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FATTI
E PERSONE
8 marzo: l’impresa agricola “in rosa” non cede ai colpi
della crisi
Donne in Campo della Cia sottolinea
la tenuta dell’azienda al femminile (una su tre titolari), come
evidenziato anche dall’ultimo Rapporto dell’Unioncamere. A
livello mondiale una maggiore presenza di “agricoltrici”,
come rileva la Fao, può garantire più produzione e, quindi,
più cibo per i paesi poveri.
Le imprese “in rosa” resistono alla crisi economica. Nell’ultimo
anno, infatti, le titolari donne di aziende individuali sono rimaste stabili
in valore percentuale, con una quota pari al 29,2 per cento del totale
dei titolari. In pratica, uno ogni tre imprenditori è donna. E
proprio nell’agricoltura, che è tra i settori dove maggiormente
si registra la presenza di imprenditoria femminile, oggi oltre 250 mila
aziende sono condotte da donne. Basti pensare che agli inizi degli anni
Settanta erano solo 19 su 100. Ma non solo imprenditrici contro la crisi:
se nei paesi più poveri del pianeta si favorissero uguali opportunità
di accesso alla terra alle “agricoltrici” come ai colleghi
uomini, come affermato oggi dalla Fao, si potrebbe sviluppare più
agricoltura sostenibile e contribuire così alla lotta alla fame
nel mondo. E’ quanto evidenzia l’Associazione Donne in Campo
della Cia-Confederazione italiana agricoltori, in occasione della Festa
dell’8 marzo, sulla base di recenti dati contenuti nel Rapporto
dell’Unioncamere e nell’"Atlante delle donne impegnate
in agricoltura".
D’altra parte, osservando la dinamica delle imprese a confronto
nel periodo più difficile della recente crisi economica e dei primi
segni di ripresa -quello compreso tra giugno 2009 e giugno 2010- il rapporto
Unioncamere -sottolinea Donne in Campo-Cia- mette in evidenza come le
imprese femminili (1.421.085 in totale) si siano comportate in maniera
nettamente migliore di quelle maschili. Nei dodici mesi analizzati, le
prime sono cresciute del 2,1 per cento (pari a un saldo di 29.040 unità)
a fronte di una crescita negativa (meno 0,4 per cento) di quelle maschili
che hanno perso, nello stesso periodo, 17.072 unità. Un trend che
viene confermato anche in agricoltura.
Le aziende agricole “rosa” -afferma Donne in Campo- salgono
in modo importante specialmente in attività innovative, come, ad
esempio, nell’agriturismo, le cui imprese per il 35 per cento del
totale sono condotte da imprenditrici. Crescite significative si sono
registrate negli ultimi anni anche nel settore biologico, nelle produzioni
di “nicchia” Dop e Igp, nell’ortofrutta e nella vitivinicoltura.
La maggior quota di conduttori donne sul totale del mondo agricolo -come
rileva l’”Atlante delle donne impegnate in agricoltura"-
si trovano in Molise, Campania, Valle d’Aosta e Friuli Venezia Giulia.
Di contro nelle province autonome di Bolzano e Trento e in Sardegna e
in Lombardia la quota di imprenditrici risulta la più bassa (inferiore
al 23 per cento). Un’analisi in termini assoluti rimarca,
comunque, che le donne impegnate come conduttrici di un’azienda
agricola sono più numerose in Puglia, Sicilia e Campania.
La presenza delle donne in agricoltura è inferiore (e di poco)
solo al settore del commercio, dove si arriva attorno al 30 per cento,
mentre vengono doppiate abbondantemente sia l’attività manifatturiera
che quella dei servizi
Donne, dunque, sempre più decise e protagoniste della vicenda agricola
italiana. Donne che guardano all’impresa con sempre maggiore attenzione,
che puntano con caparbietà sulla qualità e sulla tipicità
dei prodotti legati al territorio, sulla difesa della biodiversità.
Insomma, vere imprenditrici che operano con la dovuta incisività
per una competitività reale sui mercati nazionali e mondiali, che
fanno dell’innovazione uno strumento indispensabile per crescere
e svilupparsi.
La tenuta dell’impresa femminile -afferma Donne in Campo- è,
quindi, un dato importante che caratterizza l’imprenditoria “in
rosa” come una rete solida e fondamentale del tessuto economico
italiano, dove emergono creatività, flessibilità e solidità.
Elementi che si riscontrano anche dai dati sull’agricoltura dove,
pur in presenza di un calo di aziende, sono proprio le imprese condotte
da donne che riescono meglio a contrastare gli effetti negativi della
crisi.
(www.cia.it)
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