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A Busto Arsizio il convegno: Latte, cacio, mucche, marcite, gusto e buon gusto…, dalle regioni del sud alla città infinita

Presentata da un articolo pubblicato su La Prealpina il 17.11, la 'cultura servita sulla tavola (rotonda)' "Latte, cacio, mucche, marcite, gusto e buon gusto…" ha fatto breccia nella tradizione gastronomica di Busto, centro di protagonismo multiforme della 'città infinita' della comunità Ambrosiana!

Silvestro Mandara, Giorgio Ottogalli, Enzo Lo Scalzo, Giovanni Frati,
Pietro De Crescenzio

Aperta da un saluto del presidente della Famiglia Bustocca professore Michele Crespi e dagli auguri del sindaco Luigi Rosa, la scaletta proposta dal conduttore avviava la presentazione del sapere dei relatori richiamando i titoli dei primi diciassette capitoli della "Summa Lacticinorum" di Pantaleone di Confienza, pubblicata pochi anni dopo il trattato del Platina "De Honesta Voluptate" del 1475 e divulgata nella traduzione curata da Lapini e Toti dal Consorzio per la Tutela del Formaggio Padano nel 1990.

I temi esposti dal medico di Confienza oltre mezzo millennio fa non sono diversi da quelli che in era post-nucleare vengono alla ribalta negli approfondimenti su caci e latte proposti ai relatori quali oggetto di divulgazione, informazione e scambio di curiosità nella sala delle riunioni della Bustocca: dopo il primo giro di presentazione delle tesi, lo stimolo alla curiosità ha dato inizio a uno scambio di osservazioni che si è spontaneamente allargato.

Le annotazioni schematiche che ne seguono hanno solo lo scopo di richiamare la cronaca; le foto di Enza Bettelli di ASA danno l'idea dell'ambiente reso ancor più familiare dal divertimento conclusivo con i caci dei maestri Pietro De Crescenzio e Silvestro Mandara, giovani figli d'arte del sud, residenti nel territorio ambrosiano e protagonisti della bella avventura del trasferimento di parte del patrimonio caseario delle loro famiglie al latte, alla cultura alimentare, al gusto e alla gastronomia della Lombardia.

Dopo avere presentato Agorà e Asa, ringraziando la presidente signora Gudrun Della Via per la sua presenza, la parola passa al professore Giorgio Ottogalli che ha esposto la complessità del tema soffermandosi sui criteri di descrizione e di organizzazione scientifico-divulgativa dell'immenso patrimonio che paesi come l'Italia, la Francia ed altri europei, sanno non solo sostenere ma di cui perseguono l'evoluzione nei territori di origine conservandone la tradizione naturale e affrontando problematiche che la società alimentare pone in essere cercando in nuove direzioni.

La tecnologia francese è - lasciatemi dire - come nei vini (cantina e vigna) anche per i formaggi più sofisticata e sviluppata verso elaborazioni di tecniche di affinazione più che di casera. I contadini, con libero accesso ai mercati di città e di villaggio, hanno il prestigio del loro territorio. Ogni tanto qualcuno spicca il volo e affronta produzioni e distribuizioni più ambiziose.
Da noi manca soprattutto il rapporto diretto con il mercato. Sia Pietro che Silvestro lo hanno costruito, con tanta pazienza e perseveranza.

Molti tabù sono da riportare a serena riflessione come colesterolo-fobia, psicosi da contaminazione batterica, eccessi di precauzioni sanitarie, che - come per tutti i presidi di lunga tradizione storica - influenzano l'insorgere di ombre sulla qualità del gusto per interi segmenti di popolazione.
La diffusione e l'influenza di informazioni non sempre trasparenti dei mass media audio-tele-visivi viene citata e criticata anche dai relatori. Alcuni esempi sono ripresi e vivacizzati sia per i contenuti di sicurezza che del piacere.
Alcune aspettative di buon gusto del pubblico, colte giornalmente nella frequenza dei rapporti con i suoi clienti da Giovanni Frati, sono confrontate con la qualità dei prodotti della sua proposta o quelli di altri centri commerciali. Non sempre una scrupolosa selezione riesce ad autosostenersi da subito.

