EVENTI

Flash all’opening di Identità Golose al Westin

Domenica 29 gennaio si apre con la pagina di Paolo Marchi “Cibi Divini”, Il Giornale. La uso come scaletta-esposizione degli eventi, ordine di sequenza dei flash delle impressioni personali al Westin.
Pensavo di utilizzare per i nomi dei premiati e altre citazioni anche quella di lunedì, ma l’edizione è esemplarmente vuota di ogni riferimento, nonostante si tratti di un evento che fa di Milano la città protagonista della gastronomia in Italia...

Ovviamente Paolo è impegnato a ricevere ospiti, cuochi, pasticceri e relatori, le centinaia di congressisti, gli amici a cui non nega un abbraccio. Ma quando non c’è lui a scrivere o parlare sui piaceri della tavola, di golosità, di calcio, di sci... il suo giornale si limita alle pagine di pubblicità o di spicciola cronaca sulla serie di libri, monografie ed altro, ininterrottamente di moda nella distribuzione dei quotidiani, tra cui Il Giornale è tra i primi, anche se a volte editore non del tutto convincente in alcuni testi, ma tuttavia dinamicamente moderno e comunque in grado di comunicare il livello prevalentemente creativo (spesso fotocopiativo) della cucina moderna del paese.

Ho promesso ad ASA la recensione degli ultimi quattro volumi dedicati a Identità Golose dello scorso anno e ai dolci e al Natale apparsi in Dicembre, e già promessi agli amici di Agorà. Lo farò non appena chiuderò la seconda fase delle “piastrelle” che mi sta legando agli orari di Filadelfia, New York e Los Angeles. Sembro ancorato a questi mostri con il video con cui si riesce a fare di tutto e di più...

Flash su Fulvio Pierangelini.
“Un uomo e un maiale, i pensieri semplici di Pierangelini”, titola Paolo.
Anche ieri sera era molto concentrato in se stesso, passeggiando nelle sale del Westin, dove la turba dei golosi era meno accalcata...
L’ho chiamato da qualche metro per salutarlo... era troppo assorto nei suoi pensieri. Di lui avevo scritto e con lui avevo dibattuto la sfida al protagonismo nella scorsa edizione di IG. Domani eseguirà al Mezzanotte anche le sue golosità, oltre a parlare. Non ci sarò, ma Paolo non mancherà di commentare il suo pensiero e la sue impressioni di questa seconda tornata. Lo attendo. Avrei voluto chiedergli se dopo lo scambio di impressioni in pubblico sulla neonata associazione Udirtà – Ristorazione di Qualità (dedicata alla rappresentatività della cucina italiana di qualità più che alla qualità della cucina italiana... e poi? Mi ricorda la vecchia diaspora su Accademia della Cucina Italiana e Accademia Italiana della Cucina del primo ventennio. Dovè andata a finire l’Accademia? Molti me lo hanno chiesto. Ieri sera c’erano pochissimi esemplari di accademici milanesi, un ex appassionato della stessa valtellinese e una ex cremasca, scrittrice di golosità con cuochi di prestigio. Molto silenzio, al contrario del cicaleccio che non poco ha disturbato la presentazione dei premi di IG e l’applauso ai premiati).

Di Pierangelini è d’oro il virgolettato di domenica: “A me stanno bene gli spagnoli con le loro macchine e le loro gelatine, ma deve essere ben chiaro che la carne che servi deve essere cotta a regola d’arte, altrimenti puoi fare la cosa chimica più simpatica al mondo ma il piatto io lo rimando indietro se è una suola. Partirò da un uovo e da un maiale, da due elementi semplici e quasi banali ma che saranno lo spunto per dire che la materia prima merita rispetto estremo, e se si tratta di un qualcosa che abbiamo ucciso ancora di più per non rendere inutile il sacrificio di un pesce o di un manzo. La centralità in cucina va data al cuoco ed ai prodotti, l’industria deve stare a lato. Io credo in chi si sporca le mani e nel suo rigore morale: senza, anche l’idea più geniale diventa sciatta e banale e non ci sono gel che tengano”.
Sottoscrivo la sua riflessione-programma. Intuisco che conserverà la sensazione di sentirsi isolato, isolamento che l’anno scorso aveva espresso con chiarezza.
Avrei voluto semplicemente complimentami per la scelta delle materie prime tra diecimila: uovo e maiale. Storia epocale quella dell’uovo, di ere più recenti quella del maiale, sostentamento alla vita quotidiana e contrasto di fedi e credi di altre stirpi. Ognuna con le proprie tradizioni. Ognuna con i propri entusiasmi per i piaceri. Ognuna alla ricerca di un rapporto di speranza dell’altro mondo.

