EVENTI Sintesi: impressioni di un curioso Quattro giornate, 130 protagonisti d’eventi, un’ottantina di lezioni: una media di 20 al giorno, su almeno due sessioni contemporanee intercalate da presentazioni, prestazioni, interviste e premi ai protagonisti nella Sala delle Grida, in Sala Blu, nelle cucine, nel retro scena, nel rialzato stampa, nelle platee. Tutto si è svolto senza nessun inconveniente prevedibile nei confini della capacità organizzativa di seri professionisti dell’organizzazione dei convegni e di tutti i servizi connessi con un convegno internazionale che d’altro canto avevano già dato prova di essere all’altezza delle più esigenti richieste di professionalità da parte di qualsiasi protagonista o ascoltatore e visitatore. Eppure in genere la comunicazione targata della città – soprattutto – stenta ad appropriarsene ed anche la coorte degli indipendenti trattiene il plauso al suo successo. Chi facesse parte di quel coro si astenga pure dalla lettura di queste note: sono tante, fin troppo sommarie per lo scopo di raccontare con spirito libero le impressioni personali, legate solo ad un interesse epicureico di rilassarmi ogni tanto con felici incontri con il cibo e la sua cultura e di ricordarne gli spunti. Difficile dare suggerimenti a Paolo Marchi per migliorarsi ancor più: l’esempio praticato per centinaia e centinaia di visitatori provenienti da tutto il mondo, in genere professionisti della filiera alimentare e della ristorazione, maestri di cucina e di preparazione, gastronomi ha apprezzato e aspetta annualmente la proposta, offerta di golosità d’eccellenza qualitativa e di elevato valore conoscitivo anche nell’esposizione per l’assaggio. I ringraziamenti li ho spostati alla fine delle note.
Partiamo dai formaggi non protagonisti Ricordo – senza peccato per i non citati – l’angolo in IG di Guffanti, affinatore di formaggi italiani ed internazionali in Arona, immortalato internazionalmente dal lungometraggio a ridosso del Natale sui programmi di “Arte” – forse la catena TV più prestigiosa europea, non per nulla scelta a Sant Ambrogio per la prima TV in diretta della serata d’inaugurazione delle 5 ore del Tristano e Isotta nella storia del teatro campione del mondo milanese La Scala - in joint venture con altre reti internazionali europee sulla situazione mondiale dei formaggi a fine 2007 che ho avuto occasione di godere intorno a Natale. E’ un documentario da divulgare in tutta la Comunità Europea ed internazionale a cui desidero accedere, proporlo in visione e concordare con colleghi di ASA la sua disponibilità per farlo conoscere a giornalisti ed operatori del nostro paese. L’Italia con la Francia vanta il maggior numero di formaggi per nazione, ma sul piano della maestria nell’arte casearia e della protezione ed immagine di prodotto deve vedersela con gli europei svizzeri, spagnoli, portoghesi, croati ed inglesi. Soprattutto in attesa dell’interesse
nordamericano ai mercati che - come per il vino - sta dedicando attenzione
ad una varietà di cespugli di sviluppo dalle varietà di
latte americane..., il prof Giorgio Ottogalli, a Milano potrebbe allargare
lo scenario in una riedizione del Atlante dei Formaggi, edito da anni
da Hoepli, pilastro di conoscenza organizzata per chi vorrebbe saperne
di più... con cultura scientifica e programmare contromisure di
protezione dei diritti d’autore. Solo una trentina di anni fa a New York iniziava a prendere piede nel jet set la nicchia dei cheese party ed i costruttori d’impianti di caseificazione italiani e francesi cominciavano a fornire di linee complete dalla cagliatura all’imballaggio agli investitori dalla California alla Florida, passando da New York... Slow Food in questo settore ha fatto molto per mettere in luce croci e delizie della tradizione europea. Bastano solo i suoi Presidi? Per restare in questo ambito rileggo gli
