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FATTI E
PERSONE
Giovani: uno su tre è senza lavoro.
Ripartire dai campi per “coltivare” l’occupazione e
vincere la crisi. Ma agli agricoltori “under 40” servono terra
e credito
Dall’assemblea annuale
dell’8 maggio a Roma, l’Agia-Cia lancia un appello al neo
ministro delle Politiche agricole Nunzia De Girolamo: renda attuativa
la norma sulla vendita dei terreni demaniali con diritto di prelazione
per i giovani, “congelata” da quasi un anno. In Italia i prezzi
di mercato sono tra i più alti in Ue: quasi 18 mila euro per un
ettaro contro i 6.500 della Germania. Serve un cambio di rotta anche sull’accesso
a prestiti e finanziamenti: 4 aziende “junior” su 5 denunciano
difficoltà enormi e zero agevolazioni. Ma il loro apporto al settore
è fondamentale: hanno più Sau media (38,2 ettari), più
addetti (2,1 unità) e fanno più fatturato (+15%) delle aziende
“over”.
Per ricostruire l’Italia bisogna ripartire dalla terra. E i giovani
agricoltori sono pronti ad accettare la sfida, a prendersi la responsabilità
della ripresa, accogliendo nel settore chi è rimasto senza lavoro
e chi con la crisi un lavoro non l’ha mai trovato. Ma per farlo
hanno bisogno di due “strumenti” fondamentali: credito e terreni
da coltivare. Ecco perché oggi lanciano un appello al governo,
in particolare al neo ministro delle Politiche agricole Nunzia De Girolamo:
incoraggi e sostenga forme di finanziamento agevolato agli “under
40” e, soprattutto, rimetta mano al provvedimento sulla vendita
e l’affitto dei terreni demaniali, con diritto di prelazione per
i giovani, come previsto dall’articolo 66 del decreto legge 24 gennaio
2012, poi rimasto lettera morta. E’ questa in sintesi la proposta
dell’Agia-Cia, l’associazione nazionale dei giovani imprenditori
della Confederazione italiana agricoltori, riuniti questa mattina a Roma
in occasione dell’assemblea annuale.
Nell’ultimo anno il tasso di disoccupazione giovanile ha toccato
il record assoluto, attestandosi al 35,3 per cento, il livello più
alto da 35 anni, ovvero dal 1977 -ricorda l’Agia Cia-. Di contro
l’agricoltura è l’unico settore produttivo che, nonostante
le difficoltà e i costi alle stelle, ha difeso e moltiplicato i
posti di lavoro, con un incremento delle assunzioni del 3,6 per cento
nel 2012. Per questo bisogna investire sul comparto, favorendo da un lato
il ricambio generazionale in agricoltura, visto che ancora oggi per ogni
agricoltore “under 40” ce ne sono 14 “over 65”,
e dall’altro accrescendo l’attrattività del settore
verso una platea più ampia. L’agricoltura, cioè, potrebbe
fungere da “calamita” e ammortizzatore sociale, tanto più
che oggi la vita nei campi dimostra di avere un appeal tutto nuovo capace
di attirare un gran numero di giovani dai curricula più vari. Sono
in costante aumento, infatti, i laureati in lettere nonché i dottori
in lingue o in economia che decidono di scommettere sul lavoro in campagna
e reinventarsi produttori dopo che la crisi ha chiuso le porte dei loro
settori.
