LUOGHI, FATTI E PERSONE

Majolini: bollicine e cultura

Proprio la sera stessa della scomparsa di Luigi Veronelli, acuto divulgatore dell'enogastronomia, a pochi chilometri dalla sua casa di Bergamo, precisamente in quel di Ome in Franciacorta, i titolari della cantina Majolini celebravano ciò che Gino, scrittore e giornalista anarchico (per alcuni anche arcaico per via del suo particolare lessico involuto) predicò sempre. Ossia che il buon cibo (se naturale e ben cucinato, e i buoni vini, se fatti con sapienza nei vigneti e in cantina) sono l'espressione più alta della cultura umana. "Non è per nulla un caso che coltura e cultura abbiano identica etimologia", ebbe a sintetizzare recentemente parlando a una platea di giovani.
Eccellente dimostrazione di ciò, è stata la cena organizzata dai Majolini improntata appunto a questi principi quale primo appuntamento dell'Accademia del Gusto. Attività pensata e realizzata funzionalmente stilando un calendario di incontri plurisensoriali dedicati alla Franciacorta (intesa come territorio e, va da sé, come terra del vino per antonomasia) dove i protagonisti sono i prodotti alimentari più o meno celebri ma di certo i più prelibati coniugati con le bollicine dei Majolini che in questo territorio ci abitano da sei secoli. In altri termini, si tratta di una sorta di laboratorio di studio e approfondimento gastronomico che ha come coordinatore il collega Francesco Arrigoni. Ciò che tuttavia più piace sottolineare è che questo goloso progetto non è per nulla inficiato (come spessissimo accade) dalla cosiddetta "mano pubblica"; trattasi di una iniziativa privata realizzata con risorse proprie e quindi ancor più meritevole d'avere evidenza.
La prima sessione è stata incentrata sul binomio ostriche-bollicine per perpetuare quel mariage consolidato nell'immaginario collettivo anche se i puristi non si trovano d'accordo a sposare i profumi e la tenera consistenza di questi molluschi con il perlage fine e continuo che, quantomeno il Franciacorta Majolini Pas dosé Aligi Sassu 1999 e il Franciacorta Majolini Brut Electo 2000 che hanno accompagnato la raffinata cena, decisamente posseggono. C'è anzitutto da dire che le ostriche servite non erano dozzinali ma frutto di una attenta selezione curata dal bretone Jean Jaques Cadoret, uno dei maggiori allevatori di questi molluschi che in prima persona ha spiegato le differenze d'allevamento ancorché di forma, consistenza e sapori tra la selvatica "Fine de Binic", la vellutata "Belòn", la piatta, ricercatissima, enorme "Belòn du Belòn" e la verdognola "Fine de claire" dal delicato sapore di nocciola. Crude e al naturale, ça va sans dire, ma anche cucinate con maestria rispettivamente da Philippe Léveillé chef del ristorante "Miramonti l'altro" e dal picaresco Vittorio Fusi de "Il Volto" di Iseo. C'è di più, le Cantine Majolini (20 ettari di proprietà, 140.000 bottiglie prodotte, 5% spedite curiosamente non in Europa ma in Brasile e isole Cayman) sono diventate anche editrici producendo una raffinata collana a edizione numerata di "Quaderni di Cantina" dedicati al fascinoso universo enoico, ponendo in evidenza con rari precisi documenti valori e tradizioni.

Giuseppe Cremonesi



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