LUOGHI, FATTI, PERSONE

Mangiare e bere: attività sempre più extradomestiche

Tra reali necessità, imitazioni di usanze d'altri Paesi e imperiose sollecitazioni di un'offerta sempre più ampia e articolata cambiano i momenti e i luoghi di consumo

Per gli amanti della buona tavola e della convivialità, come per tutti coloro che amerebbero idilliacamente vedere radunati attorno al tavolo da pranzo in orari cadenzati le proprie famiglie, nonché per i saggi nutrizionisti che predicano una alimentazione corretta e bilanciata, per i cantori della sana cucina casalinga, per i diffusori di ricette più o meno facili, insomma per chi crede ancora che i "momenti" e i "luoghi" per consumare cibo e bevande siano sacrali punti fermi, ebbene se non è ancora débacle poco ci manca.
Perché la cruda realtà sui comportamenti alimentari degli italiani è assai diversa dalle convinzioni sostenute sino all'altrieri. Non bastasse guardarsi attorno, sia nelle aree urbane sia in quelle rurali, c'è oggi una nitida fotografia scattata da Nielsen che mostra con dati e cifre presentati recentemente al Mia di Rimini cos'è in atto e cosa succederà a breve. Mangiamo, mordicchiamo, pilucchiamo, sorseggiamo e tracanniamo di tutto, ovunque e ad ogni ora del giorno. I luoghi delegati alla consumazione di cibo e bevande stanno perdendo giorno dopo giorno la loro precisa identità incalzati da "non luoghi" che assolvono più o meno le stesse funzioni.
Per tacere del crescente successo che riscuotono le vending machine, ossia i distributori automatici piazzati in punti di buon affollamento dalle quali oltre agli scontati snack, soft drinks e beveroni caldi escono (siamo già oltre la sperimentazione) anche prodotti freschi come yogurt, frutta tal quale o in macedonia e insalate di verdure. Per chi, come chi scrive, si occupa di questo settore, duole ammetterlo, ma per gli italiani il cibo rimane nella sua concettualità un fattore, anzi, un valore importante, tuttavia come dimostrano i dati, appunto meramente concettuale. In buona sostanza: pensiamo bene ma ci comportiamo non proprio coerentemente.
Fermo restando che la società e gli stili di vita sono in continua evoluzione e consequenzialmente anche i "momenti" per mangiare devono giocoforza adattarsi alle tempistiche dettate dalle nuove composizioni famigliari, dalle modalità dei diversi tipi di lavoro, dal moltiplicarsi degli impegni extralavorativi per soddisfare hobby e appagamento di fitness, il "mangiare" diventa fattore marginale, si banalizza assumendo, a volte, persino una fastidiosa obbligatorietà.

57 miliardi di euro per cibo e bevande assunti fuori casa

Eppure cibo e bevande rivestono buona parte dei nostri budget. Vediamo qualche cifra per rendercene conto. Nel 2004 gli italiani hanno speso per i consumi alimentari domestici 113 miliardi di euro con una proiezione di crescita sino al 2007 del 4,1%, percentuale stimata vicinissima alla soglia della saturazione. Non si arresta invece la spesa per gli stessi consumi fuori casa che attualmente valgono circa 57 miliardi di euro ma con una proiezione di crescita del 15,8%.
Sono all'incirca 18 milioni gli italiani che dichiarano di consumare settimanalmente alimenti fuori delle mura domestiche per un totale di 8 miliardi di atti d'acquisto (bar soprattutto, ma anche stazioni di servizio, quickly corner, ecc) cui aggiungere altri 3 miliardi di atti per pranzi e cene private o di lavoro in ristoranti, trattorie, pizzerie, tavole calde, ecc.
Tuttavia ciò che è più rimarchevole sono quelle che si possono chiamare "invasioni di campo" riguardo ai luoghi deputati per consumare colazioni, pranzi e cene. Insomma si assiste ad una vero e proprio confronto-scontro tra la ristorazione propriamente detta e bar, catering, banqueting e moderna distribuzione per accaparrarsi la spesa del food & beverage.
Passiamone in rassegna alcuni tra i più vivaci iniziando dalla moderna distribuzione:
- nei piccoli supermarket situati nelle aree urbane ed extraurbane, detti punti di vendita "di prossimità" si stanno specializzando nel preparare (al momento) e vendere panini e snack attaccando direttamente con i loro prezzi, assai più economici, i normali bar;
- nei market delle grandi superfici situati generalmente vicino a complessi direzionali o comunque in luoghi di grande passaggio si stanno affermano i "salad bar" e i banchi gastronomici caldi erodendo clientela alle tavole calde ed in parte anche al catering offrendo anzitutto prezzi più bassi nonché gamme di proposte molto ampie;
- delle vending machine si è accennato più sopra. Aggiungo che il 29% degli intervistati nella ricerca afferma di acquistare regolarmente qualcosa dai distributori automatici piazzati, come è noto, negli uffici, negli ospedali, nelle stazioni di servizio, nei mezzanini delle metropolitane, nelle hall delle sale cinematografiche e dei teatri, ecc.
Tra gli altri "non luoghi", in questo caso davvero estemporanei, vanno annoverate le feste private, alcune conferenze stampa e gli special event organizzati in siti inusuali: garage, capannoni industriali dimessi, grandi scantinati, gallerie d'arte, musei, palestre, librerie, negozi d'abbigliamento, ecc. In questi casi il "fornitore" è prevalentemente il catering che a volte propone un pacchetto di servizi che comprendono l'animazione, le luci, la musica e quant'altro possa essere indicato a secondo del target dei partecipanti.
In fase di sperimentazione avanzata (MacDonald's docet) occorre considerare inoltre la ristorazione "drive in" che si pensava superata ma che pare venga riconsiderata, in particolare dai giovani disposti a mangiare i loro sandwich e la loro bevanda comodamente seduti in macchina alla luce dei prezzi sempre più elevati dei pubblici esercizi.
L'indagine Nielsen non accenna ad un altro "non luogo" qual è la strada. Mi spiego: poiché è pressoché impossibile registrare con un minimo di scientificità la presenza e il numero di bancarelle e auto-negozi che vendono cibo e bevande da consumare sul posto (quindi in strada) ecco perché non sono state presi in considerazione. Tuttavia noi tutti sappiamo che nei pressi di un impianto sportivo, di una fiera, di un luogo deputato ai concerti rock piuttosto che lungo il percorso di una corsa ciclistica (tanto per fare degli esempi) troviamo bancarelle e baracchini che vendono focacce, piadine, toast, panini, bevande, gelati, caffè e (pur senza licenza) anche superalcolici. Punti di vendita mordi-e-fuggi che tuttavia sviluppano un considerevole business. Esente da scontrini fiscali.
Questa panoramica che illustra con efficacia gli insediamenti dei luoghi e i nuovi "non luoghi" di consumo di cibo e bevande dovrà essere completata da una analisi delle nuove filosofie gastronomiche che appunto le "invasioni di campo" menzionate hanno comportato e comportano. In atri termini i cambiamenti sul piano del gusto. Per non tediare il lettore rimandiamo questa analisi alla prossima occasione. L'augurio di buon appetito non suoni ironico.

Giuseppe Cremonesi


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