Ma per agevolare l’ingresso delle nuove leve in agricoltura bisogna
prima di tutto agevolare l’accesso al bene terra. In un Paese segnato
dalla scarsa mobilità fondiaria, acquistare ai prezzi di mercato
è quasi impossibile: se in Francia un ettaro costa in media 5.500
euro e in Germania 6.500 euro, in Italia -sottolinea l’Agia Cia-
un ettaro di terreno viaggia mediamente intorno ai 18 mila euro. E anche
l’affitto, soprattutto in alcune zone a forte caratterizzazione
produttiva e territoriale, è proibitivo. Fatte queste considerazioni,
diventa quindi incomprensibile quanto accaduto alla norma del decreto
Liberalizzazioni che prevedeva la locazione e la vendita dei terreni a
vocazione agricola di proprietà pubblica, in buona parte nella
disponibilità di regioni ed enti locali, con diritto di prelazione
per i giovani. Grazie al provvedimento si sarebbero di fatto “svincolati”
circa 380 mila ettari, che vuol dire la possibilità di creare quasi
50 mila nuove imprese guidate da “under 40”. Invece il 30
giugno scorso sono scaduti i termini per l’emanazione del decreto
con l’elenco dei terreni demaniali da dismettere e tutto è
rimasto “congelato”. Per questo -ribadisce l’Agia Cia-
ora chiediamo al neo ministro De Girolamo, di concerto con il ministero
dell’Economia, di riprendere in mano l’iter del provvedimento,
lavorando per emanare entro il 30 giugno 2013 il decreto attuativo con
la lista dei terreni da cedere. In questo modo non solo si stimolerebbe
la crescita e la ripresa economica, puntando su un asset unico del Paese
che tra produzione agricola e industria agroalimentare vale il 15 per
cento del Pil, ma si genererebbe nuova occupazione. Tutta giovane.
Ovviamente, oltre al problema della terra, resta ancora irrisolta anche
la questione del credito -continua l’Agia Cia-. Se tre imprese agricole
su cinque denunciano difficoltà enormi nell’accesso ai finanziamenti,
tra le aziende “junior” la percentuale sale a quattro su cinque.
La contrazione record delle erogazioni al settore nel 2012 (-22 per cento
pari in termini assoluti a 613 milioni di euro in meno assegnati nell’anno)
ha coinvolto soprattutto le imprese giovani, a cui le banche sono più
restie a concedere prestiti. Eppure, messe in condizioni di operare, le
aziende guidate da “under 40” hanno un potenziale economico
altissimo: il 40 per cento in più dei colleghi “maturi”.
Per questo l’Agia chiede al governo e ai ministri competenti misure
“ad hoc” per la categoria: un progetto sul microcredito specifico
o un sostegno finanziario al primo insediamento, ma anche agevolazioni
alla nascita di forme di collaborazione tra giovani in reti d’impresa
o una riduzione del cuneo fiscale in particolare nella fase di “start
up”. Considerato che ad esempio solo gli oneri burocratici costano
a ogni azienda più di 7mila euro l’anno.
“Bisogna scommettere sull’ingresso dei giovani in agricoltura
-ha affermato nel corso dell’assemblea il presidente dell’Agia,
Luca Brunelli-. Si tratta di una scommessa vincente, perché gli
‘under 40’ pensano in grande, sono preparati e creativi, hanno
voglia di crescere e di sperimentare, aprono le porte all’innovazione
e all’internazionalizzazione”. E’ vero, in Italia si
tratta di un esercito ancora piccolo, le aziende agricole “junior”
sono 161.716. “Vuol dire che le imprese con conduttori di età
inferiore a 35 anni sono solo il 5,1 per cento, contro l’8,7 per
cento della Francia o il 7,1 per cento della Germania -ha evidenziato
Brunelli- mentre se si allarga il ‘range’ agli ‘under
40’ si arriva al 9,9 per cento del totale. Ciononostante, l’apporto
delle nuove generazioni è fondamentale per il settore”. Basti
pensare che a livello strutturale “già oggi le aziende guidate
da giovani hanno a disposizione una Sau media (38,2 ettari) e un numero
di addetti (2,1 unità medie lavorative) maggiore rispetto alle
aziende ‘over’ -ha osservato il presidente dell’Agia-.
E anche dal punto di vista finanziario, le imprese condotte da giovani
realizzano un maggior rendimento della produzione agricola rispetto a
quelle condotte dai ‘senior’ (il 15 per cento in più
in media)”.
Insomma, “sono i giovani a modernizzare l’agricoltura italiana,
a renderla davvero multifunzionale -ha detto il presidente della Cia,
Giuseppe Politi, chiudendo l’assemblea-. E questo nonostante i vincoli
e il carico di oneri e burocrazia che certo non incoraggia a fare impresa.
Ecco perché bisogna aiutare e sostenere chi decide di investire
sul lavoro dei campi e creare una nuova impresa”. D’altra
parte, ha chiosato Politi, “non esiste un futuro senza agricoltura,
perché è la terra a sfamare il mondo. Ma l’agricoltura
stessa non può sopravvivere per sempre se le nuove generazioni
restano fuori dal mercato”.
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