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FATTI E
PERSONE
Economia: dalla campagna 200mila posti di lavoro entro
il 2030
A Bologna il primo appuntamento del
ciclo di iniziative “Il territorio come destino”. Tre incontri
pubblici sul ruolo e il futuro dell’agricoltura organizzati dalla
Cia in previsione di Expo 2015. “Nei prossimi 15 anni gli italiani
torneranno a sfruttare meglio la terra, tra innovazioni e multifunzionalità
dell’impresa agricola, esiste un potenziale economico ancora inespresso
di oltre 40 miliardi di euro all’anno”.
L’agricoltura e l’agroalimentare producono ogni hanno un fatturato
vicino ai 300 miliardi di euro. Sono oltre 20 mila gli agriturismi disseminati
sul territorio e oltre 80 mila le aziende che sviluppano molteplici attività,
dalla produzione di energie alla manutenzione delle aree verdi anche urbane.
Già oggi questo “movimento” multifunzionale produce
molto, ma ci sono ampi margini di crescita economica. E’ ragionevole
stimare che nei prossimi 10/15 anni le attività connesse all’agricoltura
sposteranno più di 40 miliardi di euro l’anno con la prospettiva
di garantire circa 200 mila nuovi posti di lavoro. Questi dati e considerazioni
sono emersi nel corso del convegno nazionale promosso dalla Cia-Confederazione
italiana agricoltori sul tema: “Verso il territorio come destino”,
che si è svolto a Bologna alla presenza, tra gli altri, del ministro
dell’Ambiente Gian Luca Galletti.
“Anche se il Paese continua a respirare una crisi persistente -ha
evidenziato il presidente nazionale della Cia, Dino Scanavino, nel suo
intervento- nell’agricoltura e nel territorio rurale ci sono sempre
nuove idee ed energie per superare l’impasse e creare ulteriori
occasioni di reddito e sviluppo. E infatti nelle aziende diversificate
il contributo della multifunzionalità sulle entrate complessive
arriva al 25%, superando il 30% nel caso delle imprese agricole “under
40”, grazie anche a una maggiore attitudine al rischio e propensione
a fare innovazioni di processo e di prodotto. Ma anche grazie a una più
elevata sensibilità per le tematiche sociali e ambientali”.
Secondo l’analisi della Cia, supportata da un’indagine recente
realizzata in collaborazione con il Censis, “l’impresa agricola
recupera vigorosamente una dimensione sociale, culturale, che si affianca
a quella puramente economica: propone e influenza stili di vita e di consumo,
fa innovazione sociale, produce esternalità positive nella società
e nel modo di concepire l’impresa, il territorio, il mercato, le
relazioni umane e famigliari. Basti pensare al fenomeno della multifunzionalità
dell’agricoltura, e in particolare agli agri-nidi, alle fattorie
sociali e didattiche, agli agriturismi, ma anche alla crescente attenzione
verso la responsabilità sociale d’impresa all’interno
del comparto: fenomeni, questi, che insieme al fermento economico, rappresentano
i principali fattori di mutamento all’interno del nostro patrimonio
agroalimentare, e dai quali il 39,7% degli italiani, e specialmente quelli
del Centro (44,5%) - dove queste dimensioni sono ben più radicate
- si aspetta che possa derivare l’impulso al cambiamento della vita
materiale, e non solo. Soltanto dalla riqualificazione del patrimonio
artistico e architettonico (55,3%) sembrano derivare potenziali d’impatto
ancora più profondi, anche per via della situazione più
complicata che esso attraversa, e che rappresenta ormai un problema strutturale
per il nostro Paese”.
Quindi -sottolinea la Cia- la multifunzionalità prima di tutto.
Infatti, il segreto del successo delle imprese agricole più competitive
è la valorizzazione delle attività connesse, associate a
quelle classiche, che in 7 casi su 10 sono interpretate in chiave innovativa.
Ma sempre nel solco delle tradizioni, delle tipicità locali e dell’ecosostenibilità.
Alla domanda -rivela la Cia- di indicare in quali settori incentiverebbero
un figlio, nipote o conoscente a puntare per il futuro nella scelta degli
studi e del lavoro, se il 48,2% degli italiani si orienta verso le nuove
tecnologie (nanotecnologie, biotecnologie, bioingegneria), il 16% propende
per l’agricoltura, nonostante in più casi questa contempli
la necessità di assumersi il rischio d’impresa e resti un
mondo complesso, in cui accedere non sempre è semplice. Peraltro,
se si aggrega il dato riferito all’agricoltura a quello riportato
dalle nuove energie (32,3%) e dal turismo (21,8%), attività strettamente
interrelate alla prima, in un’ottica di multifunzionalità
che sempre più trova spazio nel settore primario, la soglia riferita
alle nuove tecnologie -conclude la Cia- è largamente superata.
(www.cia.it)
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