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LUOGHI, FATTI E PERSONE
ACCISE PIÙ
PESANTI SU VINO E BEVANDE ALCOLICHE
Quando giorni fa, da fumatore-untore, scrivevo su questo sito
una personalissima riflessione circa il divieto appunto di fumo nei pubblici
esercizi. In quel pezzullo, senza essere un geniale chiaroveggente, paventavo
che prima o poi una qualche forma, se non di divieto vero e proprio (per
ora) ma quantomeno una "stangata" avrebbe raggiunto anche il
settore degli alcolici. Puntualmente ciò è avvenuto con
un aumento delle accise. In questo caso il promotore non è stato
il Dicastero dell'ineffabile Girolamo Sirchia ma del Governo del quale
il Nostro fa parte così come è parte integrante il Ministro
delle Politiche agricole Alemanno che non ha mosso un dito per impedire
o quantomeno ostacolare un aggravio che va a penalizzare un settore, in
particolare quello enoico, che è riuscito dopo lunghi anni a guadagnare
stima e credibilità sui mercati. Non bastassero i ricarichi vampireschi
di gran parte della ristorazione, ecco aggiungersi tassazioni più
onerose così che pagheremo vino, grappa e sambuchina come gioielli
di Bulgari. A meno che masochisticamente berremo vini sudafricani, cileni
o californiani con buona pace del made in Italy.
Accludo la lettera aperta emanata in data odierna dalla Federvini che
spiega lucidamente l'ennesimo sfondone (leggi: cazzata) dei Signori del
Palazzo.
Giuseppe Cremonesi
LETTERA APERTA AL GOVERNO
Roma, 14 marzo 2005 - Il Governo ha aumentato di almeno il 10% le accise
sulle bevande alcoliche, anche se la misura definitiva ancora non è
conosciuta.
In che modo questa misura possa contribuire al rilancio della competitività
della nostra economia resta un mistero.
La realtà è che si è voluto finanziare gli sgravi
IVA in agricoltura facendo del male ad altre e molte aziende italiane.
Aziende che rappresentano una parte cospicua di quel made in Italy blandito
dunque solo a parole!
Aziende che danno lavoro in Italia, che acquistano importanti quantità
di materie prime agricole italiane, e non all'estero, come forse sembra
credere il Ministro delle Politiche Agricole e Forestali, tanto da citare
in conferenza stampa il whisky, il cui mercato da noi è in declino,
ma non le produzioni nazionali duramente colpite dall'incremento delle
accise (grappa, amari, limoncello, mirto, sambuca, vermouth, Marsala,
e così via). Ministro il quale, evidentemente, non si rende conto
che non è una politica seria e coerente quella di sostenere un
segmento della filiera agro-alimentare (magari considerato elettoralmente
più lucroso) a danno di un altro che da tempo immemore sta cercando
di tenere alta la bandiera italiana.
Non solo. E' incredibile che nel varare il pacchetto sulla competitività,
non ci si sia posto il problema di non sovraccaricare fiscalmente un settore
che, già all'inizio del 2004, aveva subito un aumento delle accise
del 14%.
Un onere aggiuntivo, dunque, di almeno il 25% in meno di un biennio. Un
onere che, se si aggiunge l'IVA che grava sull'accisa (una tassa sulla
tassa, paradosso dei paradossi del nostro sistema tributario), arriva
al 30%. L'erosione di volumi generata dalla maggiore pressione fiscale
ha pressoché interamente assorbito l'aumento di imposta. Risultato:
nessun beneficio per le casse dello Stato. Il Governo, insomma, non soltanto
contraddice l'obiettivo di una riduzione della pressione fiscale, ma continua
a far male alle nostre imprese, ai nostri lavoratori e ai nostri consumatori,
senza guadagnarci nulla.
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