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FATTI E
PERSONE
FIPE, ecco la spesa alimentare degli italiani
Gli italiani mangiano sempre meno.
Sia per gli oltre 15 milioni che si nutrono fuori casa (12 milioni a pranzo
e 3,5 a cena), sia per chi lo fa in casa il piatto è più
vuoto. Ma nel ridurre la spesa alimentare di oltre sette miliardi di euro
per i pasti in casa e di oltre un miliardo per quelli fuori casa negli
ultimi cinque anni, gli italiani hanno però fatto attenzione ad
eliminare il superfluo,
limitando così gli sprechi e orientando di nuovo la scelta sui
prodotti tradizionali. La crisi sta dunque consolidando un comportamento
già in atto da tempo dovuto anche a nuovi stili di vita: primi
piatti e contorni vengono preferiti ai secondi, aumenta il consumo di
spuntini e merendine e in tutto si spendono circa 5 euro a testa al giorno
per mangiare in casa. È quanto emerge da una ricerca Fipe-Confcommercio
presentata a Sapore 2012 nel convegno inaugurale della Fiera di Rimini
dedicata all’alimentazione.
«Sono dati – ha commentato il vicepresidente Fipe, Alfredo
Zini – che in qualche modo ci aspettavamo. Il segreto per gli imprenditori
della ristorazione è sempre quello di adeguare l’offerta
alla domanda anche quando muta così profondamente nel corso dei
decenni».
A tavola si preferisce la tradizione (+8% le specialità gastronomiche
regionali negli ultimi quattro anni) alla novità etnica verso la
quale non manca lo sguardo di curiosità di un italiano su quattro.
Persiste solo in parte l’andamento salutistico, l’unico in
grado da vent’anni di generare un leggero incremento di spesa, a
dispetto comunque di un 10% della popolazione in stato di obesità
e di un 35,5% in sovrappeso.
La recessione si ripercuoterà anche sui consumi alimentari (-0,8%),
anche se il fuori casa continuerà a fare da traino. Già
ora nelle regioni del centro-sud si registra la sofferenza maggiore nei
consumi familiari di alimenti e bevande, mentre il settentrione ha ridotto
soprattutto pasti e consumazioni fuori casa. C’è meno pesce,
caffè, bevande, pasta e cereali. A livello di spesa alimentare,
finora si registrano 215 miliardi di euro (dati Istat 2010) di cui 142,5
per i pasti in casa con cui si acquistano soprattutto pane, carne, latte,
latticini e uova. A livello di consumo, però il paniere sembra
aver registrato un cambiamento: pesano di più pane e cerali, dolci
e bevande, mentre scende il peso di carne, pesce e latte.
A livello di spesa reale, quella alimentare è cresciuta poco rispetto
ad altre: 0,7% di tasso medio annuo in quarant’anni a fronte di
quella per le comunicazioni (+6,2%, ma va considerato il livello modesto
di spesa in questo settore negli anni ‘70) e della salute (+5,6%
anche per l’invecchiamento crescente della popolazione e per una
maggior cura della persona). In poco meno di mezzo secolo la spesa alimentare
è scesa del 20% nel budget destinato ai consumi, rendendoci sempre
più simili al Regno Unito. È negli anni ’80 e ’90
che prende piede il pasto destrutturato. Si moltiplicano i luoghi dove
mangiare velocemente, ma nel 2000 gli italiani sembrano volersi riappropriare
del tempo da dedicare alla tavola con il fenomeno dello slow-food in contrapposizione
al fast e di un ritrovato amore per la terra con l’acquisto dei
prodotti direttamente dai contadini.
A guidare la scelta per la spesa alimentare degli italiani adesso è
il confronto più ragionato dei prodotti in riferimento a prezzo
e la qualità con una maggiore disponibilità a cambiare marca.
Al consumo alimentare viene destinato meno di un quinto dei soldi destinati
a tutti gli acquisti (19% dei consumi che nelle famiglie giovani scende
al 14%) con una situazione sempre più prossima al livello di guardia,
ma paradossalmente più del 50% pensa che in casa si spenda molto
per il cibo, forse influenzato psicologicamente dalla spesa del supermercato
dove si cerca di riempire il carrello. (http://www.fipe.it)
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