LUOGHI In un Paese che, nell’arco di 40 anni, ha perso il 28% della propria superficie agricola, spesso la viticoltura rappresenta un argine all’erosione, conservando il paesaggio e garantendo reddito e lavoro. Come è successo, in particolare, nel “vigneto Soave”, che consolida la superficie agricola impiegata per la coltivazione della Garganega, come rivela l’ultimo studio del Consorzio del Soave, in controtendenza rispetto all’andamento del resto della Regione, dove negli ultimi 40 anni si è perso il 18% dei terreni utilizzati in agricoltura. Se nel tempo la superficie agricola
utilizzata (Sau) in Veneto è drasticamente diminuita a causa di
speculazioni edilizie e di una politica di gestione territoriale miope,
nella zona di produzione del Soave il territorio ed il paesaggio, in qualità
di “risorse esauribili”, sono state preservate e garantite
nel tempo. Il dato emerge dal confronto tra un recente studio sullo stato
della denominazione, realizzato dal Consorzio del Soave (www.ilsoave.com),
con quanto è emerso dall’indagine elaborata dall’Unità
complessa studi e documentazione del Consiglio Regionale del Veneto, che
ha fatto riferimento agli ultimi cinque censimenti agricoli dal 1970 al
2010: negli ultimi 40 anni il Veneto ha perso 180.000 ettari di Sau (-18%)
un’estensione pari all’intera provincia di Rovigo. Il trend
negativo prosegue a livello nazionale dove la superficie agricola coltivata
è diminuita addirittura del 28%, per una superficie che corrisponde
a 5 milioni di ettari. In netta controtendenza rispetto al Veneto si pone
il comprensorio produttivo del Soave. Qui infatti è costante e,
in certuni casi addirittura in crescita, la superficie coltivata a vigneto.
Sono infatti situati nella zona di produzione del Soave i comuni a maggior
concentrazione viticola d’Italia, segno che la coltivazione e la
cura della vigna rappresentano culturalmente, ancor prima che economicamente,
la risorsa primaria della denominazione. Territorio destinato alla coltivazione
della vite che oltre a garantire reddito e lavoro a oltre 3.000 famiglie
nell’Est Veronese, diventa sempre più “parco naturale”
dove gradualmente fanno ritorno specie animali fino a qualche tempo fa
del tutto assenti.
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