brioche con profumo di forno, marmellate e confetture di buon artigianato…

Ho fatto delle foto: potrei descrivere meglio riguardandole. Almeno una vale la pena. E' un invito ai buoni propositi per la giornata, all'ottimismo. E' di buon auspicio. La nostra rieducazione riprende verso un nuovo centro appena costituito a Vezza d'Oglio: pesca sportiva, pesa alla mosca. Conntinua il buon auspicio. Ci ripromettiamo alla prossima occasione una zuppetta di écrevisses a fare compagnia ai salmerini… con le pure acque che sgorgano dall'Adamello e dall'Aviolo.

Breakfast camuno a Pescarzo…

La gentile conduttrice della struttura ospitale Bed & breakfast signora Angeli con i suoi figli ha preparato una collazione di gustosità solo locali per un breakfast…o meglio un brunch: dal cesto di frutta e ciliegie ancora sui rametti d'origine, a buona coppa di collo suino bene aromatizzata, dai biscottini di farina di castagne a cialde ripiene di confetture, da vasi di marmellata di pesche e prugne a formagelle di Bruna e di Bionda. La Bruna Alpina è la mucca, la Bionda la… capra…
Di straordinario la frittata, ben gialla, fatta da uova di galline che mangiano tanto bene da fare uova con tuorli di colore arancione…Non li ricordavo più dai tempi della mia nonna!

Viuzza di Pescarzo

Infine spongada e una eccellente crostata, anch'essa ingiallita dalle uova arancione dell'antica Pescarzo. La spongata camuna è soffice, uova, zucchero, lievito e farina, non ha nulla a che vedere con le spongate medioevali del centro Italia, ricche di energia da miele e frutta secca...

Il giallo-arancione dovrebbe essere eletto a colore naturale e caratterizzare le insegne delle vie… adornate di pannocchie di quell’intenso colore.
Restano sapori, colori, accoglienza, semplicità, disponibilità.
Serve il passa parola per suggerire questa realtà soprattutto a chi ne ama avere grande rispetto.


E.L.S.

6 Giugno 2005. Scritto a Galleno di Corteno Golgi.


Da " Non solo “cuz”: anche carni, radici ed erbe...

Cucina delle valli

La buona cucina e i vini tipici si propongono ormai abitualmente come fattore importante per il richiamo del turismo nel territorio: cosa si sa della cucina cortenese? Quale riflesso può avere come espressione dei valori culturali legati alle tradizioni popolari?
La frase fatta è che le valli di Corteno non abbiano una cucina caratteristica se si eccettua il “cuz”. E’ bensì vero che nei tablat o löc (baite) primeggiano formaggi e salami, latte e polenta ed è innegabile che il territorio camuno offra ospitalità ed esperienze di genuinità stupefacente. Dà rià (accudire le mucche due volte al giorno) era pratica delle donne e dei ragazzi; cagià (cagliare il latte) era pratica degli uomini per fare casata o ‘l formai; fare salami era pratica di artisti...

Fu passo di pellegrini, soldati, turisti: oggi il territorio dà accoglienza da Aprica a Edolo a un turismo amante di paesaggi alpini veri e di natura fusa a tradizioni gastronomiche locali. Chi proviene da sud, dai territori della bassa valle e dal bergamasco, ritrova radici simili: verdure selvatiche, sedano dei campi, erba di stregone (dragoncello), casulotto (formaggette), basciamella, (besciamella), funghi frari (porcini) e cucina alla bornìs o bernìs, “cenere che conserva ancora il calore o che ha ancora un po’ di fuoco”. Ma anche cucina di carni alla piota. Alcune case patrizie della valle hanno imparato le cotture “alla Giannina” di moda nell’Ottocento per caprioli e cervi; salmì per lepri di montagna, arrosti di “fagiano alla moderna” e spiedi di cosce di montone (gighò alla francese, in bergamasco), trasformato in bistecche trasversali da cucinare alla piòta nelle feste popolari cortenesi. Funghi in conserva, cipollette e zucchine si allineano sulle mensole di casa. Un tempo si conservavano anche insalate miste in salamoia per un bisogno quotidiano di vitamine durante l’inverno, da consumare con salame, formaggio e polenta in occasione di merende al caldo della stùa o in baita.

Tanta polenta, ma anche erbe e radici.

Per la delizia dei palati dei turisti più coraggiosi ci sono occasioni di ricerca di un’alimentazione da frugifero, “mangiatore di frutta”, di bacche, di virgulti, di radici. Radici di Genziana, Cynara, (cardi di montagna, in germoglio), Chicorium (cicorie buone e toniche); spàres (germogli di asparagi selvatici, Rumex (rabarbaro), Carlina acaulis, fiori come i bucaneve, le primule; ciuffetti di Taraxacum, denti di leone... Funghi. E’ un mondo di gnomi e di fate, da giardino del Paradiso... proprio da “sortilegio”. Un mondo che richiama episodi biblici e gusti naturali e curiosi di erbe e frutti chiamati con nomi poco diffusi: redit (radicchio), schlizega (schiopettini) e latughe (lattughe di roccia) per le insalatine di campo; timo serpilo (timo), menta e carè (cumino dei prati) per le erbe aromatiche per fare grappa e tortel; farinei , pa’ del cucû (acetosella) e erba di San Giovanni per fare frittate; zaresgiöl (uva di monte), ribes, mirtilli e varietà’ di fragole per addolcire la bocca con rinfrescanti frutti e succhi agrodolci selvatici...

