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FATTI E
PERSONE
La rivoluzione nei campi dei contadini digitali
È boom di aziende agricole che usano il web. Una nuova generazione
mette le sue competenze informatiche al servizio della terra
Prima sono arrivate le parole. Una definizione così scontata da
apparire vuota: i contadini 2.0. Poi è stata la volta dei numeri:
il boom di aziende agricole conquistate dalla Rete in dieci anni. Da cinque
a ventinovemila siti internet, da tre a ventisettemila esperimenti di
commercio elettronico.
Adesso arrivano le storie e niente è così potente come le
storie dei nuovi contadini a raccontarci la piccola, grande rivoluzione
in corso nelle nostre terre. Perché sono storie di giovani e non
più giovani che hanno studiato altro e spesso facevano altro ma
a un certo punto della loro vita hanno deciso di mollare tutto e andare
a vivere in campagna. Non per ritirarsi ma per reinventarsi: per mettere
le loro competenze e la loro cultura digitale al servizio della terra.
"Sono una nuova generazione di artigiani della terra e della rete"
secondo la felice definizione di Giampaolo Colletti che mercoledì
e giovedì li ha invitati tutti a Bologna per il primo festival
dei wwworkers, i lavoratori digitali. È da qualche anno che Colletti
studia i cosiddetti wwworkers, italiani che hanno mollato il lavoro dipendente
e si sono messi in proprio sfruttando le notevoli e spesso ancora sconosciute
potenzialità della Rete. Ma è la prima volta che sulla scena
irrompono i contadini digitali. Dice Colletti: "Quasi tutti hanno
mollato il vecchio e stressante lavoro fatto di cartellini da timbrare
per abbracciare quello durissimo del coltivare la terra e vendere i suoi
frutti. Il bio è la loro religione, ma è un credo che professano
insieme a migliaia di utenti consumatori finali, raggiunti con molta più
facilità oggi grazie a internet".
E quindi le storie. C'è Paolo Ferraris, 33 anni, di Vercelli, un
diploma di industrial designer messo in un cassetto per fondare "le
verdure del mio orto", non solo un sito dove vendere frutta e verdura
biologica: "Vogliamo dare al cliente una maggiore consapevolezza
di ciò che mangia, rendendolo artefice delle semine, consegnandogli
i prodotti la cui tracciabilità è assoluta. Così
i clienti possono anche crearsi un orto virtuale (scegliendo la grandezza
e la tipologia della verdura) che verrà riprodotto in azienda".
C'è Chiara Innocenti, 36 anni, di Arezzo, che faceva la controller
in una azienda di credito e oggi con due soci ha aperto "Tunia"
per vendere oli e vini attraverso la Rete perché "non esistono
altri mezzi altrettanto efficaci per contattare il consumatore finale".
C'è Soira Bazzo, 31 anni, di Conegliano Veneto, che faceva l'assistente
di volo e oggi vende semi per farsi l'orto in un vaso "perché
ci siano più terrazzi coltivati e meno balconi vuoti". Il
sito si chiama "piccolovegsforpots" che sta più o meno
per piccole verdure per vaso ed è nato così: "Io e
il mio ragazzo facevamo l'orto sul balcone di casa nostra e abbiamo iniziato
a cercare dei semi all'estero. Abbiamo trovato tante persone che si interessavano
a pomodori e peperoni adatti a quello che all'estero chiamano container
gardening. Così ora vogliamo diventare il punto di riferimento
in Italia per chi vuole iniziare un orto in vaso".
Ma la storia che più di tutte le altre rende l'idea di questa rivoluzione
al contrario in corso, di questo passaggio dai computer alla vanga (che
è un bello slogan ma fuorviante perché come abbiamo visto
poi la internet e i computer sono fondamentali per dare di nuovo un senso
non solo economico al vecchio lavoro della vanga), la storia simbolo è
quella di Eutorto. Eutorto è un orto. È l'orto fatto qualche
anno fa da venti lavoratori in cassa integrazione di Eutelia. Eutelia
non è un nome molto noto al pubblico eppure è una società
di telecomunicazioni importante, con dodicimila chilometri di rete e una
storia travagliata che inizia nel 2004 ad Arezzo e che qui non è
possibile ricostruire. Ma insomma, nel 2009 circa duemila dipendenti vengono
messi in cassaintegrazione e venti di loro (ingegneri, matematici, amministrativi:
gente che ha gestito progetti informatici per Banca d'Italia, ministeri,
Campidoglio eccetera) decidono di ripartire dalla terra e prendono in
gestione tremila metri quadrati all'Ardeatino, nella zona sud di Roma.
E ci fanno un orto. E l'orto funziona. Il loro diario semiserio pubblicato
sul sito non è solo il resoconto puntuale dello stato dei cavoletti
e dei peperoni, è la risposta di chi non si è arreso ad
un destino ingiusto, di chi non si è rassegnato, di chi ha scelto
di restare unito agli altri compagni di sventura. E ricominciare. Dalla
terra.
(Riccardo Luna - www.repubblica.it)
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