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FATTI E
PERSONE
I comportamenti alimentari degli Italiani nella crisi
Executive summary della ricerca demoscopica svolta da Astra
Ricerche per Granarolo
Il 59% degli Italiani ha ridotto i consumi
personali nell’ultimo anno.
Dalla ricerca emerge un quadro di arretramento drammatico dei consumi
generali degli Italiani.
Un quadro negativo di diminuzione dei consumi vale per il 59 % della popolazione1
(22,7 milioni di Italiani) cui si aggiunge un 28% del campione che ha
mantenuto “stabili” i propri consumi (10,7 milioni pari al
2%) ma il cui riferimento è di una base di spesa già ridotta
negli ultimi anni.
La diminuzione dei consumi è stata per quasi un terzo assai consistente:
al di sopra della media troviamo gli ultra 34enni, i residenti in Lazio
e al Sud oltre che nei piccoli comuni, i lavoratori autonomi e i salariati
con gli ‘inattivi’ (pensionati, casalinghe, studenti, disoccupati).
Il futuro non vede rosa.
Nei prossimi dodici mesi il 46% non prevede alcun recupero mentre il 39%
ipotizza un decremento (per un quarto assai forte): il pessimismo risulta
massimo tra i 45-64enni, i residenti nelle aree metropolitane, i pensionati
e i salariati.
Il 40% degli Italiani ha ridotto i consumi
alimentari nell’ultimo anno.
I consumi alimentari hanno risentito della crisi ma meno dei consumi totali:
nell’ultimo anno il 40% dei 15-64enni li ha diminuiti (con le medesime
accentuazioni esaminate prima e con meno di un quarto di forti riducenti
le spese per alimentazione e bevande) e il 48% li ha mantenuti stabili.
Lo stesso vale per i dodici mesi successivi all'intervista: se il 48%
non vede mutamenti, non supera il 27% la quota di coloro che ipotizzano
un decremento.
La stragrande maggioranza, 23,5 milioni (60,8% del campione) li vede stabili.
Il confronto tra discesa dei consumi in generale e consumi alimentari
vede i secondi leggermente meno colpiti, soprattutto in termini di aspettative
per il futuro. Il 72% degli italiani protegge la qualità anche
durante la crisi.
Anche in tempo di crisi, la qualità del cibo rappresenta un aspetto
importante per l’alimentazione degli Italiani.
I nostri connazionali appaiono disposti a ridurre - volenti o nolenti
- le quantità ma cercano in ogni modo di non cedere sulla qualità
di quel che mangiano e bevono: infatti, il 61% è riuscito nell’ultimo
anno a difenderla e l’11% addirittura a migliorarla, col restante
28% che è stato costretto a ridurla (nella metà dei casi
solo per taluni prodotti). E anche per il futuro, per i prossimi dodici
mesi il 66% ipotizza stabilità, il 14% incremento e il 20% decremento
(prevalentemente non generalizzato).
Il cibo è centrale per il 90% degli
Italiani
Il Paese rimane comunque adorante mangiare e bere: per il 44% senza riserve
e per il 46% con preoccupazioni economiche e con timori circa la sicurezza
alimentare. Per di più esso è convinto che l’alimentazione
abbia un ruolo non solo rilevante ma decisivo per quel che riguarda la
salute (75%), la prevenzione delle malattie (63%), l’allegria e
il buon umore (54%), la cura delle malattie (54%), l’efficienza
nel lavoro e nello studio (45%), la felicità (44%), la sessualità
(32%), le relazioni con gli altri (31%), il carattere e la personalità
(28%).
La crisi picchia sull’andamento dei
consumi alimentari quotidiani
Certo, la crisi ‘picchia’: su 29 tipi di prodotti considerati
di uso quotidiano solo per 2 (frutta e specialmente verdure) è
positivo il saldo tra aumentanti e calanti il consumo dalla primavera
2012, mentre per tutti gli altri i decrescenti battono gli incrementanti
(di poco per pasta, uova, latte HD, latte UHT, acqua minerale, caffè,
latte fresco, integratori alimentari; di più per cibi dietetici,
pane, olio, yogurt; molto per surgelati, biscotti, formaggi, pesci, condimenti/sughi,
vino; moltissimo per birra, cracker/snack salati, merendine, cioccolata,
bevande gassate; ancora di più per gelati industriali, carne rossa,
dolci/torte).
E cambiano i modelli di consumo :
I fattori che influenzano le scelte di
consumo alimentare in tempo di crisi.