Adrià e il vangelo del Bulli
Ferran è arrivato verso le dieci, quando i tavoli di servizio nelle sale del Westin erano stati spogliati delle pietanze prese d’assalto dai golosi: le avevo pazientemente atteso senza farmi prendere dall’ansia dell’appetito nella contesa. Cannolini di pasta Rummu ripieni di scuro-verde in salsa rosa colore coktail di gamberi di progetto postnucleare, golosissimi bocconi di agnellino di latte dello chef ospitante Augusto Tombolato, su julienne finissima di primizie e riccamente vellutato con lardo di uno dei maiali che adorerebbe Pierangiolini o Aimo, uno spezzatino di tonno su purea aromatizzato con nostre e altre erbe che ne mascheravano in parte la mediterraneità – a tiepido, dal servizio corrente - per farla emergere armonicamente evidente a caldo, nel piatto servito dalle mani di Cedroni a quella di Adrià... e alle mie, già in partenza per il ritorno alla casa bustese. In varie dislocazioni grana padano a iosa da ottime forme, invecchiate almeno o più di 24 mesi che si accompagnava ai rossi valtellinese Mazer e barbera d’Oltrepò Adorno, gelati al bicchierino dal banco in vari gusti, caffè Lavazza di buona miscela che ho imparato a gustare da qualche anno senza zuccheri ed altri apporti. Mi piaceva di più con lo zucchero!

Ferran ha fatto un buon volo, ha gustato il tonno di Cedroni prima, dopo e durante gli abbracci dei due maestri: l’entusiasmo di Cedroni ara al massimo, Paolo giunge all’accoglienza ansioso di parlare con il suo prediletto per avvisarlo che prevede che qualche... solito critico... potrebbe lasciarsi prendere dalla mano domani, alla presentazione della Sintesi della sua filosofia.
Adrià è abituaao, è un antipasto quotidiano... che non fa sorpresa.
Giunge a salutarlo Marzia che gli presenta la giovane e bella espressione di sorriso della quarta generazione della famiglia Malvolti, madrina del rosè che sta fendendo le nebbie dei meno disponibili ai richiami delle bollicine, risvegliatesi in Italia grazie alla dinamica fantasia di Conegliano, Franciacorta, Trento ed Asti e le loro capacità di espressione di sensazioni gustose e intriganti.

Marco Gatti – vedi Papillon - ha pubblicato in giornata un attacco sulla scelta di Paolo. Mi spiace. Perchè attaccare chi fa? chi fa con la trasparenza della persona per bene? Chi ha il coraggio di fare senza appoggi precostituiti ma solo con quelli che si è guadagnati sul campo?

In questo momento prosegue la polemica, Papillon il 30 gennaio scrive la “cartolina” indirizzata a “Identità Golose” annunciando una dura critica ad un modello italiano come quello di Adrià... a cui si ascriverebbero “fuochi d’artificio e quant’altro, molto spesso ispirati dagli assaggini di questo cuoco.”
Continua: “E il modello italiano? Quello che Davide Scabin lo scorso anno chiedeva a gran voce dalle pagine di Papillon, indicando proprio Vissani tra gli artefici di questa rivoluzione? Possibile che la nostra esistenza debba essere subordinata ai modelli di altri paesi?...”
Direi, che quando noi non vogliamo essere i protagonisti, con una squadra italiana vincente, il fattoi è spontaneo come le maree senza dighe che le regolino.

Continua ancora, finalmente riprendendo la logica del common sense:
“da un congresso che mette in moto libera circolazione d’idee potrà scaturire anche altro. E lo speriamo...” “Perchè la ristorazione di qualità boccheggia, tanti ristoranti a inizio 2006 chiudono, molti spezzano la propria offerta, tra il ristorante tradizionale a un piano e la vineria all’altro. Ci sono esempi virtuosi e italiani anche in questo senso”... “ speriamo davvero che...”( tralascio la citazione perche il common sense è sparito nuovamente)... mentre “molti cuochi sono alla ricerca di un’identità”.
Ci risiamo, italiani senza collare, senza collare di una squadra che rispetta i ruoli e la storia di ciascuno.

Non capisco perchè si debbano costruire barriere che non servono ad altro che a fare ancora più confusione, ad ipotizzare monumenti e ambizioni non corrispondenti alla realtà ma solo alla fantasia spesso invidiosa di chi fa per fare, per svolgere la propria missione di giornalista gastronomo, di informatore e divulgatore di cultura del gusto al suo pubblico di amici e all’ambiente in cui opera.


