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FATTI
E PERSONE
Batteriosi del kiwi. Una ricerca scientifica veronese
ha individuato la migliore strategia per prevenire la malattia killer
Il Consorzio di Tutela del kiwi di Verona e Agrea hanno realizzato
un campo sperimentale per testare la linea di difesa delle piante colpite
ma è fondamentale una linea di difesa coordinata da parte dei produttori.
E’ allarme a Verona per la batteriosi del kiwi, la più pericolosa
delle malattie batteriche che colpiscono le piante del noto frutto verde.
A rischio ci sono 2500 ettari coltivati a kiwi nella provincia scaligera
che producono circa 600.000-700.000 quintali di prodotto per un giro d’affari
di 45 milioni di euro per le aziende agricole più tutto l’indotto.
Una ricerca scientifica, giunta al secondo anno di sperimentazione, commissionata
dal Consorzio di Tutela del kiwi di Verona al Centro Studi Agrea, società
veronese specializzata in fitoiatria che opera nell'ambito della ricerca
e sperimentazione in agricoltura, ha ottenuto, attraverso sperimentazioni
in campo, risultati interessanti e promettenti per contenere in modo significativo
l’infezione del batterio attraverso soluzioni contenenti sali di
rame e attivatori delle difese delle piante ma resta fondamentale una
linea di difesa coordinata da parte dei produttori per un’efficacia
maggiore. Il batterio colpisce solo la pianta del kiwi, non il frutto.
Le zone con la maggiore concentrazione di frutteti si trovano a Valeggio
sul Mincio, Villafranca, Mozzecane, Sommacampagna, Sona, Bussolengo e
Pescantina. La provincia di Verona rappresenta l’80%, della produzione
regionale che a sua volta rappresenta il 13% della produzione nazionale
(terza Regione italiana). Del resto, l’Italia è il principale
produttore a livello mondiale con 24.000 ettari coltivati per una produzione
di 460.000 tonnellate (Dati Istat 2010) di cui il 70% esportato prevalentemente
nei Paesi UE tra i quali la Germania.
Appare quindi di estrema importanza e urgenza la sperimentazione di alcune
strategie di difesa al fine di individuare una serie di misure atte a
contenere l’espansione del Psa, Pseudomonas syringae pv actinidiae,
nell’areale del territorio per permettere la ricostruzione degli
impianti già colpiti
Attualmente per questo batterio non esistono azioni curative se non l’asportazione
e la bruciatura della piante colpite (per tentare di limitare l’inoculo
ambientale) e per quanto riguarda la protezione preventiva delle piante
non risultano essere stati finora individuati prodotti o strategie efficaci.
Molto importante, quindi la sperimentazione messa in campo dal Consorzio
di Tutela del kiwi di Verona al Centro Studi Agrea, grazie al finanziamento
tra gli altri della Camera di Commercio e della Provincia di Verona, al
fine di valutare i prodotti o le strategie migliori per il contenimento
della malattia che prevede l’applicazione dei prodotti rivelatesi
più promettenti direttamente in un campo sperimentale allestito
ad hoc.
“La ricerca – ammette Fausto Bertaiola, presidente del Consorzio
di Tutela del kiwi di Verona - è nata dalla richiesta degli
agricoltori di conoscere cosa fare in concreto per prevenire il batterio.
Infatti, a livello nazionale e regionale sono in corso ricerche scientifiche
per risolvere il problema all’origine ma i risultati si avranno
in tempi medio-lunghi. Una volta individuati gli strumenti e stabilito
che funzionano, è di estrema importanza che questi siano utilizzati
in modo sistematico su vasta scala per avere una maggiore efficacia. In
questo modo ci sono più probabilità di raffreddare la malattia
e portare avanti le coltivazioni”.
La sperimentazione di Agrea consiste in una prova in un campo sperimentale
parcellare a blocchi randomizzati con l’applicazione ripetuta dei
prodotti rivelatisi più promettenti, ossia sali di rame, un attivatore
delle difese della pianta e durante la fase della fioritura anche un paio
di batteri antagonisti. La prova si compone di circa 10 tesi, con 4-5
ripetizioni su una varietà di actinidia chiamata Hayward. Ciascun
blocco è costituito da 4 piante per un totale di circa 200 piante
(10 prodotti in 4-5 ripetizioni). Il campo è sottoposto a infezione
naturale per provvedere alla sperimentazione dei prodotti.
