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FATTI E
PERSONE
Lavoro: l’agricoltura può essere un vero “ammortizzatore
sociale
Pronta ad assorbire 200 mila disoccupati,
ma vanno abbattuti costi e burocrazia che attanagliano le imprese. Convegno
nazionale Cia a Roma con il ministro Elsa Fornero. L’intervento
del presidente Giuseppe Politi. Proposti interventi mirati per favorire
il passaggio di lavoratori espulsi da settori in crisi a quello agricolo,
unico a crescere e a creare occupazione. Questa “riconversione”
va favorita agevolando sotto l’aspetto dei costi, dei contributi
e del fisco l’impresa agricola. Abbattere il pesante onere burocratico
L’agricoltura è l’unico settore che cresce e crea occupazione.
I dati parlano da soli: il valore aggiunto aumenta dell’1,1 per
cento, mentre il numero degli addetti sale addirittura del 6,2 per cento.
Nonostante la crisi grave e persistente, il comparto, quindi, è
estremamente vitale e può fare anche di più con le sue grandi
risorse e potenzialità. E’ in grado di assorbire in tempi
rapidi più di 200 mila disoccupati, ma è indispensabile
che vengano abbattuti costi (produttivi e contributivi) e burocrazia che
oggi paralizzano le imprese agricole. Nelle campagne, a differenza di
industria e servizi, c’è ancora possibilità di lavoro
e ciò può essere sfruttato da parte del governo con interventi
mirati che consentano agli imprenditori agricoli di riprendere a “marciare”
e di aprire le porte ai tanti lavoratori che sono stati, purtroppo, espulsi
dagli altri settori produttivi. Questo il messaggio che la Cia-Confederazione
italiana agricoltori ha lanciato oggi nel corso del convegno “Il
contributo dell’agricoltura per la riforma del lavoro e la crescita”,
organizzato oggi a Roma con la partecipazione del ministro del Lavoro
e delle Politiche sociali Elsa Fornero.
E proprio il confronto diretto con il ministro Fornero ha permesso alla
Cia di esporre le sue proposte in materia di lavoro e di sviluppo. Un
confronto allargato anche al Parlamento, visto che al convegno è
intervenuto il vicepresidente della Commissione permanente Lavoro e Previdenza
sociale del Senato Tiziano Treu.
Se si dà una risposta ai vitali problemi, come quello dei costi
e dei gravami fiscali, l’agricoltura -è stato affermato nel
convegno della Cia- può dare un determinante contributo al Paese.
Le condizioni perché ciò avvenga devono, però, essere
ben chiare e concrete. Solo così il settore può trasformarsi
in un vero “ammortizzatore sociale” e contribuire alla creazione
di nuova occupazione.
Non a caso, la Cia propone la creazione a livello territoriale e di distretti
produttivi di meccanismi incentivanti il passaggio dei lavoratori dai
settori maggiormente in crisi all’agricoltura, valorizzando il ruolo
di “aggregatore sociale” del comparto primario.
D’altra parte, sempre più spesso si assiste a crisi di interi
settori soprattutto industriali. Per la Cia appare molto limitativo erogare
ammortizzatori sociali che -è stato affermato nel convegno- hanno
come unico scopo quello contingente di tamponare la situazione di emergenza.
Sarebbe, invece, più utile investire risorse per riqualificare
questi lavoratori e dargli prospettive di lavoro in altri settori dove
c’è richiesta, come in agricoltura, agevolando le imprese
in tale passaggio sotto l’aspetto dei costi, dei contributi e del
fisco.
Inoltre, le risorse stanziate per la cassa integrazione in deroga in agricoltura
sono scarsamente utilizzate (nel 2011 sono state pari allo 0,11 per cento
sul totale di quelle stanziate). La Cia ritiene che esse potrebbero essere
più utilmente destinate a favorire questa “riconversione”.
E’ stato lo stesso presidente nazionale della Cia Giuseppe Politi
a sottolineare l’importanza che in questo momento riveste l’agricoltura.
