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LUOGHI, FATTI E PERSONE
Andiamo, è
tempo
di guide
Parafrasando
una vecchia poesia i calepini della ristorazione "migrano"in
libreria causando fibrillazioni tra chef e patron.
Mi verrà perdonato se scherzosamente utilizzo l'incipit di una
poesiola mandata a memoria alle elementari per parlare delle guide gastronomiche.
La cosa però è calzante perché come la caduta delle
foglie, le caldarroste e i funghi, tra i primi di ottobre e dicembre per
l'universo della ristorazione è tempo di guide. Molte. Tante. Tantissime,
ma evidentemente non ancora troppe. Quantomeno per gli editori. Fatti
due conti si stima che questo business valga una quindicina di milioni
di euro di sole vendite alle quali va aggiunta una cifra insondabile ricavata
dagli inserti pubblicitari. Sempre celiando, considerata la loro numerosità,
mi vien da buttar là che occorrerebbe una guida speciale per districarsi
tra le tante stampate sia da prestigiose case editrici sia da tipografie
semi carbonare.
Ne dimenticherò certamente qualcuna, tuttavia a mo' di ripasso,
provo ad elencare le più note. La più seguita, la più
costosa (euro 21,50) e la più diffusa (200.000 copie di tiratura)
rimane la rossa "Michelin", incalzata da quella dell'"Espresso"
curata da Enzo Vizzari, da quella dell'antagonista "Panorama"
scritta da Antonio Piccinardi, e ancora del "Gambero Rosso",
dell'"Accademia Italiana della Cucina", quella di "Slow
Food", del "Touring", di "Veronelli", della "Bmw",
del "Sole-24 Ore" curata da Davide Paolini, quella di "Quattroruote",
e ancora da "Maccheronica" della Mondatori (in ordine di tempo
è stata la prima a vedere la luce quest'anno) mentre il mondo della
risto-gastronomia è minacciato nientemeno che da Susy Blady e Patrizio
Roversi, ovvero quel curioso duo che con troupe al seguito e a spese della
Rai (ossia nostre) ha girato il mondo in lungo e in largo e che proporrà
a breve, per i tipi di Edagricole, "Golosi per caso". A queste
guide nazionali vanno aggiunte quelle regionali, provinciali e tra un
po' quelle di quartiere.
Allora, evviva o abbasso le guide? Per l'onor del vero qualche pregio
l'hanno avuto ed in parte l'hanno tuttora: ossia di orientare alla meno
peggio i commensali verso locali sicuri e verificati da esperti. A questo
proposito non entrerò nel merito, potrei subire la gogna, tuttavia
riguardo alle verifiche, qualche dubbio rimane. A partire dai prezzi,
che sono prudentemente ancorché necessariamente indicativi. Ma
indicativi lo sono di molto. Poi ci sarebbe il fatto che alcuni nomi che
appaiono anche nelle edizioni in corso, non ci sono più, nel senso
che hanno cambiato insegna, gestione, linea di cucina, e spesso anche
indirizzo. Dettagli.
Sottolineare omissioni, superficialità, piccole e grandi partigianerie
e svarioni assortiti si entra in un circolo non proprio virtuoso. Meglio
sorvolare e chiederci a chi giovano.
Dell'editoria si è detto: è un buon business. Per gli autori
magari questo grande business non è, tuttavia sicuramente guadagnano
quel valore aggiunto chiamato notorietà. Chi di sicuro guadagna
è una categoria professionale a prima vista avulsa da questo contesto.
Sono i cardiologi. Infatti, occorre sapere che all'uscita di queste guide,
patron, chef, maître, camerieri, lavapiatti, sommelier, cantinieri
e l'intero universo della ristorazione e dei santuari di Bacco entra in
fibrillazione. Ovviamente queste aritmie ufficialmente non sono denunciate,
anzi generalmente sono negate, ma esistono. Eccome. Colpa anche dei media,
quindi di noi tutti, che presi da una sorta di incontrollata vertigine
riportiamo spesso enfaticamente le classifiche stilate dai curatori in
grado di portare sugli altari il tal ristorante o crocefiggendo il tal
altro per qualche millesimo di punto (o di forchetta, di faccina, di stellina
ecc) in meno. E il consumatore-commensale ci crede? Ah saperlo!
Giuseppe Cremonesi
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