“La realizzazione del campo sperimentale a Zevio (Vr) – sottolinea
Lorenzo Tosi, responsabile della ricerca, Agrea - segue un protocollo
unico concordato e condiviso da altre regioni che hanno già allestito
campi sperimentali analoghi (Emilia-Romagna, Piemonte e Lazio). I dati
ottenuti sono così confrontabili e complessivamente la ripetizione
delle prove in diversi areali, con condizioni pedoclimatiche differenti,
permette di valutare la migliore strategia di difesa. Consigliamo di effettuare
i trattamenti dopo ogni pioggia. Il trattamento, da fare soprattutto sulle
piante sane ma anche su quelle malate, ha una copertura di una decina
di giorni, poi va ripetuto”.
L’attività di monitoraggio da parte del Servizio Fitosanitario
Regionale rappresenta un punto di riferimento per il territorio. La batteriosi
Il cancro batterico causato da Pseudomonas syringae pv. actinidiae è
la più pericolosa delle malattie batteriche vegetali che colpiscono
solamente l’actinidia ed è in grado di portare in breve tempo
alla morte le piante colpite. La batteriosi colpisce sia l’Actinidia
delicioca (Kiwi verde), che è la specie di gran lunga
più coltivata in Italia e in Veneto) sia l’ Actinidia chinensis
(Kiwi giallo) che ha dimostrato una maggiore sensibilità
alla malattia. Il batterio penetra all’interno della pianta attraverso
vari punti: tagli di potatura, ferite di varia natura, punti di distacco
dei frutti e delle foglie. Il batterio si moltiplica e invade i tessuti
vascolari causandone in tempi rapidi (1 o 2 anni) un progressivo
deperimento fino alla morte.
La batteriosi è stata segnalata per la prima volta in modo epidemico
nel Lazio nel 2008, nelle provincie di Latina e Roma; nel 2009 è
stata rinvenuta in Emilia Romagna e Piemonte, nel 2010 in Veneto e nel
2011 in Friuli e Calabria.
Negli stessi anni è stata anche ritrovata negli altri Paesi produttori:
Nuova Zelanda , Francia , Portogallo , Spagna , Cile ed Argentina. Si
tratta pertanto di una vera epidemia. La situazione a Verona
La coltivazione del kiwi in Veneto è iniziata verso la metà
degli anni ’70 e si è progressivamente ampliata soprattutto
nelle zone del veronese. Lì ha parzialmente sostituito il pesco,
coltura che ha subito gravi problemi fitosanitari (Sharka) ed economici
per l’influenza di altri mercati di produzione.
Il batterio si è diffuso nelle zone caratteristiche del prodotto
ma anche dove la coltura del kiwi è poco rappresentativa a causa
della presenza di giovani impianti infetti. Non sono sfuggiti agli attacchi
di PSA anche frutteti isolati sia giovani che vecchi dove presumibilmente
il batterio è giunto grazie a temporali o trasportato da uccelli.
Dall’analisi e studio della malattia, si può affermare che
la diffusione all’interno dell’appezzamento avviene a partire
dalla zona più vicina alla fonte d’infezione e decresce man
mano che ci si allontana dalla stessa; gli impianti sotto rete antigrandine
manifestano i sintomi in maniera ridotta rispetto a quelli fuori rete.
La trasmissione del batterio avviene da foglia a legno tramite il picciolo.
Si assiste ad un progressivo peggioramento delle condizioni fitosanitarie
degli impianti colpiti da PSA che si manifesta con una forte riduzione
delle produzioni e ad un deperimento delle piante infette fino all’eliminazione
dell’intero appezzamento.
Ada Sinigalia
Sinigalia Comunicazione
ada@sinigalia.it - C. 339 8741790
www.sinigalia.it
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