Un altro modo per gustarle? Farne minestre, dopo la merenda, come nelle valli bergamasche, in quelle alpine venete e nel Friuli, della Valtellina e del Piemonte: minestre di montagna, adatte per una alimentazione sana e gustosa. Per finire con una fetta calda di polenta alla piota...

E finalmente il “cuz’.....

La pecora - raccontano i ragazzi della scuola elementare di Galleno ai tempi del mio arrivo in paese - è un animale che non presenta difficoltà per il suo allevamento ed è molto diffusa in montagna. Le famiglie numerose d’un tempo macellavano più capi insieme e cucinavano la carne, tagliata a pezzetti in un grande paiolo. La carne cotta lungamente e con pazienza a fuoco lento veniva disposta per la conservazione in recipienti di terracotta, salata e conservata nelle cantine. Questa conservazione permetteva una alimentazione ricca in proteine animali anche nei periodi di fuga nelle buche (giotte naturali nella roccia). A casa serviva per fare minestra e per colazione da portarsi in cantiere, al lavoro.
I nonni hanno ricordato ai ragazzi che una volta gli abitanti del paese vivevano esclusivamente del cibo prodotto dal proprio lavoro. I fienili occupavano uno spazio importante nel paese, ancora più importante della stessa abitazione perché nella casa si raccoglieva tutto il raccolto dei campi e nelle stalle passavano l’inverno gli animali: buoi, pecore e capre. Nel cortile si lasciavano a riposo per la stagione di lavoro i carri. In solaio si mettevano a essiccare i prodotti, tipicamente i foraggi. Spesso per risparmiare spazio ed energia in un solo stabile abitavano più famiglie e tutte le case formavano blocchi divisi solo da stretti vicoli. Si tratta di una situazione urbanistica ancora largamente diffusa nei vecchi villaggi e paesi della valle. Nelle case si stava solo in inverno, nei mesi più rigidi: quando si era in tanti, la festa del “cuz” riuniva le famiglie nella stalla con il paiolo al centro del circolo. Per il resto dell’anno si andava nelle cascine o “löc”...

Oggi la tradizione del “cuz” camuno ci appare strettamente incrociata con quella della “pecora a cotturo” di antica tradizione di transumanza (per i Camuni müda). Ne incontrai la descrizione nel primo quaderno dell’Accademia Italiana della Cucina dedicato agli atti del convegno “L’importanza dell’allevamento della pecora attraverso i secoli e la civiltà dei tratturi”, Manfredonia (10 marzo 1990). L’Accademia è alla ricerca di antiche tradizioni da riproporre alla considerazione dell’età post nucleare. E’ mio desiderio convincere gli operatori locali (pubblici e privati) a una gara conviviale tra Nord e Sud, tra Corteno e Potenza. Ciascuna con le sue pecore, con i suoi paioli, con la sua tradizione. O prima o dopo mi riuscirà di convincere i sindaci o chi per loro a diffondere la conoscenza del “cuz” e del “cotturo” al resto del mondo con un’eco più favorevole alla biblica carne di pecora!

La ricetta del cuz...

In valle ognuno ha i suoi piccoli segreti, sul grasso, sugli odori. Per una gustosa tenerezza rinnovo il richiamo alla bontà della carne: vanno scelte le pecore che preferiva Abele da offrire alla glorificazione del Signore. Pecore che abbiano pascolato serenamente erbe e radici buone, pecore "opime". In Accademia ho coordinato l’edizione dei ricettari della Regione Lombardia che hanno chiuso la collana di ricette raccolte in tutte le regioni italiane. A fine 2001 la trentina di volumetti in formato tascabile hanno dato luogo a una prima edizione dei Ricettario della cucina regionale italiana, dal Touring Club Italiano, oggi alla seconda edizione in un bellissimo volume che ha incontrato successo e consenso di lettori. La ricetta ricavata da una ricerca anche bibliografica è inclusa fin dalla prima edizione e completa l’inserimento che il Comune di Corteno Golgi ha richiesto alla regione Lombardia del “cuz” come prodotto alimentare conservabile, pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione Lombardia, 5° supplemento straordinario al n. 16 del 21 aprile 2000, proprio con il numero 16 della categoria Carne e derivati. Al prodotto alimentare è concesso il riconoscimento previsto dal DM 350/98 di rispondenza ai criteri di “tradizionalità” per metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura consolidate e praticate secondo regole tradizionali... diciamo, per semplificare, da secoli!
E' pietanza originata probabilmente tra il 750 e il 1000, in epoca di occupazione del passo alpino da parte di genti ungare e saracene, ma pare che entri nell'uso corrente solo verso la fine dell'ottocento, per iniziativa di emigrati albanesi diventando, per la popolazione locale, il piatto della festa di famiglia, particolarmente alla fine del pascolo estivo, intorno a ottobre-novembre quando il “cuz” diventa la pietanza della festa a ricordo dei morti. L'etimologia risalirebbe da “huz” (ungherese), o da “cutsch” o “hus" (slavo), col significato di carne condita.

La valle sta rivedendo la propria capacita di proposta a tavola in quanto la sua ricchezza di prodotti genuini rappresenta un patrimonio da gestire con attenzione e cura. Quello del “cuz” consente una sfida “biblica” a qualsiasi stracotto di pecora...
Ne saremo più certi dopo l’esito della tenzone con gli amici di Potenza, legati potenzialmente a doppio filo con Corteno Golgi per la cronoscalata ai rifugi di alta montagna e per la comune tradizione rupestre antica come l’uomo.

Enzo Lo Scalzo
ASA - Agorà