appunti sparsi: oltre a Grana Padano, sponsor ufficiale di IG, ho avuto
occasione di ritrovare ospitato allo stand del classico Carpené
Malvolti scalzi di “zola” erborinato naturale intero della
produzione di Croce, che mi hanno ricordato i sapori selvatici da affinazione
naturale del gorgonzola naturale capaci di gareggiare con Stilton di Paxton
& Whitfield che, a mio parere, è una delle qualità più
genuine, avvincenti, commercialmente accessibili ed affidabili delle golosità
casearie europee di questi formaggi. Stilton è rimasto erborinato
naturale, il 98-99% del tradizionale padano Gorgonzola è promosso
soprattutto nella varietà fresca, cremosa, a palato più
delicato, di più facile affinazione industriale. Inghilterra e la sua immagine gastronomica
Nella presentazione di IG – in archivio www.asa-press.com dal 27 gennaio 2008 – mi ero mostrato entusiasta dell’invito all’Albione in qualità di nazione ospite d’onore al congresso. Paolo Marchi in tante occasioni aveva colto sapientemente il valore di chef e linea di prodotti accessibile nella varietà delle contee inglesi. Mi auguro che le lezioni e comunicazioni presentate a IG 2008 abbiano contribuito a promuovere l’uso della gomma per cancellare alcune prevenzioni sulla qualità della gastronomia inglese, spesso sottostimata e confusa con esperienze di proposta incontrata nella ristorazione popolare e nelle cucine di Londra, Liverpool, Manchester, Birmingham, Leeds o Newcastle dell’English land. Già le cucine irlandesi o scozzesi hanno in Italia un’immagine più favorevole in contrapposizione ai sapori poco abituali di pies, stews, cookies e puddings proposti, ripresi e riscaldati nei bugigattoli di popolosi e vecchi quartieri a ridosso di Piccadilly e Trafalgar Square. I pranzi dei grandi alberghi e dei ristoranti storici non sono riusciti a colmare il gap d’immagine, nonostante le eccellenze, tranne che nell’ultimo ventennio nella cronaca gastronomica continentale. Eppure, durante la nascita della ristorazione e la diffusione della gastronomia in Europa a partire dalle stazioni di cambio dei cavalli lungo le strade di Francia che si diramavano da Parigi, subito dopo l’assalto alla Bastiglia il valore e l’apprezzamento del “gusto” trovava il suo vate in Brillat Savarin che, internazionalmente, pprendeva gusto a confrontarsi con Sir Habrahm Hayward, il quale, se fosse ancora in vita, non avrebbe mancato di dirigere un dibattito aperto sui confini del gusto in una memorabile lezione nella Sala delle Grida ad Identità Golose. The art of dining, un libro ri-edito a
Londra solo nel 1899, è la raccolta di due articoli pubblicati
da Sir Hayward sulla Quarterly Review nel 1835 e 1836 corredata di documenti
coevi. L’iniziativa di presentarli e commentarli alla ribalta dei
successi di Escoffier a Parigi, New York e Londra, è un capolavoro
di cronaca gastronomica della prima metà dell’ottocento di
cui va dato merito a Charles Sayle. Egli ha ripreso l’edizione di
Art of dining che lo stesso Sir Hayward aveva pubblicato nel 1852 commentandola
in note con incredibile ricchezza di riferimenti e commenti che ne fanno
– a mia opinione – il più bel libro di gastronomia
e di apprezzamento di qualità conviviale apparso nella stampa d’ogni