Lasciata ad altre lezioni di scienza la chimica, fisica e microbiologia di latte e formaggio, è entrata nel gioco delle risposte più che altro la cultura accademica e storica. Oggetto di saperi e di sapori sono state occhiature, perlature, gocce grasse, riconoscimenti, fermentazioni e erborinature…
Il riconoscimento di retrogusti indotti dalla alimentazione dei generosi mammiferi sono stati esposti dai maestri di cacio che hanno ricordato a volte fragranze di macchia mediterranea del sud, dal coordinatore che ha tratto testimonianze di buone erbe ed aromi proprio dalla salutare presenza di flora spontanea nelle marcite e nei prati della pianura lombarda.

Produttrici di latte, formaggi freschi e formaggi invecchiati, conservazione del prodotto, servizio a tavola, piacere e divertimento gastronomico alla sua degustazione, tempi e modi, sequenza di intensità di sapori e di consistenze, i misteri delle fermentazioni primarie, secondarie, terziarie e il rapporto posiitivo e negativo con i sapori, intuizioni degli antichi sulle ragioni dei difetti di caseificazioni si sono alternati in una serie vivace di osservazioni e domande. Tra le nostalgie restano quelle del "lodigiano", scomparso da alcuni decenni, ma in incubazione per una rinascita. Forse anche - da parte di alcuni che non hanno osato parlarne per timidezza - c'è nostalgia, a Busto, della antica formaggella di nonna…, diversione di cagliata di casa tra fili e telai…

La storia del provolone del monaco e della tradizione della penisola sorrentina si è interposta con quella di burrate, mozzarelle e fiordilatte di Gioia del Colle, rifatte a simiglianza dopo breve incubazione con ottimo latte lombardo. La ristorazione di qualità plaude al miracolo della disponibiltà di caci freschi che non dovrebbero vedere mai il frigorifero. Lo ha testimoniato lo stesso ex presidente della Federazione Nazionale Cuochi, Antonio Creti; ne hanno commentato gli effetti esperti in sala e al tavolo con Frati, Soavi, Lo Scalzo, Bettelli.

Chi ha criticato la carenza di etichettatura appropriata rispetto ai cugini d'oltralpe ha recepito anche che in larga parte le dimensioni dei caci italiani non la consentono (sarebbe come mettere l'etichetta sulle singole fette di prosciutto?). A volte lo impedisce la qualità, la consistenza. Vero che i francesi hanno tipologie molto differenti, frammentabili in scatole che conservano una loro identità tradizionale. Noi abbiamo una tradizione più vicina alla stalla, alla baita, ai casari: generata da rapporto diretto con la cagliata e dalla sua stagionatura per una lunga conservazione. Non c'erano frigoriferi in ogni casa fino alla seconda metà del novecento!

Tuttavia ci si confronta, si progredisce, qualche volta si modifica, non sempre per il meglio. Il fior di latte cagliato e lavorato con il bastone di legno è visto come il diavolo dalle guardie del rischio, NAS, ASL e chiunque venga a ispezionare, a punire, a minacciare. Spesso il costume inquisitorio prende il sopravvento, ma certamente la sicurezza è obiettivo di fondo: per le industrie. Il rischio andrebbe quantificato. Ma da quale rischio si desidera difendere un fior di latte e mozzarelle quando la loro tecnologia storica obbliga a condizioni di lavoro vicine ai 100°C e alla mozzatura a mano è da eseguire con knowhow da scultore e chirurgo insieme?

Il maestro di cacio sente e vede con le mani, quando è esperto, con maggiore sensibilità di uno strumento. Purtroppo è insostituibile, questo il suo limite: quanti anni di esperienza sono necessari per impregnarne i geni? Certamente la sua opera è quella di un artigiano, di un artista, non di un dirigente-direttore tecnico che deve assicurare la produttività e l'assenza di qualsiasi fattore di rischio nella serie di una linea industriale.

Interessante lo scambio aperto sul tempo e sul valore gastronomico del piatto dei formaggi: uno solo o di più qualità? Un ventaglio? Dopo il pranzo? Come piatto principale? Le idee e i suggerimenti sono molteplici, le conclusione restano personali. Esperti da una parte e dall'altra del campo non si accapigliano, ognuno conserva il diritto al proprio piacere. Peccato, si constata, che i ristoranti italiani abbiano - a differenza dei cugini d'oltralpe - una scarsa predisposizione per la proposta del carrello dei caci. Perché?

Non riesco a trovare traccia di risposte che accontentino una critica seria e serena alla statistica assenza dei formaggi al ristorante medio: varietà, conservazione, accostamento con vini, scarsa disponibilità dei cuochi a prodotti di banco? Eppure la qualità trasversale della ristorazione tipica ricerca e propone salumi, insaccati, conservati… di carni e altri semilavorati alimentari. Anche di pesce come le antiche conservazioni affumicate e/o essicate all'aria conservate in sale, olio o grasso.

