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EVENTI
Per educare il consumatore del domani : qualità e rispetto
Il
5 ottobre scorso si è tenuto a presso la sala dei 500 al Lingotto
di Torino, un interessante convegno, dal titolo "CUM SUMO: il consumatore
e i consumi alimentari nel postmoderno", organizzato dall'Assessorato
all'Agricoltura della Regione Piemonte, con l'intento di provare a fare
il punto su quelli che saranno i consumi nell'epoca post-industriale.
Partendo dall'analisi che oggi, una famiglia, destina all'acquisto di
generi alimentari circa il 34% in meno del proprio reddito in proporzione
agli anni '70, e che dagli anni '80 il numero dei fruitori dei fast food
è diminuito del 70 %, appare evidente che le tendenze dei consumatori
sono in una fase di grande cambiamento. Cresce la sensibilità sull'educazione
alimentare, anche se è ancora alta la percentuale di, persone che
soffre di disturbi collegati ad una scorretta alimentazione. Questi ed
altri aspetti presi in analisi, hanno quindi evidenziato la necessità
di affrontare in una tavola rotonda l'educazione e le prospettive del
consumo nel settore agroalimentare.
La conferenza si è dimostrata interessante ancor prima del suo
inizio, osservando la rosa dei relatori composta da studiosi e personalità
di differenti settori accomunati da ricerche legate all'attuale modo di
interpretare i consumi.
Coordinati dal giornalista Piero Marrazzo sono intervenuti la sociologa
Egeria Di Nallo dell'Università di Bologna; la dottoressa Rosa
Bianco Finocchiaro, coordinatrice del programma interregionale Comunicazione
ed Educazione Alimentare; l'antropologo Richard Wilk dell' Indiana University,
l'avvocato Massimo Sterpi; Carlin Petrini, presidente di Slow Food; il
celebre autore del libro "Mondo alla Mc Donald's" George Ritzer,
e l'assessore all'agricoltura della regione Piemonte Ugo Cavallera.
Dopo l'apertura ufficiale da parte del Presidente delle Regione Piemonte
on. Enzo Ghigo, la parola è andata alla dott.ssa Finocchiaro, la
quale, iniziando a porre una serie di quesiti all'apparenza banali ha
portato la platea a riflettere sull'ovvietà con cui si consumano
le cose oggi, ponendo in evidenza che un consumatore non "educato",
innesca un processo infinito di acquisto e possesso, toglie il valore
reale alle cose, rischiando di divenire dipendente della logica stessa
di un consumo che vive sulla novità.
Ha concluso il suo intervento affermando che l'alimentazione ormai non
è più alla base della piramide di Maslow, ma ricopre un
ruolo superiore, che rientra nella sfera di appartenenza ad un gruppo
o ad un ceto. Per questo, ha auspicato un progetto in cui la cultura alimentare
faccia parte di un percorso educativo più ampio.
Simpatica e coinvolgente ho trovato la relazione della dott.ssa Di Nallo,
la quale dopo aver paragonato il Piemonte al tartufo "il Piemonte
ed i piemontesi sono come il tartufo: più lo pratichi e più
ti piace; sembra rustico, invece è raffinato, e conoscendolo è
più bello dentro che fuori
" , ha esposto una concreta
teoria sul rapporto che intercorre tra la qualità del cibo e la
felicità che ne deriva. Da questa teoria si evidenzia la necessità
sempre maggiore di rendere concreto il contatto tra il produttore ed il
"cum-sumatore" a tutela e certificazione di garanzia della qualità.
Tra le varie tesi esposte si è anch'essa ricollegata all'esigenza
che serve sempre più una corretta divulgazione e cultura del cibo,
soffermandosi sui cambiamenti dei valori di oggigiorno, il cui esempio
a lei più vicino deriva dalla priorità che danno molti,
troppi genitori, alla tipologia di alimentazione seguita dai propri figli
piuttosto che alla loro formazione culturale.
Per concludere ha ancora sottolineato l'importanza del cibo nella comunicazione
umana, ricordando esempi di metafore o simbologie nelle quali gli alimenti,
in quanto universalmente riconosciuti, sono utilizzati quale elemento
base, avvalorando la tesi della grande attenzione che, oggi più
che mai, occorre porre quando si parla di "cucinaria" (termine
più appropriato di culinaria, secondo la dott.ssa Di Nallo)
Successivamente, il professor Wilk ha raccontato la sua esperienza nel
Belize, soffermandosi sul modo in cui la popolazione è arrivata
a prendere coscienza sull'identità della propria cucina locale;
l'assurdità che rilevava era quella del ruolo fondamentale sostenuto
dall'attuale globalizzazione, la quale ha fatto scaturire negli animi
degli emigranti in America l'esigenza di ritrovare le proprie origini
gastronomiche, ritornando non tanto ai piatti che mangiavano (frutto della
prima vera globalizzazione degli inizi dell'1800) ma portando, in questi
territori, i prodotti originari delle loro terre dai quali hanno ricavato
menu ricchi di tradizione.
Un'analisi interessante, che ha portato a riflettere sull'importanza dell'identificazione
territoriale che ha il consumo del cibo nell'evoluzione umana.
Ma il punto più acceso del convegno si è avuto quando il
professor Ritzer ha lanciato l'allarme verso la nuova "economia del
nulla", ovvero realizzata dalle grandi imprese multinazionali, dove
non esiste più alcun legame tra il prodotto, i sapori di provenienza
e la catena produttiva. Usando i concetti di non luoghi e non cibi, il
professore ha voluto sottolineare l'attuale discesa di questo modo di
"fare cibo standardizzato", dove una patata fritta viene servita
identica in ogni parte del mondo.
Si è invece concentrato sull'attuale rilevanza che hanno i marchi
di un prodotto, l'avvocato Massimo Sterpi, il quale ha raccontato l'evoluzione
subita dagli stessi fino ad oggi, giunta al punto da superare il valore
del prodotto stesso, avvalorando le affermazioni della dott.ssa Finocchiaro
sull'importanza che il cibo riveste oggi nella società, non più
solamente da un punto di vista alimentare ma anche di status simbol.
Il ritorno all'esigenza di una corretta educazione del consumatore, sembra
quindi essere l'unica arma per non far si che si rimanga succubi dei marchi
e delle grandi industrie.
Ha concluso la serie di interventi Carlo Petrini, il quale ha posto l'interrogativo
sulla sostenibilità dei prodotti applicata all'attuale modo di
effettuare i consumi alimentari.
Tra i vari argomenti trattati ho trovato interessante il rapporto preso
ad esempio, ovvero la sostenibilità delle coltivazioni biologiche
della California a discapito dell'aspetto sociale delle stesse, in quanto
realizzate con lo sfruttamento dei lavoratori immigrati.
Tirando le somme è quindi emerso un pensiero comune: qualità,
non solo da un punto di vista organolettico, ma anche nel rispetto della
società umana. A questo si dovrà puntare nell'educare il
consumatore di domani.
Buoni acquisti.
Fabio Verona
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