E non è solo questione di arretramento: mutano i modelli di consumo,
se è vero che nell'ultimo anno i consumatori dichiarano di dare
maggior importanza ad alcuni fattori: i prezzi (80%) e anche alla sicurezza
(62%), all’origine (57%), alla qualità (50%) del food &
beverages.
Ridurre lo spreco alimentare, una strategia
condivisa in tempo di crisi.
Inoltre, ben il 90% riferisce d’un maggior impegno proprio e dei
propri familiari nel ridurre gli sprechi - con i maschi e i giovani lievemente
sotto media-. Come? Acquistando meno prodotti (52%), conservando e utilizzando
gli avanzi (50%), acquistando confezioni più piccole (20%), facendo
porzioni più piccole (16%) oltre che con molte altre tecniche minori.
La “ridomesticizzazione” cambiano
gli stili di vita in relazione al cibo.
Di più è in atto una “ridomesticizzazione” :
la gente mangia assai di più in casa (64%) e meno al bar (67%)
o al ristorante (66%) o in mensa (42%); preferisce i prodotti scontati/in
promozione (60%); ‘taglia’ il ricorso ai cibi etnici (37%);
recupera cibi e ricette tradizionali (29%); mangia e beve meno prodotti
‘bio’ (21%) o del commercio equo e solidale (20%).
Colpisce poi che una parte non piccola dichiari di saltare alcuni pasti
(18%); di fare meno da mangiare per puro piacere (13%); e persino riduce
il numero delle porzioni ai pasti (2%).
La fiducia
Muta anche la mappa dei soggetti nei quali gli Italiani ripongono la loro
fiducia se si tratta di alimentazione: L’agricoltura e la vicinanza
alla natura hanno un revival importante in generale nell’ultimo
anno sono risultati in crescita gli agricoltori e gli allevatori (18%),
i piccoli produttori artigianali (18%), la GDO (7%) e le sue private labels
(7%) mentre appaiono in calo il dettaglio tradizionale (-10%), le marche
minori dell’industria (-14%), quelle grandi e famose (-17%), l’ambulantato
(-20%).
Le fonti d’informazione e orientamento
Nel contempo si modifica il bouquet delle fonti di informazione sulla
sicurezza e sulla salutarietà degli alimentari e delle bevande:
cresce velocemente il web, ormai al primo posto prima della tv, del ‘tam
tam’ di familiari/amici/conoscenti, della stampa, delle organizzazioni
consumeristiche, della radio, dei medici, degli insegnanti/allenatori/preparatori
atletici.
Le etichette, uno strumento seguito, ma
migliorabile
Non sorprende che solo il 6% dei 15-64enni non legga mai le etichette
e che il 60% lo faccia spesso (con - al solito - i maschi e i giovani
al di sotto della media). Inoltre, il 41% le legge interamente e il 37%
solo per la parte che gli interessa. Ma emerge un problema: quasi il 40%
esprime riserve - anche gravi - sulle etichette, criticandole per non
essere chiare (anche in quanto troppo tecniche e/o scritte in corpo esageratamente
piccolo: 25%), per risultare incomprensibili (10%), per essere poco credibili
se non persino menzognere (7%).
In ogni caso le etichette vengono lette con più obiettivi: conoscere
la data di scadenza del prodotto (55%), i suoi ingredienti e modi di preparazione
(49%), la provenienza (42%), i consigli di conservazione e d’uso
(28%), l’eventuale presenza di sostanze dannose per la salute propria
e dei familiari (28%), la denominazione DOP o DOC (18%), le indicazioni
circa lo smaltimento e la raccolta differenziata (17%).
Gli italiani favorevoli a un’etichetta sulla filiera italiana
Il 52% del campione sostiene di conoscere il significato del termine filiera
e il favore degli intervistati per la filiera solo italiana risulta dominante:
per il 65% forte e per il 32% medio oppure forte ma solo per alcuni prodotti.
Ne consegue un gigantesco goodwill del 92% per un simbolo che indichi
che un prodotto alimentare o una bevanda sono prodotti solo in Italia
e solo con materie prime italiane: il 78% lo vorrebbe per tutti i prodotti
e il 14% solo per alcuni.
Disposti a riconoscere un differenziale
di prezzo
Malgrado le difficoltà di questo lungo periodo di crisi, il 54%
degli intervistati (20,9 milioni) si dice disposto a pagare un po’
di più un prodotto connotato da un simbolo o icona di garanzia
che indichi che un prodotto alimentare o una bevanda sono prodotti solo
in Italia e solo con materie prime italiane.
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