Dalla granita all’ostrica, ai primi piatti più incredibili, Milano celebra le Identità Golose

E’ avvilente perdere fiducia anche nei pochi critici che del cibo, in particolare quello buono, hanno ancora una conoscenza superiore alla media. E’ avvilente rendersi conto che le tesi sono nel 99 per cento dei casi da cortile, da consorteria che si pone a difendere tradizioni che spesso non hanno raggiunto il mezzo secolo (vedi il convegno di Verona o Vicenza) ma che hanno comunque diritto di esistere per rappresentare con umiltà il presente più che il passato o la tradizione. E’ avvilente che si senta parlare di qualità quando ancora, per quella del gusto, fa ancora fede l’approfondimento che Brillat Savarin con Sir Rowlands facevano tra Parigi e Londra, le culle della civiltà moderna della gastronomia.
Quali sono i nostri tutori e pensatori del gusto? Non nelle regioni e nei ducati della penisola, manella nostra tradizione Italiana? Qualcuno per caso vorrebbe che il nostro di Forlinpopoli fosse il vate della gastronomia Italiana quando nulla sapeva delle mense e delle riflessioni che da Federico II erano diffuse nella cultura di quelle terre? O di quelle di Maestro Martino che primeggiavano in Europa dalle cucine del nord e del sud? O di quelle delle eccezionali riunioni a Cellamare?

Sul piano scientifico non sempre le teorie sono dimostrabili oggettivamenete mediante la sperimentazione e sul piano dialettico non c’è campo di maggiore discussione come per il gusto.

Da quando conosco alcuni protagonisti italiani e del mondo viventi, maestri della creazione o della rappresentazione del gusto, uno spartiacque si è determinato da chi ha la cultura associata all’esperienza, l’educazione, la sensibilità di proporre, assaggiare, esprimere le sue sensazioni personali attraverso un progetto, un’opera d’arte cucinaria, un piatto. Statisticamente ho riscontrato che solo l’improvvisazione è dote consentita ai geni: nella musica c’è stato un solo Mozart, un solo musicista capace di esprimenere nell’arco dei suoi 35 anni di vita il massimo della completezza musicale di un essere umano. Altri grandi lo hanno ottenuto nel doppio dell’arco di tempo, altrettanto meritevoli, e dopo un lavoro più duro e meno divertente delle collezione di Don Giovanni.

Uto Ughi, intervistato l’altra sera in occasione del concerto di gala da Vienna diretto da Muti, alla domanda: cosa avrebbe potuto fare ancora Mozart in musica se fosse vissuto più a lungo? rispose con umile “common sense”: non so, forse aveva già espresso tutto quello che sapeva o che voleva.

Lo stesso, in un’area che sa dare a chi è sensibile altrettante emozioni, gli artisti del fornello cosa possono fare: quanto deve vivere e cucinare un cuoco? quando potrà dare il meglio? Cosa intendiamo per il meglio?

Le teorie si improvvisano. Giovani e anziani. Se ne discuteva nelle giurie in funzione degli oibiettivi. Adrià ha dato tanto di nuovo. Ha aggiunto fantasia alla fantasia, tecnologia alle tecnologie, improvvisazione alla creatività, divertimento all’abitudinarietà, richiamo di interesse alla noia. E’ nella giusta età di mezzo. Ha voglia di ricominciare? Perché, a un personaggio come lui, non si lascia l’impresione di essere tutti amici come ieri sera e di comunicare con confidenzialità, anche inventando se volesse, cosa si sente di dare ancora alla gastronomia?

E’ stato un diverso, impressionatemente un diverso. Forse continuerà a restare un diverso.
Ma potrebbe anche innamorarsi alla ricerca dei sapori nascosti nello spezzatino marino e risalire a quelli del tonno che il sushi ha svelato al mondo giapponese e al nostro accostando riso ed i suoi amidi all’omega3, espressi nella loro naturalezza incontaminata che i maestri di Ginza successivamente coprono con la lussuria delle amanti, dalla soja, all’antico gingembro, all’antico succo di agresto o di agrume... per cambiarsi... per un’altra stagione.


I celebranti, protagonisti e non

Non erano in tanti all’apertura di serata, anche se, confesso, tanti giovani non li ricordo nel loro aspetto a prima vista. Tra i premiati Massimo Alajmo e il giovane Andrea Mazzoni grande promessa del ristorante Rossini di Firenze che ha fatto esperienza alla Pinchiorri e all’estero, negli Stati Uniti. Anche Muccioli ha testimoniato l’incontro positivo tra i fuori di testa da lui in cura da fare rientrare in se e le emozioni per i sensi date da sapori e odori di tavola e di cucina.