tempo. Non penso di esagerare, ma cucina e gastronomia che in Inghilterra non rappresentano un mito come in Francia non assurgono ancora al prestigio di letteratura del cibo e dell’alimentazione dei best seller popolari: restano all’interno di una capacità d’apprezzamento sensoriale e culturale d’élite, di una classe memore delle proprie radici continentali e della sua storia di evoluzione della sensibilità all’arte acquisita con l’arrivo dei romani, proseguita con i benedettini, catalizzata da salutari iniezioni ed innesti con incroci reali e nobiltà del nord Europa e rilanciata da frequenti scosse d’innamoramento per le bellezze artistiche della nostra penisola e del Mediterraneo. L’evoluzione culturale della gastronimoia ha ripreso la sua storia, ed oggi continua. La lezione di (sir per riconoscimento di Paolo Marchi) Heston Blumenthal, che avevo definito precedentemente caposcuola iper-creativo post-molecolare, mercoledì scorso non solo ha dimostrato quanto Heston fosse l’insuperabile vedette del quartetto A-B-C-D, ma ha lasciato un segno indimenticabile del suo approccio iper-sensoriale alla comprensione del gusto, proprio sulla traccia di Brillat Savarin e di Hayward. Ho avuto la sfrontatezza di fare quattro parole con lui, stanco alla fine delle interviste con l’invisibile stampa presente a IG (a proposito, ma dove sono i guru della cronaca gastronomica italiani, tanti residenti a Milano? se non approfittano di queste uniche occasioni di avere a portata di tram personaggi resi così disponibili, aperti e genuinamente veri, forse prendono appuntamenti riservati? le colonne delle reazioni lette pullulano più di cronache di sveltine che d’incontri d’amore e di scoperta) e posso testimoniare il suo interesse ad affrontare le ragioni di questa misconoscenza, largamente superata che nel mondo anglosassone. A Heston ho chiesto con chi si fosse alleato per lo sviluppo della sua cultura di tecnologia chimica di cucina: ha fatto, pare, quasi tutto da solo in laboratorio, dopo una prima lettura e digestione di un’opera americana sul tema, e la sperimentazione accompagnata da una dose stupefacente di creatività, curiosità, sensibilità ai sapori. Sir Hayward? credevo gli fosse pro-zio... ma è stato curiosamente interessato ad Art of dining ed ha chiesto ai suoi tutor di darsi da fare per presentarglielo, non in carne, ma in carta... Non mi meraviglia che, come Paolo ha pubblicato
ieri nella cronaca di Milano in Il Giornale, si sia divertito con i nervetti
milanesi al Santa Marta! Io sono rimasto incantato da contorno video musicale
dei suoni del canto dei sea gulls, dello strusciarsi della sabbia al ritmo
delle carezze ondose, e di un sapore immaginato di sotto-croste di mare
con la carezza di un bacio complice... Conoscendo e frequentando l’Inghilterra
da mezzo secolo, avevo imparato quanto l’atmosfera di un inn fosse
affascinante, quanto luci, suoni e arredamento giocassero un ruolo fondamentale
per favorire l’apprezzamento di ogni gusto, da ogni senso, anche
dal sesto. Da personaggio che merita il ruolo riconosciutogli, Heston Blumenthal ha voluto distribuire ai congressisti oltre che immagini e suoni del favoloso DVD anche un documento scritto in cui ha descritto quanto sia importante associare ad ogni pietanza le radici della tradizione, ambientata in sintonia sensoriale per un ricordo più stabile nell’archivio della memoria di cui faccio una sintesi in 4 punti dei concetti che ha eletto a guida della sua proposta, che personalmente condivido. 1 – Eccellenza, apertura (in ogni
senso), onestà (da intendere come fedeltà alla propria missione) Per questo, si giustifica Heston, ha piacere
di collaborare con scienziati, chimici, psicologi, artigiani ed artisti,
architetti, designer ed ingegneri, oltre che essere aperto alla collaborazione
e alla generosità con i suoi colleghi cuochi. L’Italia è presente, anche
nella gastronomia inglese, con bravi e meno bravi, con buoni e meno buoni,
con cari e con popolari, nelle città e non raramente nelle campagne.
