FATTI E PERSONE

Energia pulita dalla paglia e farina dalla crusca, ecco la tecnologia che trasforma gli scarti in risorse
C'è chi, quando fa la spesa, non legge nemmeno un'etichetta, e mette nel carrello qualsiasi cosa perché ha fretta. E chi va a caccia di un'alimentazione sostenibile. Per sé, ma anche per l'intero pianeta. Mangiare "eco" vuol dire combattere la malnutrizione nel mondo e lo spreco, ridurre l'impatto dei processi produttivi e tutelare le biodiversità locali e stagionali.

Gli stili di vita sostenibili a tavola si affermano di pari passo con la sensibilizzazione dei cittadini nei confronti dei cambiamenti climatici: tecnologie di cottura a basso consumo al posto del barbecue a gas, orti "di quartiere", cibo biologico e filiere a chilometro zero. Ma non si tratta solo di un ritorno al naturale, anzi. Anche la tecnologia contribuisce alla metamorfosi dell'alimentazione: gli impianti BioHyst, ad esempio, vengono utilizzati nei paesi in via di sviluppo (al momento in Senegal) per recuperare da cruscame e biomasse tipiche degli stati africani una farina commestibile ad alto contenuto proteico, con cui produrre il pane.
Fare comunità aiuta a mettere l'ambiente nel piatto: è il caso di Monteveglio la sola città italiana che aderisce a Trasition Towns, il movimento culturale di Rob Hopkins che oggi conta oltre 300 comunità locali, impegnate a innescare uno stile di vita indipendente dal petrolio. Dal 2009 Monteveglio ha avviato la condivisione di un decalogo di consigli pratici e una serie di incontri formativi accessibili alla popolazione per un nuovo stile di vita alimentare. Sulla community si basa anche il progetto Ortinconca, un'associazione di vicini di casa in zona Navigli che mette a disposizione davanzali, ringhiere, e terrazzi per salvaguardare piante ortofrutticole rare o dimenticate, come i cherokee champion (varietà di pomodori ciliegino selezionati dai Nativi d'America), i cetrioli limone e il melone rampichino.
Cresce anche il numero di cantine che mettono in campo progetti ecologici, dalle bottiglie in vetro alleggerito al packaging sostenibile, di pari passo con il crescere della sensibilità da parte degli eno-appassionati: il 48% lo ritiene un asset competitivo del vino italiano, secondo un sondaggio realizzato dal sito specializzato Winenews.it. «Già da tempo è fortemente diminuito l'impiego della chimica nel mondo del vino – afferma Fabio Renzi, segretario generale della Fondazione Symbola –, così come sono diminuiti i consumi d'acqua destinati all'irrigazione dei vigneti». La viticoltura sostenibile è oggi alla base della nuova normativa comunitaria che regolerà nei prossimi anni l'utilizzo dei fitofarmaci in agricoltura. «L'Italia dovrà ristrutturare la sua filiera e il percorso è già avviato – dice Attilio Scienza, ordinario di Viticoltura dell'Università di Milano –.
Con la viticoltura di precisione e l'applicazione di tecnologie come lo spettrometro Nir, in grado di fornire informazioni su sette diversi parametri di qualità dell'acino, è possibile ridurre fino al 50% l'impiego di antiparassitari e fertilizzanti, migliorando la qualità dei vini». Tra le esperienze innovative c'è quella dell'azienda Salcheto (Si), che sta realizzando la prima cantina "off-grid", continuando la sperimentazione avviata con il calcolo della prima Carbon Footprint europea di una bottiglia di vino (1,83 kg per 750 ml confezionati in vetro). Anche Arnaldo Caprai dal 2008 in Umbria sta raccogliendo dati per valutare le emissioni di carbonio nella produzione vitivinicola, al fine di ridurre quelle non indispensabili, per esempio sostituendo le macchine tradizionali a basso volume per la lotta fitopatologia con macchine a recupero di prodotti. Le cantine della Franciacorta che aderiscono al progetto Ita.Ca scoraggiano il ricorso alla chimica e riutilizzano le vinacce come ammendante organico nei campi dei vigneti. La cantina Sella & Mosca sta introducendo macchine per il trattamento con recupero che permettono di trattare il vigneto con macchine multifila e garantiscono un risparmio medio del 50% di principio attivo, minor consumo d'acqua e minore dispersione nell'ambiente di fitofarmaci.

(Michela Finizio - www.ilsole24ore.com)


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