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FATTI E
PERSONE
La sicurezza in tavola parte dai campi prova
Blasco, Albachiara, Colombo, Tiepolo, Levante, Bora, Athlon. Nomi che
sembrano non avere un nesso, se non fosse che così sono stati battezzati
alcuni tipi di grano. Ecco un viaggio nei campi prova delle colture cerealicole
- in Italia ci sono circa 300 centri di ricerca - per verificare sul campo
le differenze tra campi trattati e non trattati con sostanze chimiche,
per parlare della sicurezza degli alimenti che arrivano sulla nostra tavola
e degli studi che sono alla base di un nuovo tipo di grano che poi troveremo
nel piatto sotto forma di pane, di pasta, di dolci o di biscotti.
Disciplinari di produzione integrata e biologica
A Camerlona (Ravenna), nei campi prova della cooperativa Terremerse, ci
sono campi con spighe di grano di tutti i tipi. Nella visita, accompagnati
da Marco Rosso, direttore generale di Agrofarma e Assofertilizzanti, Valerio
Bucci, responsabile coordinamento tecnico di Terremerse e Giovanni Candolo
, che si occupa di ricerca e sviluppo di Terremerse, vengono illustrate
le nuove tecniche di concimazione e di difesa contro le malattie fungine,
spiegate le prove sperimentali di confronto fra varietà di grano
duro e tenero. Qui sono promosse produzioni che minimizzino l'impatto
ambientale attraverso un minor impiego di agrofarmaci grazie ai disciplinari
di produzione integrata, ma anche con un miglior impiego delle risorse
idriche e l'utilizzo di energie da fonti rinnovabili.
Si investono 47 milioni di euro l'anno in ricerca e sviluppo
«A differenza di altri settori – spiega Rosso – l'introduzione
di tecnologie avanzate e rispettose dell'ambiente ha consentito di ridurre
le dosi d'impiego degli agrofarmaci, tanto che è uno dei pochi
settori nei quali si registra un calo nel consumo nazionale». Dal
1990 al 2010 si è registrato un calo da 141.200 a 95.830 tonnellate.
Diminuisce soprattutto l'uso di insetticidi (- 445) e fungicidi (- 37%)
per i quali sono state introdotte molecole innovative a bassi dosaggi
d'impiego. Un risultato reso possibile dagli investimenti del settore
in ricerca e sviluppo, pari al 6% dell'intero fatturato, quindi 47 milioni
su circa 807 milioni di euro di fatturato 2010.
Un contributo nella lotta alla fame nel mondo
Gli agrofarmaci, spiegano nel corso della passeggiata sui campi, consentono
di ottenere raccolti più abbondanti a minor costo e sono considerati
un contributo essenziale nella lotta alla fame del mondo. Tanto da far
dire all'ex direttore della Fao, Jacques Diouf che «non si può
fare a meno di input chimici per poter raggiungere la sicurezza dal punto
di vista alimentare dell'intero pianeta». Considerando il costante
aumento della popolazione mondiale che raggiungerà gli 8 miliardi
di persone nel 2020 e i 9 miliardi nel 2050 si potrà fare fronte
alle conseguenti necessità di cereali per popolazioni poverissime
come quelle dell'Africa sub-sahariana e per le economie emergenti come
India, Cina e Brasile che nei prossimi dieci anni daranno un colpo d'acceleratore
alla produzione agricola.
In tavola cibi sempre più esenti da residui
L'impegno in ricerca delle aziende produttrici e la filiera agricola impegnata
nel rispetto delle regole nell'utilizzo degli agrofarmaci ha consentito
di avere alimenti in tavola sempre più esenti da residui. «Ormai
- spiega Rosso - in oltre il 60% dei casi non ci sono residui negli alimenti
e quasi nel totale del resto i residui sono sotto i limiti di legge».
Secondo i dati del ministero della Salute, infatti, in Italia il 99,2%
dei campioni risultano a norma: esattamente il 62,5% dei campioni esaminati
sono risultati del tutto privi di residui, mentre il 36,7% dei campioni
è risultato nei limiti di legge. Solo lo 0,8% dei campioni ha superato
la soglia di legge, contro una media del 3,5% dei paesi europei. Secondo
l'Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (Efsa), comunque,
il 97,4% dei campioni analizzati nel corso del 2009 nell'Unione europea
è risultato al di sotto dei livelli massimi di residui consentiti
dalla legge.
Dal grano dei faraoni in poi, come evitare lo sviluppo delle micotossine
Nei tanti rettangoli del campo prova, rigorosamente divisi l'uno dall'altro,
si sperimentano ibridi di grano che non sono ancora in commercio, viene
studiata la resistenza ai principali parassiti. Si parte dal grano dei
faraoni, perché oggi il mercato chiede anche di riscoprire sapori
antichi. In questo caso si sta studiando questa specie per eventuale produzione
di alimenti per celiaci, visto che questo tipo di grano contiene proteine
che non disturbano le persone che soffrono di questa patologia. Si studia,
poi, come evitare lo sviluppo di micotossine, sostanze tossiche prodotte
da funghi che potrebbero svilupparsi in questo tipo di coltivazione e
ne blocherebbero la vendita. Nei secoli passati queste micotossine arrivavano
ad uccidere.
Dalla grande distribuzione richiesta di grano senza glutine
C'è una grossa richiesta della grande distribuzione in questa direzione,
per la produzione del pane. C'è anche il grano saraceno che non
ha glutine, ma ha costi elevati ed è un prodotto di nicchia. Si
susseguono i campi, con spighe di grano una diversa dall'altra, con i
nomi più disparati. Il 23 giugno ci sarà la trebbiatura.
Intanto gli agricoltori arrivano, osservano i risultati, poi la parola
passa ai mulini. Le prove nei campi possono durare anche 2-3 anni, con
climi diversi, effettuate dal Nord al Sud d'Italia.
Un agrofarmaco costa 280 milioni dalle prove di laboratorio alla produzione
industriale
Per far arrivare sul mercato un agrofarmaco, spiega Rosso, possono servire
anche dieci anni. I costi, a partire dalle prove di laboratorio e per
arrivare alla produzione industriale, possono superare i 280 milioni di
euro. Dal 14 giugno 2011 l'immissione in commercio dei nuovi agrofarmaci
registrati seguirà le linee guida del regolamento europeo (Ce)
n. 1107/2009.
(Nicoletta Cottone - www.ilsole24ore.com)
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