Un suggestivo consiglio di Frati: usate i caci come secondo piatto e imparate ad ascoltare il formaggio… a esempio.. durante la masticazione… ascoltate la scala delle consistenze, delle tonalità di gusto, con o senza accompagnamenti. Ricordo la riflessione fatta a un convegno a Castegnato: con chi si sposa il formaggio? Un saggio affermò che la condizione preferita è quella di essere "single", ma senza disdegnare amanti divertenti: mostarde, salse, verdure…

Lo scienziato rinforza l'immagine della bontà e purezza delle proteine nel latte da mucca: occorre che scorra tanto buon sangue nell'animale, ben 350 litri pompati dal cuore per un solo litro di buon latte!
La tavola e la sala appaiono in sintonia: una mucca libera nella scelta della sua alimentazione al pascolo, lasciata in pace a ruminare in ambiente ricco di ossigeno, genera proteine capaci di trattenere i profumi della scelta in modo tale da trasferire i suoi umori senza bisogno di ricorrere ad altre amanti… Un buon vino può aiutare la meditazione, ma che sia poco astringente, poco tannico: disturberebbe l'emersione dei retrogusti…

Con queste note e altre curiosità appagate personalmente si è conclusa ta tavola rotonda e si è passati agli assaggi. Un patrimonio eccellente, locale, da apprezzare che la conoscenza diretta dei protagonisti rinforza.

Ricorro a documenti del passato per ricordare come in Lombardia

…"il suolo che non sia soverchiamente umido, e vesta la flora Lodigiana, segnatamente il trifoglium repens detto ladino, il lollium perenne detto lojessa, la plantago lanceolata detta lingua di cane, il rumex acetosa e il rumex acetosella detta erba sabina e erba brusca, il leontodum hispidum detto cicoria selvatica, la posa annua detta piuma ecc.,…
… ove si usi dello stesso sistema di governare i prati e regolare le mandre; e dove s'adoperi principalmente lo stesso metodo di fabbricare il cascio, e il di cui clima non sia troppo caldo per la manifattura di quest'ultimo latticinio…
… allora si potrà ottenere un Formaggio non inferiore al nostro… anche dove la flora è alquanto dissimile della lodigiana, sì rispetto alle erbe dominanti che alle loro specie, quando vi sia parità di circostanze nel resto ed ove assai pingue sia il terreno e molto ricco il prato."…

Cosi premetteva il dr Agostino Bassi in una lettera indirizzata al conte Giovanni Barni Corrado, il 20 Agosto 1820, con cui lo ringraziava per l'amore rivolto all'iniziativa di costituzione della Fabbrica di Formaggio nella sua tenuta di Roncadello.

Così il coordinatore della tavola rotonda auspica che i cittadini della "città infinita" apprezzino i giovani venuti dal sud a portare il valore del gusto nelle lande della pianura padana…

Enzo Lo Scalzo


Appunti golosi alla Tavola Rotonda

Pietro Di Crescenzio del caseificio Jonica casearia, via Palestro 47, Busto Arsizio (Va)
Silvestro Mandara del caseificio Mandara, viale Italia 12, Corsico (Mi)

Hanno presentato:

- pomodorini, olive e olivone verdi e nere con scamorzine affumicate di fior
di latte
- nodini di fior di latte
- stracciatella
- ricotta forte
- ricotta fresca di mucca
- ricotta fresca di pecora
- crema di ricotta piccante (Asquanta)
- caciocavallo giovane (Pancaciocavallo)
- caciotte di capra a latte crudo d'alpeggio (valli varesine)
- burrata
- fiordilatte

da latti crudi 100% del magentino e delle province cremonesi


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Al ristorante la Barca, via A. Ratti 54, la famiglia Virgilio ha preparato per i relatori di " Latte, cacio, mucche, marcite, gusto e buon gusto" questo menu:

La chicca dello chef, passato di ceci con frutti di mare e olio extravergine d'oliva di Bitonto

Orecchiette di mamma Virgilio al nero di seppia, seppia e cacioricotta

Dentice all'antica, al gratin di mollica e cacio in guazzetto pugliese

Torta di ricotta

Il tutto con stupendo Mjere Rosato del Salento della cantina di Michele Calò


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