Casimiro Maule, uno degli enologi più preparati ed esperti d’Italia, tra coloro che hanno costellato la carriera dei più ambiti successi per i vini d’alta montagna, ha premiato Massimo Alajmo in qualità di Cuoco dell’anno. Iginio Massari professionista dei sapori legati alla dolcezza, è stato insignito del titolo di Pasticcere dell’anno e Mathias Dahlgren possiede ora il trofeo globale di Chef on the Road dell’anno dopo la decisione di chiudere il Bon Lion di Stoccolma per 12 mesi per fare il giro del mondo! Angelo Corvitto ha portato gelati italiani in Spagna, da italiano residente in Costa Brava da quarant’anni... ed è stato signorilmente colpito dall’insolita benemerenza milanese.
Altrettanto il premio all’ambasciatore del gusto italiano è stato assegnato a Burton Anderson , guru del vino nel mondo, che dal 1977 sposta la sua dimora nell’aretino e ama i vini italiani, in particolare quelli che faticosamente rispettano le origini autoctone anche in un mondo rivolto all’evoluzione, non solo del gusto.
Tutti personaggi che Paolo avvicina nei suoi peregrinaggi “mondiali”, non solo di Terra Nostra, che hanno diritto di accedere e scoprire Milano, una città aperta storicamente agli apporti di tutto il mondo goloso, per tradizione, sono persone con cui sarebbe bello passare almeno una serata. Ne sono convinto e a riprova c’è la storia della gastronomia europea. Milano, con la musica era stata anche culla del piacere e di una classe di alto livello di gastronomia.

Tra i cuochi di parte o direttamente quasi protagonisti Stefania Moroni, sempre alla ricerca di emozioni proprie, alla mia domanda su quale piatto ci incentrasse il, protagonismo fuori Congresso di Aimo e Nadia... mi ha citato: ...Carpaccio di filetto di capriolo marinato con nocciole...
La fine e spasmodica ricerca dei sapori naturali di Aimo mi ha indotto a chiedere: da quale alpe arriva? ho avuto timidamente conferma della nicchia di Aimo con una rappresentazione che immaginavo subito visiva dell’ambiente: perchè la selvaggina è riservata solo ai privati nel nostro paese? perchè devo varcare il confine di ponte Chiasso o quello dei guardiacaccia delle riserve alpine per accedere, nel Cantone civilmente, da noi quasi vergognandomi, a gustare una delle prime prede e bocconi gustosi del Homo Sapiens sapiens?
Perché sono obbligato ad invidiare inglesi e tedeschi e trovarmi in imbarazzo a confrontare i loro cuochi con i nostri nella cucina delle carni di caccia?

Dove sono i paladini dell’italiana dominanza dei saperi e dei sapori?

Che fortuna che la legge non si applica al pesce! beati i Cedroni ed Uliassi che godono della libertà che le capitanerie concedono ancora, con poche eccezioni alle esclusioni...

Incontro Matteo, proprietario della Trattoria della Buona Condotta, ex segretario di Udirtà (stanno per diventare tutti ex?), che mi cerca per portarmi da Fusari... che esclama, “ ma si, che lo conosco!...”
Senza addentrami o fare domande sul tema della Ristorazione di Qualità = Udirtà che aveva tenuto banco durante la scorsa edizione e che sto criticamente osservando nel suo immobilismo da quella data, gli chiedo le “novità”. Da una settimana Matteo ha aperto una “trattoria” che ha chiamato “la certosa del rubello”, un vitigno locale, a Cavenago. Cucina della tradizione a prezzi corretti. Saggia mossa. Matteo ha finalmente una mail: buonacondotta@virgilio.it.
Da subito si aggiunge alla lista di Agorà Ambrosiana.

Altrettanto succederà ad alcune amiche accademiche tra cui Anna Mattioli, eterna vicedelegata dell’Accademia, e Roberta Schirà, consulente “intorno al cibo”, tralasciando colleghi di Roma e Milano della comunicazione stampata e trasmessa.


