FATTI E PERSONE

Inflazione: i prezzi alimentari cominciano a “raffreddarsi” nonostante il caro-carburante. Ma il carrello della spesa resta povero.
Continua il calo dei consumi domestici: secondo la Cia c’è sempre meno frutta, carne e formaggi sulle tavole degli italiani.
 
Il “caro-benzina” spinge in alto l’inflazione ad aprile e pesa come un fardello sugli agricoltori, aumentando sensibilmente i costi di produzione per le imprese. Nonostante questo, nel corso del mese i prezzi degli alimentari hanno cominciato a “raffreddarsi”, rimanendo invariati rispetto a marzo. I prodotti non lavorati sono addirittura diminuiti dello 0,5 per cento sul piano congiunturale, principalmente grazie alle performance di vegetali e frutta fresca, calati rispettivamente del 4,8 per cento e dell’1 per cento. Lo afferma la Cia-Confederazione italiana agricoltori, commentando i dati diffusi oggi dall’Istat.
Anche su base annua, l’incremento dei prezzi degli alimentari -continua la Cia- è risultato inferiore a quello dell’indice generale: più 2,2 per cento rispetto al più 2,6 per cento complessivo. E’ ovvio che si tratta di percentuali comunque elevate, ma la colpa non è delle aziende agricole: i prezzi all’origine ad aprile sono addirittura diminuiti del 3,3 per cento rispetto a marzo. Questo vuol dire che sugli aumenti al supermercato incidono, più che la “materia prima”, i passaggi lungo la filiera e in particolare le spese di trasporto. Nell’85 per cento dei casi, infatti, il viaggio dal campo alla tavola avviene su strada.
Intanto però -aggiunge la Cia- la conseguenza più immediata della crescita dell’inflazione è il calo dei consumi domestici. Gli italiani modificano il menù quotidiano e rinunciano anche all’essenziale. Secondo i dati Ismea, solo nel primo trimestre 2011 ci sono state riduzioni significative per frutta e agrumi (meno 8,7 per cento), prodotti ittici (meno 7,5 per cento) e lattiero-caseari (meno 6,3 per cento). Ma non vanno tanto bene neanche le carni bovine (meno 5,1 per cento), i salumi (meno 2,7 per cento) e il pollame (meno 1,9 per cento), gli ortaggi (meno 2,6 per cento) e i derivati dei cereali (meno 1,4 per cento). (www.cia.it)


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