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ENTI E
MINISTERI
Carissima Italia, quanto ci costi la spesa conviene
farla all'estero
Una buona amministratrice domestica - una mamma, tanto per intenderci
- dovrebbe aver qualche aiutino per risparmiare. Come essere dotata di
un piccolo jet con autista, posteggiato nel parcheggio condominiale, ovviamente
a costo zero. Solo così potrebbe fare la spesa quotidiana «perfetta».
Di primo mattino basterebbe farsi accompagnare dal solerte comandante
innanzitutto in Polonia per comprare latte, uova e formaggi e risparmiare
un bel quaranta per cento rispetto ai prezzi nostrani. Farebbe anche man
bassa di carne perché lì costa addirittura la metà
di quella venduta nelle nostre macellerie. La seconda pausa tecnica andrebbe
fatta in Bulgaria per acquistare pane fresco, cereali e qualche bottiglia
di superalcolico per risparmiare un sostanzioso trenta per cento. Il vizio
del fumo è invece meno costoso in Ungheria, ultima tappa del tour
culinario prima di atterrare nel solito parcheggio condominiale e fiondarsi
ai fornelli in tempo per il pranzo con la sensazione di non essere stata
«spennata» dai negozi sotto casa.
Ma questo è un sogno molto costoso e poco ambientalista. La realtà
quotidiana di molte casalinghe è un carrello sempre più
vuoto a fine spesa così come il rispettivo borsellino. Le statistiche
lo confermano. Purtroppo - segnala la Coldiretti sulla base dei dati Eurostat
- fare la spesa in Italia costa l'11 per cento in più della media
europea. E, beffa per il paese della buona cucina, per i formaggi e le
uova si spende il 26 per cento in più degli altri paesi, per la
carne il 15 per cento, il 14 per pane e cereali. Solo sui tabacchi e le
bevande alcoliche si risparmia uno stiracchiato 2 per cento: magra consolazione.
E non pensate che i prezzi siano più bassi che da noi solo nell'Europa
dell'Est: per molti generi si risparmia anche nei supermercati della ricca
Germania.
Ma c'è chi sta peggio di noi. Come la Danimarca che paga quasi
tutti gli alimentari un bel 43% in più della media, tranne il pane
che è ancora più caro. L'Irlanda, invece, è un paese
inviso ai fumatori perché un pacchetto di bionde costa il doppio
della media. La Finlandia segue politiche sanitarie rigide quando fissa
il prezzi degli alcolici alle stelle (il 75 per cento superiori a quelli
medi). In Austria, paese dei pascoli, la carne lievita di un terzo, mentre
è Cipro che si aggiudica la medaglia d'oro dei prezzi più
alti di latte, formaggio e uova (41 per cento in più della media
europea).
Insomma, solo i polacchi possono sorridere alla cassa dei supermercati
dove risparmiano il 40% circa rispetto agli altri cittadini Ue. Ma lì,
i livelli di controlli e di sicurezza sugli alimenti non sono rigidi come
quelli di casa nostra. Certo, in tempi di crisi profonda, è una
consolazione a metà. L'obiettivo nostrano, infatti, è risparmiare
garantendo la qualità. Ma è difficile visto che il nostro
paese è costretto a importare oltre un quarto del proprio fabbisogno
alimentare e quasi la metà del latte e la carne. Tutta colpa, dice
Coldiretti, di un modello di sviluppo industriale sbagliato che ha tagliato
del 15 per cento le campagne e fatto perdere negli ultimi venti anni 2,15
milioni di ettari di terra coltivata. Ogni giorno, infatti, viene sottratta
terra agricola per un equivalente di circa 400 campi da calcio (288 ettari)
ed è così aumentata la dipendenza dall' estero. La produzione
nazionale, infatti, l'anno scorso ha garantito solo il 75 per cento del
fabbisogno alimentare degli italiani. Il resto è importato. Ma
invertire la tendenza si deve e si può. E gli italiani stanno cambiando
il modo di comprare il cibo. È una mini rivoluzione che viene dal
basso, lenta ma efficace. Si basa sul passa- parola, sulle iniziative
di quartiere. Alcune scuole di Milano, per esempio, offrono il cortile
per ospitare i contadini con i loro prodotti. E davanti ai loro banchi,
pieni di frutta, verdura e formaggi locali, c'è la coda. E in un
anno ventuno milioni di italiani hanno acquistato prodotti locali. E almeno
non serve il jet. (www.ilgiornale.it)
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