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FATTI
E PERSONE
Consumi: gli alimentari non danno segni di risveglio.
Sempre meno pane, pasta, carne e vino sulle
tavole degli italiani. La Cia, anche sulla base dei dati Ismea, evidenzia
che, dopo la performance d’inizio 2010, nei primi nove mesi il trend
delle vendite è tornato al ribasso (meno 0,2 per cento). A fine
anno si prevede una flessione tra lo 0,3 e lo 0,5 per cento. Una situazione
che conferma le difficoltà delle famiglie. Va meglio l’export.
I consumi alimentari
restano al palo. Dopo il risveglio registrato nei primi tre mesi dell’anno,
la tendenza è tornata al ristagno e i segnali di ripresa sembrano
un lontano ricordo. E così nei primi nove mesi del 2010 si ha un
calo dello 0,2 per cento in termini di quantità e una diminuzione,
in valore, della spesa dell’1,3 per cento rispetto all’analogo
periodo del 2009. Per l’intero 2010 si prevede una situazione simile,
con una flessione tra lo 0,3 e lo 0,5 per cento. È quanto sottolinea
la Cia-Confederazione italiana agricoltori sulla base dei dati Ismea che
evidenziano cali dello 0,4 per cento nel terzo trimestre dell’anno
e dello 0,8 per cento nel secondo trimestre e una crescita, appunto, dello
0,7 per cento nel primo trimestre.
Sulle tavole degli italiani -come rimarca anche lo studio Ismea- si riduce
lo spazio per la carne bovina (meno 4,9 per cento nell’insieme dei
tre trimestri), la pasta di semola (meno 2,4 per cento), il pane (meno
2,3 per cento), i vini Doc, Docg, Igt e comuni (meno 1,8 per cento) e
gli ortaggi e legumi freschi (meno 1,7 per cento). Diminuzioni che confermano
il trend registrato già nel 2009.
Sempre per quello che concerne i primi nove mesi dell’anno, tra
i prodotti premiati dai consumatori italiani, troviamo -rileva la Cia-
gli ortaggi di IV gamma (più 10,2 per cento), i sostituti del pane
(più 3,8 per cento), lo yogurt (più 3,5 per cento), il latte
fresco (più 3,2 per cento), i prodotti per la prima colazione e
i dolciumi (più 2,9 per cento), il pollo (più 2,7 per cento)
e l'olio extravergine di oliva (più 2,4 per cento).
Tra i canali di vendita, i supermercati e gli ipermercati segnano una
crescita dello 0,5 per cento, ma vedono la loro quota di mercato ferma
al 70 per cento ormai dal 2007. In continua crescita, invece, i discount
che hanno raggiunto una quota pari al 6,5 per cento sul totale degli acquisti,
grazie alla competizione giocata sul prezzo e alle superette "di
prossimità", la cui incidenza è tornata a crescere
fino a raggiungere l'attuale 4,6 per cento. Sempre difficile la situazione
per il dettaglio tradizionale.
Arrivano, tuttavia, dall’export le notizie migliori per l'agroalimentare
"made in Italy", con una crescita, secondo i dati Ismea, del
9,3 per cento nei primi sei mesi del 2010 rispetto allo stesso periodo
dell’anno precedente. Tutti i settori hanno segnato un miglioramento,
ad eccezione della pasta e del riso. In particolare, si hanno incrementi
delle vendite all’estero per i vini (più 8,6 per cento),
la frutta fresca (più 7,3 per cento), i formaggi e i latticini
(più 15,3 per cento), i prodotti dolciari (più 18,5 per
cento), l’olio di oliva (più 13,5 per cento), le carni suine
preparate e i salumi (più 13,5 per cento). (www.cia.it)
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