EVENTI

Un marchio per mangiare milanes
La cucina tipica ambrosiana sarà protagonista in 42 locali

Tanti si riempiono la bocca di tradizione e tipicità: ma a Milano è più facile sfamarsi con sushi e kebab che con un buon risotto al salto. Ecco dunque un’iniziativa intelligente per chi ama ris e verz, busecca, cassoeula oss büs o rostin negàa: nasce infatti un marchio per riconoscere i ristoranti tradizionali ambrosiani, quelli dove si potrà gustare una cucina davvero legata alle radici cittadine. I locali aderenti al’iniziativa, voluta da Camera di Commercio con Unione del Commercio, Accademia italiana della Cucina ed Epam, esporranno una vetrofania con il logo di DeCA (“denominazione di Cucina Ambrosiana”): testimonierà come quel ristorante si sia impegnato a seguire un rigido disciplinare che prevede l’utilizzo in cucina di prodotti di qualità, tipici e stagionali (preferibilmente ottenuti con tecniche di lavorazione tradizionali), a garantire le denominazioni e gli originali metodi di preparazione dei piatti, a fornire ai clienti informazioni sulle principali caratteristiche delle ricette preparate e a trasmettere ai consumatori la storia e la cultura gastronomica meneghina. Dovranno, soprattutto, proporre tutto l’anno nel proprio menù almeno cinque piatti della tradizione ambrosiana. Tra i 42 locali milanesi che hanno detto sì all’iniziativa (aperta a ulteriori adesioni), locali di grande cucina, come Cracco-Peck, Joia, D’O e Sadler, sempreverdi come El Matarel o Masuelli San Marco e poi tante ottime trattorie, tra le quali ci piace ricordare La Piola, Al Sodo e La Pesa. Tutti sono stati comunque raccolti e raccontati da una guida, pubblicata dal Touring Club Italiano, dal titolo “I ristoranti e le ricette della tradizione milanese” (80 pagine e una pianta di Milano con posizionati i ristoranti, in vendita in libreria a 8 euro). Secondo l’offerta dei ristoranti selezionati il 71,4% ha nel menù il risotto, riproposto nella versione al salto dal 16,7%, il 69% la cassoeula, il 64,3% la costoletta alla milanese, il 64,3% l’ossobuco, il 40,5% la trippa.

Carlo Passera

Pubblicato su la Padania del 16 marzo 2006