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FATTI E
PERSONE
Rio+20: ecco le “smart farm” dei giovani agricoltori
italiani
Nel giorno di apertura della conferenza Onu, la Cia ricorda come nelle
campagne italiane già si lavora per costruire il modello d’impresa
del futuro. Multifunzionale e autosufficiente dal punto di vista energetico,
la “fattoria intelligente” valorizza gli scarti da agricoltura
e allevamento per arrivare al ciclo chiuso in azienda.
Innovative, efficienti, a basso impatto ambientale. In una parola “smart”.
Se Rio +20 rilancia le “smart city”, l’agricoltura italiana
si dà da fare per costruire il suo modello di “fattoria intelligente”:
un’azienda dinamica ed “ecofriendly” che si fonda sulla
razionalizzazione dei consumi energetici, sul riciclo degli scarti agricoli
e sulle coltivazioni a basso impatto ambientale. E i protagonisti di questa
rivoluzione “verde” dell’agricoltura sono gli “under
40” delle campagne italiane. Lo afferma la Cia-Confederazione italiana
agricoltori, in occasione dell’apertura ufficiale del vertice mondiale
Onu sullo sviluppo sostenibile.
Le “smart farm” non sono solo un’idea. Queste aziende
“green” -spiega la Cia- stanno diventando una realtà.
E hanno un identikit ben preciso con caratteristiche chiare e definite.
Se da una parte rimangono agricole nel senso più tradizionale del
termine, perché orientate al “food”, dall’altra
si trasformano completamente in chiave multifunzionale. Pannelli solari
e mini impianti eolici sui tetti dei capannoni garantiscono l’autosufficienza
energetica di fabbricati e strutture aziendali; i mezzi meccanici
sono alimentati a biocarburanti; le biomasse agricole, come i residui
della potatura di vigne e alberi da frutto, o degli scarti dei cereali,
sono tutte valorizzate energeticamente. E, ancora, l’impiego di
tecniche colturali a basso impatto ambientale diminuisce l’uso di
concimi e fitofarmaci, limitando i costi e l’impoverimento del suolo;
mentre l’esigenza di risparmio idrico è affrontata con la
sostituzione dell’impianto “a pioggia” con quello “a
goccia”.
Quella delle agroenergie -sottolinea la Cia- è una strada intrapresa
da un numero sempre maggiore di imprese agricole, soprattutto giovani.
Sono gli imprenditori “junior”, infatti, a dimostrarsi i più
attenti a cogliere le opportunità della “green economy”.
I servizi per l’ambiente e la produzione di energia rinnovabile
sono una prerogativa aziendale per il 7,2 per cento degli “under
40” contro il 4 per cento dei colleghi “senior”.
Il settore primario -conclude la Cia- è già di per sé
l’unico comparto produttivo a vantare un bilancio ambientale positivo,
in quanto la quota del 5,4 per cento con cui l’agricoltura incide
positivamente sulle emissioni di gas serra è bilanciata dall’assorbimento
del 5,8 per cento degli stessi gas attivato dal comparto forestale. Inoltre
il contributo delle emissioni italiane di derivazione agricola è
al di sotto della media europea, che è pari al 10,2 per cento per
l’Ue a 15. Ed è proprio da questi risultati che si vuole
partire per affrontare al meglio la sfida dei cambiamenti climatici. (www.cia.it)
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