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LUOGHI
Turismo veloce
Dopo una cinquantina d'anni, ho fatto la
turista a Milano. Veramente, quando le figlie erano piccole, avevamo tentato
di fare i “turisti a casa nostra”, per far conoscere loro
le tante cose belle da vedere a portata di piede, ma dopo un primo esperimento
al Castello Sforzesco, avevamo lasciato perdere, perché gli unici
ad apprezzare le cose eravamo noi genitori: loro preferivano dar da mangiare
alle anatre di Villa Reale. Ma questo non è turismo.
Questa volta, invece, l'occasione mi è stata data da due piazze,
nuove di zecca, dedicate ad altrettanti architetti di origine friulana:
Gae Aulenti e Gino Valle.
Comincio dalla seconda piazza, difficile da trovare perché è
talmente nuova – nasce lo scorso 14 giugno – che nessuno la
conosce. Chiedi a un vigile, mi diranno le persone di buon senso. Certo,
ma, come tutti sanno, un vigile è come un posteggio: quando lo
cerchi, non lo trovi mai. E pensare che, arrivando in macchina, se duecento
metri prima avessi guardato a destra invece che a sinistra, avrei potuto
ululare “eureka! L'ho trovata!”
Premetto un consiglio generico, dopo aver visto questa piazza: se volete
costruire una casa, oggi, impostatela su un triangolo: può cominciare
dal terzo piano o dal trentesimo, ma triangolo sia. Per la gioia di Pitagora.
Dunque: chiediamo (siamo in tre: il mio socio turistico, il cane Oscar
ed io) a quattro passanti della zona ex Portello, dove una volta c'era
l'Alfa Romeo, e nessuno sa darmi una dritta. Finalmente una signora gentile,
che senza dubbio abita in zona, dopo aver detto: piazza Valle? mai sentita,
si illumina e dice: ah, la piazza di Casa Milan! E giù spiegazioni
dettagliate per arrivarci a piedi in dieci minuti, sotto un sole che non
vi dico. Gambe e zampe in spalla, dunque.
Questa piazza Valle.... non è una piazza, è uno spazio immenso,
17.000 metri quadri, la più grande di Milano dicono, praticamente
vuoto tranne per una costruzione difficile da capire e un po' allarmante,
grigia e rossa sistemata nel mezzo: immaginate i due “cassoni”
che tengono verticale la Costa Concordia: uguali, ma logicamente più
piccoli, senza barca in mezzo, fatta come un sottopassaggio: due parallelepipedi
con un altro a fare da coperchio. Dovesse piovere, non ci si potrebbe
riparare, perché la copertura è troppo alta e troppo piccola.
Verso est c'è Casa Milan. Colori? Ma rosso e nero, naturalmente,
nonché triangolare. A ovest una costruzione enorme, tutta grigia,
a triangolo, che ospita, per il momento, soltanto un ufficio di assicurazioni.
A sud un altro triangolo che diventerà – qualcuno deve avermelo
detto, ma non mi ricordo chi – un immenso supermercato grigio di
fuori e, speriamo, coloratissimo dentro.
Basta, non c'è altro. Per terra una distesa di pietre grigie, a
losanghe delimitate da pietre bianche, grandi (le losanghe) come un appartamento.
Per amor di cronaca, ho chiesto l'opinione di un paio di impiegati dell'assicurazione
e di una coppia giovane della zona, venuta a vedere la nuova piazza: negativa
o quasi.
Ora, si può capire l'idea di creare uno spazio così, ma
di che utilità può essere? Potrà accogliere folle
osannanti di milanisti in occasione di un eventuale scudetto o migliaia
di giovani esagitati ad ascoltare un concerto rock. E poi? Resterà
desolatamente vuota? Non sarà un luogo di aggregazione con bambini
che giocano a palla o vanno in bici, con mamme e nonne che chiacchierano
lavorando a maglia. Non ci sono panchine né alberi né fontanelle.
Ci sono dei gradini dove occorrono: ci si potrà sedere lì.
Ma non voglio essere troppo negativa: da una parte della spianata c'è
una zona di verde e dall'altra parte, una volta attraversata una strada
dove le macchine credono di essere all'autodromo, c'è altra cosa
carina e utile a mamme e pargoli: una montagnetta a cono tronco con una
stradina che si arrampica, circolare, fino alla cima spianata e, dietro,
un giardinetto grazioso. Sapete, una di quelle cose con alberi, vialetti,
panchine e fontanelle. E' collegato alla piazza Valle da una specie di
sopraelevata per pedoni. Ma i cancelli erano chiusi con un lucchetto.
Mi viene un dubbio: e se la piazza fosse stata studiata apposta per essere
magnificata, ma non frequentata? Mah....