Quanti operatori in cerca di lavoro in sala o in cucina si sono trasformati
padroncini o cuochi o pizzaioli... Altri appunti inglesi Heston ha proposto un gelato di renna che possiede un latte ricchissimo di grassi (fino al 25%?) ad altissimo potere nutritivo. Per fare uova strapazzate l’azoto liquido è di prassi: è usato sul palco della Sala delle Grida. L’effetto e la curiosità sono appagati e sono per tutti, ma egli avverte che “la tecnologia non deve prevalere sulla tradizione popolare... quando c’è...”. Al 3°giorno IG, ho anche ascoltato le lezioni di Osborn, Cunningham e dell’indiano a Londra Sanjay Dwidedi. Ho preso appunti, non troppo ampi in quanto non potrei aggiungere più di quanto già la squadra di IG riporta in newsletter. Anzi penso che sia utile e corretto inserire nel sito ASA i PDF dei 4 giorni, per complementare l’informazione agli informatori... Arrivato dall’Australia, con due stelle a Londra, formatosi nelle cucine del mondo dopo aver lavato i suoi panni in Francia, approfitta per proporre eccellenti ghiottonerie di mare Shane Osborn, accostando “scallops” marinate in 6 minuti con lime, avocado, pepe... con altre preparazioni creative in edizioni invernali ed estive. Paul Cunningham, inglese di country sbarca in Danimarca a dare fantasia ad una cucina che ricordo tradizionalmente legata al sapore di cipolle in tutte le mode. E’ poco tecnologico, con spunti da maestro d’arte: non solo food ma atmosfera. Scrive e dipinge anche. Va in scena con pesci, molluschi e mare naturale. Riprende l’accostamento americano degli anni ’70 di mare e pesce con code di gamberi ed animali da cortile, cipollotto, aglio selvatico delle spiagge e finocchio addomesticato a lamelle finissime... Si diverte! Sandjay Dwivedi, l’indiano al Zaika di Londra, è fedele alla creatività indiana anche in cucina, portandosi e ricreando profumi del Pacifico, dalle Maldive, dalla pesca dello Sri Lanka che gli europei amano apprezzare: le spezie agiscono come un catalizzatore del gusto. Interessante la sua creatività applicabile anche al salmone, al gravelacks, trattato a crudo anche con senape, miele, yogurth e servito con “roux” freschissimo variato con aneto, cumeric e fumo leggero da charcoal...
Quindi se “B” sta per Blumenthal,
la “D” del quartetto sta per Jacques Décoret, maestro
della nuova creatività francese da Vichy. La lezione corrispondente alla lettera
“A” è presentata da Andoni Luiz Aduriz, maestro d’innovazione
e creatività, spagnolo, secondo ad Adrià. Ci tiene a mettere
in chiaro che questo binomio non può dissociarsi dalla convinzione
che la novità debba essere “utile”. Il concetto è
simile a quello di Blumenthal. Tralascio gli appunti sulle preparazioni
che coprono una gamma di fantasie mangiatorie e gareggiano con quella
tendenzialmente futurista degli amici artisti di Arte da Mangiare, alla
ricerca milanese di esibizioni che divertano e che possano piacere al
mercato dell’arte.
Tutto ha avuto luogo nella prima giornata.
Ero assente, occupato alla “cassoeula di Sal Galdino”, vescovo
di Milano, la cui data avevo fissato ignaro ancora della domenica... anche
se avrei dovuto ricordarlo dal programma già anticipato nella presentazione
della 3° edizione. Cassoeula di San Galdino Posso solo aggiungere di avere approfondito a IG 2008 il tema della “riccia”, trippa fuori legge che è ingrediente alla base della “busecca alla milanese” e che ti manda in prigione se non la spedisci all’inceneritore subito dopo la macellazione con tutto l’intestino dei bovini. La trippa ammessa comprende l’esofago e gli stomaci, ma nulla dell’intestino... Alla fine della lezione di Cazzamali e
Capaldo ho imparato che: Bisogna che riprenda da capo a promuovere
il “grido di dolore per la busecca”... anche se qualche amico
ASA pensa che una parte di trippa vale l’altra... Ma allora perchè
non cambiare nome alla pietanza? Solo con il nome il palato e la mente
non si appagano... Quinto quarto e trippe
Carlo Cracco l’aveva promesso ed
ha mantenuto la parola: ne ha parlato ed illustrato la cottura in video
in simultanea nel suo ruolo di lettera “C” nel quartetto dei
creativi ABCD, subito dopo Heston. E’ stato convincente e si è
mostrato un’altra volta “maestro creativo con divertimento..” Ho incontrato Carlo in Saletta stampa,
e, sostenuto dal sapere di Oryza mi sono complimentato per l’idea
di utilizzare la carta da mangiare del menù, preziosamente preparata