“Pur in presenza di una profonda crisi, il settore primario ha ‘tenuto’
soprattutto sotto il profilo occupazionale. I motivi -ha aggiunto- vanno
ricercati nelle caratteristiche del lavoro agricolo, spesso visto come
simbolo di precarietà e che, invece, ha dimostrato, proprio per
la sua flessibilità, di adeguarsi meglio di altri a una congiuntura
fortemente negativa. Ma questo rischia di non bastare più per il
futuro. Da qui la richiesta della Confederazione di tagliare i costi produttivi,
come quello dei carburanti, che pesano in maniera opprimente sulle imprese.
A questo si deve aggiungere una sostanziale riduzione degli oneri contributivi,
le cui aliquote sono di gran lunga superiori a quelle applicate negli
altri paesi europei, e l’esigenza di congrui incentivi e sgravi
per premiare i comportamenti virtuosi della aziende”.
“Su questo fronte -ha rimarcato Politi- un aspetto di grande rilevanza
è rappresentato da una drastica riduzione degli adempimenti burocratici.
Le misure che in materia sono state prese dal governo costituiscono certo
un passo avanti, ma sono ancora insufficienti. La burocrazia, d’altronde,
costa al sistema delle nostre piccole e medie imprese 26,5 miliardi di
euro all'anno: tra i paesi più industrializzati solo l'Italia presenta
questo record negativo. Un ‘mostro’ dai mille tentacoli che
soffoca anche l’agricoltura, che paga un conto molto salato: oltre
3 miliardi di euro l’anno. Ecco perché chiediamo un’accelerazione
da parte del governo per rendere meno elefantiaci e costosi i rapporti
tra aziende agricole e Pubblica amministrazione”.
La recente riforma del lavoro -è stato rilevato al convegno Cia-
ha correttamente interpretato due esigenze fondamentali del settore agricolo:
flessibilità nell’utilizzo dei contratti a termine e regime
specifico di sostegno al reddito. Tuttavia, vi sono alcuni interventi
sui quali non c’è condivisione. Primo fra tutti lo strumento
dei voucher, su cui si è deciso (non se ne comprende la ragione)
di intervenire snaturandolo. Strumento che aveva funzionato e si era dimostrato
utile a contrastare il lavoro irregolare e a favorire l’occupazione
dipendente, con un ‘boom’ di vendite nel 2011 di oltre 15
milioni di buoni lavoro, di cui più del 30 per cento proprio in
agricoltura.
Alcuni dati -resi noti nel corso del convegno- evidenziano l’importanza
che riveste l’agricoltura nel contesto occupazione. Sono 200.314
le aziende agricole che assumono lavoratori. Il 61,4 per cento sono ditte
in economia, cioè imprese che soddisfano il proprio fabbisogno
lavorativo esclusivamente attraverso manodopera dipendente. Tra queste
un numero crescente è composto da imprenditori agricoli professionali
e società; il 33,9 per cento sono coltivatori diretti che assumono
manodopera, mentre il 4,6 per cento sono imprese di tipo cooperativo,
consorzi di bonifica, corpi forestali ed enti pubblici.
Il 76,4 per cento delle imprese agricole assume fino a 5 operai ed il
12,7 per cento fino a 10 lavoratori. Il restante 10,9 per cento assume
oltre 10 lavoratori. Sono 1.094.365 gli operai agricoli. Se poi si considera
anche l’indotto, il numero degli operatori del sistema agroalimentare
rappresenta, il 12 per cento circa della forza lavoro del nostro Paese.
Ad aprire i lavori del convegno è stato il coordinatore della Giunta
nazionale Alberto Giombetti, a cui è seguita la relazione introduttiva
della responsabile Lavoro e Relazioni sindacali della Cia Claudia Merlino.
Le conclusioni sono state svolte dal vicepresidente nazionale della Cia,
Fabio Moschella. (www.cia.it)
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