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LUOGHI
PAESAGGI E ASSAGGI NEL IL POLLINO LUCANO
Il
Pollino è vasto un Parco Nazionale istituito nel 1993, che si estende
a cavallo tra due regioni la Basilicata e la Calabria. E’ considerata
la più grande area protetta d’Italia, coprendo una superficie
di quasi 193.000 ettari, nella quale sono state censite oltre 500 piante
officinali come ad esempio il Tarassaco, la Ginestra Minore, l’erba
di San Giovanni, Belladonna. Il simbolo del Parco è il Pino Loricato
(Pinus leucodermis), un albero che vive abbarbicato sulle pareti delle
montagne lucane. Vegeta nelle zone rocciose più impervie, è
resistente al vento, al gelo e ai fulmini.
Nel parco si incontrano facilmente animali come il capriolo autoctono
di Orsomarso, l’aquila reale, il picchio nero – ovvero il
più grande picchio europeo- il gufo reale, la lontra, il capriolo,
il lupo appenninico…
Nel cuore del Pollino Lucano sorgono due comuni Costantino Albanese e
San Paolo Albanese (questo è il più piccolo della Lucania)
nei quali sono presenti due comunità albanesi entrambe di etnia
Arbereschc che si rifugiarono da queste parti, tra il 1470 e il 1540,
per sfuggire all'invasione turca. Queste comunità conservano abitudini
e riti intatti; quotidianamente usano indossare costumi tradizionali albanesi.
La loro religione è cattolica ma segue il rito greco-bizantino
e la messa è celebrata alternativamente in greco e in albanese.
Il territorio del Parco è ricchissimo d’acqua, sembra infatti
che l’etimologia della parola Pollino derivi dalla parola polla
che indica appunto una vena d'acqua sorgiva. A nord del Parco scorre il
bacino fluviale del Sinni, il corso d'acqua più importante del
versante lucano del Parco, è alimentato da due importanti affluenti,
il Frido e il Sarmento. In questo scrigno ambientale la miscela tra la
ricchezza idrica, la natura incontaminata e un ecosistema eccezionale
regala all’uomo prodotti della terra di rara bontà e genuinità.
Come ad esempio il Fagiolo bianco di Rotonda IGP, il Pomodoro Costoluto
(detto anche grosso), Peperone di Senise IGP, la Melanzana di Rotonda
DOP. Proprio quest’ultima è molto particolare, infatti non
ha niente a che vedere con le melanzane che solitamente troviamo sulle
nostre tavole, infatti la sua grandezza è pari a quella di una
mela, il colore è rosso come un pomodoro maturo con delle striature
verdi e la sua forma è sferica. In realtà, questa melanzana
proviene dall’Africa tropicale approdata in questa zona attorno
agli anni ’40, e si è adattata benissimo al terreno.
I parco è ricco di funghi che pullulano nei boschi del Pollino
come porcini, ovuli, gallinacei. Pochi sanno che nella zona più
povera del Pollino crescono le squisite prelibatezze naturali i tartufi
bianchi.
Il grano Carosella (Triticum Aestivum) è una varietà antica,
sopravvissuta alle manipolazioni genetiche. Da questo tipo di grano si
ricava una farina bianca molto pregiata che si presta benissimo alla produzione
di frese, pizze, taralli e pane.
Nel parco del Pollino pecore e capre sono allevate allo stato brado e
semibrado, le aziende casearie utilizzano ancora sistemi artigianali tradizionali
per la produzione di formaggi come lo squisito e celeberrimo Pecorino
del Pollino e il Paddaccio- un formaggio fresco prodotto con latte ovicaprino
secondo una ricetta antica, si presenta con la forma che ricorda una palla
(padda) di color bianco, la cui pasta risulta molto morbida.
Un tempo, i nobili lucani per le feste comandate volevano che fosse servito
loro il Mischiglio, ovvero un impasto di semola di grano duro e farine
di legumi come l’orzo, le fave e i ceci. L'impasto una volta steso,
era (ed è) tagliato in modo da ricavare dei bastoncini schiacciati
a forma di larghe orecchiette.
La salsiccia lucanica ( così chiamata in onore alla stessa Lucania)
è prodotta con carni scelte di maiali - spalla e ritagli di coppa-
con l’aggiunta di sale e pepe, semi di finocchio e un po’
di peperoncino rosso in polvere. Insaccata in un budello naturale di maiale
ha un gusto vagamente piccante e profumo intenso.
I prodotti agroalimentari del Parco del Pollino Lucano sono l’espressione
del territorio, che richiamano la tradizione e la storia di una terra
ancora poco conosciuta. Tutelare queste prelibatezze è conservare
la memoria; promuovere tali prodotti vuol dire far conoscere il tesoro
gastronomico, e non solo, di questa zona della Basilicata. E poi ancora,
rocce dolomitiche, bastioni calcarei, gole profonde, prati, pascoli di
alta quota, erbe aromatiche, acque limpide, ma anche un paesaggio agricolo
nel quale inesorabilmente si notano la dedizione e l’impegno del
lavoro dell’uomo che con saggezza e pazienza continua a coltivare,
seminare, raccogliere, trebbiare, allevare, mungere ... il tempo qui è
scandito, non dalle lancette dell’orologio, ma dal calar e levar
del sole.
Alice Lupi
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