e capace di sostenere la compagnia dei suoi fogli alle pietanze calandrate
a carta che aveva presentato l’anno scorso. I sardi ne fanno sempre una cottura a minestra,
condita con sughi di arselle e di altre primizia di mare o di campo. A
Milano maestro Sergio Mei del Four Season (Paolo, perchè non provi
ad invitarlo una volta? se non ama parlare ma solo cucinare, perchè
non premi e gli fai preparare qualcosa in cucina? A “Mangia e impara”
ho apprezzato tante finezze vedendolo ai fornelli sotto cinepresa davanti
ai convitati che si gustavano “vista”, profumi di cottura
e “gusto”, godendo la fattura in diretta...) ha fatto proprio
fare la “fregola” ad un aiuto a cui l’aveva insegnato... Cracco ne fa un risotto finto, che non ho assaggiato, ma che appare gustosissimo e lui descrive come mantenga le strutture di texture come quelle del risotto, si lasci mantecare similmente al riso, si lasci servire asciutto o all’onda, con buon formaggio. Un altro piatto presentato, questa volta con il riso vero, Basmati, è una “crema di riso alleggerita”, arricchita da ricci di mare e sapori di caffè... dotata di due occhi da cerbiatta di cioccolato al caffè che implorano... il tuffo verso l’esofago... Mi ricordano il film “Un ascensore per il patibolo”, condito dallo sguardo intriso di suspense di Jeanne Moreau. In saletta premi rivedo Aimo Moroni che per ringraziare di premio ricevuto ha offerto un serio risotto alla milanese con midollo e una generosa decorazione di pistilli e colore intenso di zafferano superato solo dall’intensità del suo profumo. Abbracci, ricordi di Risotto alla gallina, colletto di sostegno alle cervicali per qualche antico riflesso di stanchezza. Con lui Stefania, pronta all’anno bisesto, dal Luogo di Aimo e Nadia. Claudio Sadler ha ricevuto altrettanto
un premio alla sua dinamica opera, accomiatandosi con una zuppetta trentina
a tutto inverno: gli ho proposto di chiamarla “cacciucco di montagna”,
tanto è miscuglio ruspante di colori e di sapori che crauti, cavolo
rosso ed altri ingredienti tra cui molte erbe di montagna conferivano
interferendo in tazza... Dei creativi italiani ho assistito alle lezioni di Massimo Bottura, trovo capace di maturare la sua creatività ogni anno nella tradizione di Modena, puntando a sapori al confine tra il dolce ed il salato stimolato anche dalla magia complessa del balsamico naturale da cui è affascinato da sempre. Patata americana, vaniglia, spunto di limone in crema con aromi di distillato di caffè creano un “raviolo ripieno”, un piatto controcorrente. Con una brigata di 7+4... deve puntare ben in alto per ripagare costi e ricerca. Da Vicenza mi impressionano i fratelli
Gigi e Nicola Portinari, ristorante La Peca, con la ripresentazione in
chiave moderna della cucina del tempo guerra, quella al sapore dello “scopetton”,
saraccone del mare del Nord, salato, di basso costo per la popolazione
del territorio. Altri protagonisti nel mondo di cucina che hanno presentato la cucina delle loro origini hanno soddisfatto una curiosità innata sui funghi dell’Amazonia, dove non sono mai atterrato ma che avevo immaginati simili a quelli colti personalmente alla cascate dell’Iguazu, nel triangolo Paraguay, Brasile, Argentina... I miei erano boleti, vivacemente anche con tubuli rossi, ma dolci. Soo assaggiati a crudo per classificarli. Le varietà amazoniche cucinate appaiono simili alle specie primaverili, come i mousserons ricercatissimi in Francia... Con Alex Atala, brazilero a San Paolo con
proposte di brodetti di bosco, latte di funghi, “tupupi” per
marinare... e riso verde... Ogni cucchiaio di una soup è un mondo
a sé... bravissimo... Non è Rio, ma è il paradiso della gastronomia brasiliana, spagnola e italiana, ma anche di tutto il mondo. Pane, carni e mestieri Mi fermerei qui se non mi sentissi in colpa
di non accennare alle impressioni e riflessioni delle lezioni presentate
in Sala B da alcuni super esperti, di nuova e antica conoscenza. Simone era presente anche alla presentazione di IG ed avevamo già disquisito sulle sue pizze a lievitazione naturale di cui corre buona fama a Verona e Vicenza e del potenziale abbinamento pizza – birra che viene proposto nel suo ristorante-pizzeria ad hoc I Tigli a San Bonifacio (Ve). Thomas Kabcic, giovane maestro di pane
speciale sloveno, che si è espresso in buon italiano data la sua
giovane età e la vicinanza con la confinante Gorizia e Nova Goriza.