Il mio socio turistico e io siamo francamente delusi. Il cane Oscar è
preoccupato: che posto è questo, se non c'è nemmeno un albero
da annusare per farci la pipì?
Come sono strani gli umani!
Tornati a casa, lui, il socio turistico non il cane, ha un'idea: domani
mattina andiamo subito a vedere la Aulenti, così forse ci lustriamo
gli occhi.
Ed eccoci, il giorno dopo, tutti e tre in tram. Che ci porta in una delle
zone più fantastiche di Milano: Isola, Garibaldi, Repubblica e
Varesine, tutte insieme. La stazione di Porta Garibaldi, non vecchia come
stile, oggi praticamente scompare.
E' difficile descrivere quello che hanno costruito negli enormi spazi
circostanti, ma cercherò di farlo. Il grattacielo più visibile
– e non soltanto per altezza – è quello dell'Unicredit.
Dirò una frase scontata, che qualcun altro ha di sicuro detto prima
di me: un dito di acciaio, vetro e cemento punta diritto verso il cielo,
in cima ai trenta piani, curvati in tutti i modi possibili e immaginabili.
Pensate che a Natale l'hanno illuminato (il dito) con una spirale di lampadine
(si fa per dire: forse erano fari) azzurre e non so descrivere l'effetto
che faceva. Un po' più in là ci sono altri due grattacieli
chiamati “Bosco verticale” perché i terrazzi, sfalsati
in modo che nessuno ne abbia un altro di sopra, sono tutti pieni di alberi,
con un effetto molto suggestivo. Una curiosità: sul tetto hanno
lasciato una piccola (vista da lontano) gru, penso per poter togliere
in fretta un eventuale albero defunto e cambiarlo con uno nuovo.
Però ci sono altre costruzioni che si fanno concorrenza. Quella
che non mi piace molto – forse perché l'ha voluta Formigoni
in un eccesso di megalomania: non gli bastava il Pirellone? - e che io
ho soprannominato il Formichiere, che, nel contesto, ha un'aria un po'
triste, demoralizzata e demoralizzante.
Ma torniamo a noi. Proprio sotto la parete concava del grattacielo Unicredit,
c'è piazza Gae Aulenti. Ci si arriva da una delle salite o gradinate
– perché la piazza è rialzata rispetto al mondo circostante
– e ci si trova in questo spazio rotondo, piccolino... Oddio, si
fa per dire: sono cento metri di diametro e fate voi il conto della superficie:
raggio x raggio x 3,14, se ricordo bene, a occhio e croce un po' più
di 7.500 metri quadrati....dico bene? I numeri non sono il mio forte.
Uno spazio pieno di cose e di persone e di verde e di posti per sedersi.
La prima cosa che salta all'occhio, depositata sull'erba di una grande
aiuola, è una scultura di legno alta quasi due metri di Karim Rashid,
fatta di tanti blocchetti, che rappresenta una testa , assolutamente rotonda,
circondata da sedili di legno massello, tutti diversi uno dall'altro.
Purtroppo temporaneamente, ma non dubito che creeranno delle altre installazioni.
Intorno alla piazza bar, negozi ovviamente di lusso, luoghi dove potersi
sedere a fare due chiacchiere, il tutto delimitato da un muretto al quale
affacciarsi per scoprire quello che stanno costruendo nello spazio attorno.
E poi, non è finita qui: ci sono un sacco di cantieri attivi anche
con lavori a buon punto. Finiti, forse, per l'EXPO....
Dimenticavo: in piazza Aulenti – potete vedere su Google –
ci sono tre “buchi”, ovviamente rotondi, dai quali vedere
il garage che ha trovato posto nel sottosuolo.
Curiosità: intorno al parapetto di uno dei buchi ci sono quelle
che sembrano delle trombe di ottone, svasate e piegate verso chi guarda.
A che servono se non alla bellezza? No, anzi, non soltanto: chi vuole
può parlare nell'imbuto con quelli che si trovano nel garage. Non
si sa se vengano usate, comunque sono belle da vedere. Gae Aulenti sarebbe
soddisfatta. E intanto la gente in giro chiacchiera, i bambini si siedono
su quegli strani sgabelli, chi guarda le vetrine e chi un gruppo di cineasti
che sta girando un film.
Morale della favola: come dico ad un'amica che si lamenta perché
non raggiunge il metro e mezzo di altezza, le cose piccole sono sempre
le meglio riuscite. Francesca docet. Anche agli urbanisti.
Francesca Coretti Beltramini - ASA
(tratto da ”Falìs’cis”
n° 38 - settembre 2014 - rivista culturale del Fogolâr Furlan
di Bassano del Grappa)
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