EVENTI Ho perso l’apertura del Congresso:
giunto in ritardo nella Sala delle Grida mi sono perso Davide Scabin:
ho colto solo l’eco lontano degli applausi dalle strutture di servizio
del Mezzanotte. Carlo ha ricordato i primi due giorni dell’esordio al nuovo Peck, intimorendosi di Milano, delle osservazioni di alcuni critici, tra cui Paolo, preparandosi ad un martirio certamente non atteso invece che a manifestazioni trionfali di accoglienza. Peck aveva rappresentato un problema da risolvere: la culla della gastronomia milanese doveva trovare un angelo protettore ed aveva scelto Carlo Cracco. Oggi può sorridere e guardare dal ponte l’acqua passata con la sapienza della certezza e della consapevolezza di essere stato non solo accettato, non solo spontaneamente riconosciuto come angelo salvatore, ma eletto nel trono dei grandi, dei più grandi. Carlo ha definito la ricerca del gusto “ pratica quotidiana” più che “ricerca”. I piatti del programma si devono alternare a piatti d’innovazione di prodotto e di concetto, di sapori e di consistenze. Tutti i giorni. In media due ore al giorno. Milano è esigente, tutti si aspettano esperienze sempre in evoluzione... Per questo corre alla fine della sua lezione al Cracco Peck, a poche centinaia di metri, per sentire sempre più la parte di se stesso impegnata lungo un cammino senza facili discese. Non più le insalate russe del banco delle tradizioni di Peck, ma quella insalata incredibile delle nuove evoluzioni, con arie, cialde abbellite al cannello e guarnizioni di tartufo nero... Un sogno per l’inizio del viaggio alla sua tavola. La lezione apre la strada ad un Ferran Adria vulcanico, anche se a voce mozzata: apre con considerazioni molto coraggiose sulla cucina del pesce in Europa, criticandone usanze e abitudini poco coerenti con le nozioni di processi di cottura. Non credo che si tratti di giustificare solo una predilezione per le tecnologie e la ricerca di processo per il suo spettacolo. Gli effetti sulla formazione del gusto, sull’esperienza diretta di sensazioni percepite per breve o lungo tempo non sarebbero state possibili. E’ maestro d’arte gastronomica che gioca con tutte le sensazioni, per ogni momento e cercando di toccare tutte le corde. Gli piace comunicare. Brillante è
la soluzione della conservazione delle acque di coltura delle navajas
o cannolicchi o capelonghe con una sequenza di tempi e passaggi fondamentali
per il mantenimento del profumo di mare. Tecnicamente perfetta la dimostrazione
delle fasi e dei componenti della cottura del granchio, dal vivo ai componenti
sezionati fino all’accesso alla sua complessa composizione viscerale,
che serba sapori all’apice dell’intensità marina. La composizione al piatto diventa mosaico, scultura: ciascun elemento convive con se stesso e con l’insieme, in un carosello dinamico di invenzioni, di finte, di verità. Con la freddezza dell’ ingegnere, ma arricchito da espressioni leggere che richiamano Pindaro, il suo mare, altri mari spumeggianti e delicati nell’accogliere uova di ogni genere, di ogni colore, di ogni forma e dimensione. Vere e false, a volte care come quelle vere degli storioni più antichi... Segue un Massimo Bottura pimpante: anche
lui si pone alla testa della tecnologia cucinaria, cercando di giustificare
lo sviluppo della cucina tradizionale con lo sviluppo delle tecniche e
pertanto con qualche modifica di sapori. Paolo Lopriore con serenità è
chiuso a monte dalla imponente personalità dei relatori che lo
hanno preceduto: racconta il suo mare legato al territorio toscano. Non
è tuttavia nè a Viareggio nè aCastiglioncello, nè
in Maremma o nell’arcipelago: è il mare che si coglie a Siena,
dove è nato, che si mischia con la terra, con i funghi di bosco,
porcini, con il “toscano” nel senso del “tabacco del...”.
Ciccio Sultano irrompe con la voglia di
annunciare la sua spontaneità solare: è orgoglioso di essere
siciliano e chi ne sceglie la sua cucina deve sentirsi pienamente in Sicilia.
L’impressione conferma che il tentativo è riuscito: i protagonisti
dei suoi racconti sono la cernia, la spatola, il pesce spada. Moreno Cedroni ha riportato la serenità
della calma adriatica dopo la tempesta siciliana. Anche nelle Marche il
mare fa timore, non mancano tempeste violente, impensabili a prima vista
in quell’angolo di Senigallia, accarezzata dal mare e guarnita dalle
pendici dolci dell’Appennino che lascia intravedere profonde vallate
che si perdono nelle foreste ricche di varietà... che con il mare
hanno poca confidenza. Moreno ha presentato sue idee anche nell’altra
sessione e lo sentiremo ulteriormente nei prossimi giorni su temi d’interesse
critico, quali cosa fare del problema del “anisakis” e delle
direttive guida per il trattamento del pescato fresco che si sta imponendo
anche in termini di sicurezza alimentare. Cedroni è maestro di
crudo e di consistenze di cui continua a perseguire esperienze, prima
e dopo la cottura per cogliere l’attimo fuggente del meglio nel
durante. Il compagno di spiaggia Mauro Uliassi completa
questa carrellata di grandi specialisti di Identità Golose del
mare. L’anno scorso aveva scelto di stupire l’ampia platea
con un accostamenti della sua cucina con i suoni di una serie di strumenti
musicali fino alla composizione di un poemetto musicale. Alla prossima... Enzo Lo Scalzo
La cozza ricomposta di Carlo
Cracco: il mare in bocca...
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