territorio in cui la cucina assomiglia a quella tradizionale istriana
da cui proviene Lidia Bastianich (emigrata da Pola, la mia provincia di
nascita in Istria, nel 1971 verso New York, sulla cui cucina regna da
vari anni ormai con 6 ristoranti, un’agenzia di itinerari artistico-gastronomici
“Esperienze italiane” ed altre iniziative che l’anno
resa first lady della cucina italiana con la trasmissione Lidia’s
Italian Table) di cui ho perso la lezione per colpa di una guarnizione
nel bagno di casa... Di Thomas mi ha divertito l’atteggiamento sbarazzino e ben navigato che avrebbe voluto aggiungere alla Scala Scabin anche la sensibilità al suono del croccante, in caso di croste croccanti di pani... per dosare trattamenti di cotture e lieviti in proporzione all’armonia ricercata nell’ebbrezza della masticazione... Si potesse mettere sul piatto anche l’aria fritta, chissà. Forse con Elio liquido, ma attenti alle ustioni! La dolce vita Mercoledì era l’occasione della sessione in Sala Blu del tema La dolce vita, più che altro per via del dolce e del non dolce. Anche Gianluca Fusto era presente alla presentazione alla stampa di IG ed era stato oggetto di apprezzamento nella precedente edizione, come Roberto Carcangiu, chef di buon gusto ben conosciuto a Milano anche come fondatore del movimento innovativo del Food Design con l’architetto Paolo Barrichella... La scelta del mio tempo è andata alla Sala delle Grida, ma ci tengo a rimandare ai profili dei rapporti IG sul Congresso per evidenziarne personalmente il valore delle loro lezioni in questo Congresso.
Si è svolto Martedi, in Sala Blu,
con lezioni di fiorentina di Falaschi di San Miniato, di razza pezzata
rossa in Friuli del macellaio-gastronomo-giornalista Nonis, di Quinto
quarto piemontese dell’amico di lunga conoscenza Franco Cazzamali
in coppia con il brodo di Sergio Capaldo, Coldiretti ha rilevato in una comunicazione ripresa dalla Newsletter ASA ai primi di febbraio che il “caro carne aumenta di venti volte dalla stalla alla tavola”. IG ha informato una platea interessata a capire cosa ci sia alla base della gestione della qualità delle carni non solo in Italia... dove l’approvvigionamento all’estero è sceso al di sotto del 50% ed i prezzi appaiono “in calo negli allevamenti ed in aumento sul mercato” con apparenti riduzioni di consumo (ca. 4%) secondo i dati Nielsen nei primi 10 mesi del 2007. Le ultime lezioni di macelleria inglese di Craston e dei Weatherall in un confronto di idee, di abitudini del territorio, di razze hanno completato la rassegna di questo segmento con lezioni di alto livello, appunto didattico, da diffondere e fare circolare in tutte le scuole di formazione di tecnologia alimentare. Il materiale raccolto in occasione di questo convegno e la sua documentazione audiovisiva costituiscono un’enciclopedia d’informazione d’autore d’eccellenza per operatori giovani e maturi, sia al banco che in cucina.
Fabrizio Nonis Cazzamali - Capaldo
Craston Altri appunti sparsi riguardanti le lezioni in Sala delle Grida ed in Saletta stampa Davide Scabin – Lidia Alciati –
Enzo Lo Scalzo
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