Cene squisite

Abbiamo detto che il Fuori Congresso è “un percorso in 14 locali con menù speciali, su prenotazione, fino a sabato 4 febbraio.
Ape Piera, con la nuova gestione, in via Lodovico il Moro
Cracco-Peck, in via Hugo
D’O a San Pietro all’Olmo
Don Carlos in via Manzoni al Grand Hotel et de Milan
Emilia&Carlo in via Sacchi
Innocenti Invasioni in via della Bindellina
Joia in via Panfilo Castaldi, grandissimo protagonista di una cucina quasi pitagorica
Liberty di viale Montergrappa
Lovenfood, via Muratori
Il Luogo di Aimo e Nadia, via Muratori
Sadler in via Conchetta
Il Milanese curioso, viale Piave
Trattoria del Nuovo Macello, via Lombroso
Palace Casanova Grill, piazza Repubblica, Westin Hotel

Dice Paolo dalla pagina presa a riferimento per questi flash:

“La cucina di qualità abbraccia oggi più paesi e più forme e nessuno sembra avere l’esclusiva della bontà assoluta (che è un’utopia, un tendere a un arcobaleno che non si farà mai raggiungere e toccare).... Per Scabin la nuova frontiera è negli Stati Uniti... Per Rafael Garcia Santos l’avanguardia spagnola si è imborghesita, soprattutto nei paesi Baschi... Per il giornalista Andrea Petrini , che vive a Lione, non è la cucina francese in sè ad essere in crisi quanto è la percezione che si ha di essa a suonare negativa... La colpa? Della critica gastronomica, per Petrini la peggiore del pianeta, così ottusa da annebbiare qualsiasi nuova idea...”

Mi associo ancora una volta a queste righe di ragionata presentazione della creatura di Paolo Marchi e del suo staff, “Identità Golose”.

Mi spiace di non potere dedicare molto tempo al Congresso. So che potrò vedermelo nel CD o DVD e di risparmiarmi l’ascolto di qualche commento ai microfoni concessi, per imitazione oscena della politica, agli...imprevedibili critici che fin dal primo mattino cantano le ire degli invidiosi...

Alle sciocchezze porrà rimedio il tempo.

Resto anche questa volta abbastanza curioso, ma mi rendo conto che nemmeno questa volta si riuscirà a fare squadra... nonostante le incitazioni degli spagnoli...

Ognuno per sè. Ho promeso di andare a trovare Augusto Tombolato, Executive Chef al Casanova e raccontargli le mie esperienze di sapori ritrovati negli agnelli di Francia e d’Italia e anche di quelli di alcune loro mamme, scarse di tette e di latte, ma con carni fantastiche. Una razza è la Cortenese, a ridosso della culla dove nacque il primo Nobel Italiano della Medicina di cui si festeggia il centenario nel 2006. E’ il professore Camillo Golgi. Lui e l’amico di Tombolato Sergio Mei le aveva provate. Sono curiosità umilissime. Il suo agnellino di ieri sera era Scozzese, da eccellenti territori.

La Cortenese si sta impoverendo con incroci con maschi della Bergamasca, ben più robusti delle piccole delle valli di Corteno.
Martedi 7 Agorà Ambrosiana ha una conviviale di divertimento con le oche di Zelo Surrigone, vicino al Golgi di Abbiategrasso, per restare in tema. Il gras de rost è condimento dimenticato in Italia e a Milano, prelibato dalla cucina d’élite in Francia.
Qualcosa di buono lo hanno fatto anche gli altri. A noi restano Aimo o Massimo o Fulvio o Sergio e Augusto per ricercarli e riscoprirli. Molto di più potrebbe fare la cultura, anche quella delle Consorterie. Come fare a fare filtrare l’informazione?

Il compito è nostro. Noi siamo gli specialisti. Pertanto siamo ricchi di tutto, ma non è per tutti: è importante ricordare dove sia e quanto possa essere utile e buono e renderlo disponibile quando serve.

Buon divertimento.

E. Lo Scalzo
30 gennaio 2006


PS. La prima giornata, ricca di contenuti tematici, alla vigilia oggetto di criticismo affrettato da parte di alcuni critici, si è svolta richiamando un’attenzione molto attenta da una platea di centinaia si congressisti, che ancora a sera erano rimasti in tanti ad applaudire gli ultimi oratori.
Paolo puntualmente ogni giorno ne dà una cronaca viva, precisa e rispettosa dei ruoli.
L’augurio da fare è che i dibattiti abbiano luogo, ma che si perda l’abitudine di discutere ancor prima di avere ascoltato l’esposizione dei temi le conclusioni attribuibili ai protagonisti.
Sono felice del rispetto dei cuochi e pasticceri finalmente insieme anche in Italia, con i colleghi del mondo, presentare e trasmettere il pensiero che cova in ciascuno di essi.
Manca solo una comunione di lingua per rappresentare, per i golosi, la continuazione della favola della buona tavola.

E.LS.
31.01.2006