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FATTI
E PERSONE
Di padre in figlio, come cambiano le imprese
italiane del vino
Vinitaly fotografa con Ispo il primo passaggio
generazionale vinicolo dell’età moderna. In evidenza i valori
e i limiti delle imprese vinicole che rappresentano il modello vincente
del family business italiano.
Verona, 28 marzo 2012 - Informatizzano, pianificano, rispettano l’ambiente,
comunicano più dei loro padri, ma soprattutto sono in grado di
aprirsi autentiche autostrade commerciali verso l’estero. Sono i
figli, e le figlie, dei grandi viticoltori italiani alle prese con un
cambio generazionale decisivo per l’intero settore.
Vinitaly ha fotografato il primo vero passaggio generazionale che stanno
vivendo le family business vinicole dell’età moderna –
da quando cioè il vino italiano è diventato voce decisiva
del Pil agroalimentare – attraverso una ricerca qualitativa commissionata
all’Ispo e presentata da Renato Mannheimer nel corso della degustazione
di Civiltà del Bere-Vinitaly ‘Di padre in figlio –
Il passaggio generazionale nelle grandi famiglie del vino’.
L’indagine, compiuta attraverso interviste a genitori e figli di
6 tra le principali imprese familiari del vino italiano e a 4 economisti
(Guido Corbetta, Università Bocconi; Claudio Devecchi, CERIF- Università
Cattolica; Carlo Carboni, Università Politecnica delle Marche;
Salvatore Carrubba, Iulm), rivela vantaggi e debolezze di un valore familiare
d’impresa che nel vino trova uno dei suoi principali alleati, con
gran parte del fatturato annuo (10mld) in dote ad aziende storiche.
In un Paese epicentro del family business (secondo l’omonima rivista
americana, nel mondo 6 aziende familiari tra le 10 più anziane
sono italiane), la ricerca dimostra come quello del vino sia il settore
dove più sono convogliate le positività del fenomeno. «Gli
economisti intervistati – ha detto Renato Mannheimer - ritengono
il comparto una sorta di eccezione che si distingue da tutti gli altri
settori in modo molto positivo. Se infatti in generale con la generazione
dei figli si perde coraggio, abilità e spirito di sacrificio, nel
comparto vinicolo prevalgono saggezza, buon senso e continuità.
Specie le donne, che oggi rappresentano una voce sempre più autorevole
del business enologico, sono molto apprezzate per artigianalità,
autenticità e creatività». Non mancano però,
secondo gli economisti, alcuni limiti, individuati soprattutto nel rischio
storico di avere una proprietà forse troppo invadente e onnipresente,
con pochissime deleghe lasciate ai manager esterni.
Dalle interviste ai protagonisti emerge la positività del passaggio
in corso tra i vecchi ‘patriarchi buoni’ e i nuovi ‘manager
con l’anima’ che non vogliono entrare in Borsa, ma anche la
complessità del fenomeno in atto. Dietro a frasi del tipo ‘Papà
dice che le aziende o crescono o muoiono. E noi siamo tutti d’accordo’
si nascondono, in realtà, dinamiche interiori che determinano una
sorta di sfida naturale tra le due generazioni. Più sereni, e romantici
i padri, che hanno ‘tracciato la strada’, più ‘stressati’
invece i figli, la cui ‘investitura’ è in alcuni casi
anche ‘drammatica’. Ma a decretare il successo finale del
cambio - che è comunque basato su identità e valori comuni
- sono gli economisti: ‘I padri hanno inventato il prodotto, i figli
sanno commercializzarlo’ ma anche i padri, secondo i quali ‘I
ragazzi hanno aperto le finestre e fatto circolare aria nuova’;
e ‘I figli hanno visione internazionale, sono a casa in tutto il
mondo’.
Per Giovanni Mantovani, direttore generale di Veronafiere: “Il successo
d’impresa delle famiglie italiane del vino è anche il successo
di Vinitaly. La svolta, in corso, del passaggio generazionale e la crescente
esigenza di internazionalizzazione hanno influito sul nuovo concept di
Vinitaly, sempre più business oriented a partire dalla nuova collocazione
in calendario e dall’incremento delle presenze professionali internazionali”.
(http://www.vinitaly.com)
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