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FATTI E
PERSONE
Basta il giusto, la pratica del “quanto basta” come rimedio
alla crisi economica, ambientale e eteca
Il presidente della Cia Giuseppe Politi presenta a Roma l’ultimo
libro del prof. Andrea Segré.
Le risorse della terra sono abbastanza per tutti. Il problema sta nella
loro distribuzione. È la crisi attuale, di natura ambientale ed
etica oltre che economica, a indicarci, secondo il Prof. Andrea Segré,
la via della “società della sufficienza”, in cui vige
la regola del “quanto basta” per tutti. Questo è il
modello a cui guarda l’ultimo testo del preside della Facoltà
di Agraria di Bologna e presidente di Last minute market, presentato ieri
dal presidente della Cia-Confederazione italiana agricoltori a Roma al
Café de Paris.
“Basta il giusto (quando e quanto)”, pubblicato da “altraeconomia
edizioni”, è un piccolo manifesto per costruire un nuovo
modello economico e sociale che elimini gli sprechi e che si fondi su
un’“economia ecologica”, in grado di affrancarsi dalle
contraddizioni della logica della crescita, che sono alla base dell’attuale
crisi economica e ambientale. Segrè affida a una lettera a un ipotetico
studente le sue riflessioni, in cui guarda all’economia dal basso,
a partire proprio dall’agricoltura e dalla produzione alimentare,
leve fondamentali del nostro sistema produttivo.
“La pratica del ‘quanto basta’, allargata all’intera
umanità, può costituire una chiave per la grande sfida planetaria
della sicurezza alimentare, in cui il settore primario ricopre un ruolo
centrale -ha affermato il presidente della Cia Giuseppe Politi in apertura
della presentazione del libro-. Dietro le cifre ancora oggi impressionanti
della malnutrizione globale si nasconde una grande ingiustizia sociale.
Ed è proprio la “mission” degli agricoltori, cioè
quella di produrre risorse e nutrimento, ad assumere in questo contesto
un significato strategico, sia economico che etico. È proprio per
questo che non mi stanco di ripetere lo slogan che la Cia ha fatto proprio
da anni: serve più agricoltura per sfamare il mondo”.
In un Pianeta in cui -spiega la Cia- si produce tanto cibo da assicurare
ad ognuno di noi la disponibilità di 2800 kcal, quindi abbastanza
per tutti, la malnutrizione continua a colpire quasi un miliardo di persone.
Una contraddizione insostenibile, che si spiega anche con le cifre spropositate
degli sprechi alimentari, che oltretutto hanno un costo economico altissimo,
se si somma la mancata vendita allo smaltimento. Nel 2010 in Italia gli
sprechi di prodotti alimentari dal campo alla tavola sono costati 11,2
miliardi di euro: una cifra pari allo 0,72 per cento del Pil.
“Abbiamo perso il valore del cibo -ha detto il professor Segrè
nell’incontro di ieri-. Ognuno di noi produce bene 550 kg di rifiuti
solidi urbani, di cui un 20 per cento è imballaggio e un altro
30 per cento è perfettamente consumabile. Dobbiamo fare della crisi
economica un’occasione di riflessione sul nostro paradigma economico
ed etico, che considera lo spreco un rifiuto, mentre molto spesso è
ancora utilizzabile e va usato o riciclato”.
Oltre al professor Segrè e al presidente Politi, sono intervenuti
nell'incontro, costruendo un dibattito attento e profondo sui limiti e
le contraddizioni del nostro sistema economico, il prof. Adolfo Pepe,
direttore della Fondazione Di Vittorio, il prof. Silverio Ianniello, docente
dell'Università di Trieste, il dottor Antonio Gaudioso, vicepresidente
di Cittadinanzattiva. (www.cia.it)
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