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L'agroalimentare siciliano vuole visibilità

In tutti i settori, economici, industriali e dei servizi, si voglia o meno, la globalizzazione avanza spedita. In Italia, rispetto ad altre nazioni, esiste però un comparto, precisamente quello agroalimentare, che con molte ragioni, fa breccia. Insomma, non ci sta.
Le motivazioni sono tante e sacrosante. Molte di queste sono state documentatamente espresse da un nutrito numero di autorevoli protagonisti del settore in occasione del convegno internazionale "Sicilia Madre Mediterranea, promosso dalla Regione Sicilia, dal Touring Club Italiano e dalla Fondazione Italiana Buon Ricordo. Convegno che è giunto alla seconda edizione cadenzato e dislocato in due sessioni, rispettivamente a Palermo e Milano; ciò per avere la massima evidenziazione sul territorio nazionale.
Il claim che meglio sintetizza le tematiche svolte nelle sessioni del programma potrebbe essere "Pensare globale, agire locale". Infatti, difendere e sostenere l'economia locale e la tradizione agroalimentare e quindi gastronomica italiana significa valorizzare e promuovere i prodotti tipici di qualità. Questi gli obiettivi da centrare per vincere la sfida verso una agguerrita concorrenza internazionale in epoca, appunto, della galoppante globalizzazione, ancorché delle tante contraffazioni che vengono perpetrate ai nostri prodotti alimentari. Per tacere dei vini.
"Le regioni italiane e quindi anche la Sicilia - ha detto Franco Iseppi, che ha coordinato il Comitato scientifico del convegno - non possono competere sul mercato mondiale con grandi volumi, sia per carenza di strutture produttive e distributive adeguate, sia per i condizionamenti delle leggi comunitarie". Un alito d'ottimismo è venuto da Roberto Ruozi, presidente del Touring Club Italiano che dal suo privilegiato osservatorio ha affermato di registrare una crescita della domanda dei prodotti di qualità. "L'agroalimentare, unitamente al turismo, è un comparto forte dell'economia italiana, ancora parecchio sottovalutato, che merita d'essere valorizzato al massimo".
Territorio e prodotti necessitano però di robuste tutele internazionali. Concetto sottolineato da Paolo De Castro, presidente di Qualivita: "Senza un'efficace tutela quel legame fondamentale che unisce produzione e tipicità del territorio non è attualmente garantito fuori dell'Europa". Se all'interno della Ue la protezione è sufficientemente garantita dai marchi dop, igp, docg e doc, protetti dalle normative comunitarie, nel resto del mondo la forbice dei controlli è di gran lunga più ampia.
Ne sanno qualcosa, ad esempio, al Consorzio del Parmigiano-Reggiano e al Consorzio del Prosciutto di Parma che al convegno hanno soltanto accennato alle infinite imitazioni cui i loro prodotti sono soggetti, alcune delle quali d'una sfrontatezza inaudita.
La strategia vincente per difendere l'agroalimentare italiano, attanagliato tra contraffazione e globalizzazione, è quindi la collaborazione. Si sono trovati d'accordo sia i testimoni della produzione locale di qualità sia i protagonisti della grande distribuzione convenendo sulla necessità primaria di un lavoro sinergico di informazione e tutela. D'altronde anche la Gdo , lo ha affermato un rappresentante di Auchan, è perfettamente allineata a questo concetto. Roberta Silva del colosso Kraft ha spiegato che anche le multinazionali danno importanza alle produzioni territoriali regionali. Il punto forte è comunque la brandizzazione, occorrono marchi evidenti e riconoscibili del prodotto italiano di qualità. Il simpatico David Biltchick, che oltre vent'anni fa ha traghettato negli Usa il prosciutto di Parma, ha posto l'accento sulla necessità di trovare e applicare sinergie comuni: "Come nel caso, appunto, del consorzio di Parma che ha messo insieme diversi produttori per commercializzare il più famoso prosciutto crudo del mondo". Al convegno, il mondo del vino era rappresentato da Mauro Lunelli, che per i non addetti significa spumante Ferrari, il quale ha voluto ricordare come in un quarantennio si è passati dal concetto vino-alimento a quello di vino-piacere sensoriale. Perciò, chiosava "oggi servono scelte di qualità e di rapporti ampi".
Ancora di vino ma di rapporti di collaborazione hanno parlato anche Luigi Soini, boss della Cantina produttori Cormons e Peter Molnar, vitivinicoltore ungherese, proponendo un accordo tra Tocai friulano e Tocaji ungherese, che possa essere d'esempio alle altre nazioni.
Ha concluso il convegno Innocenzo Leontini, assessore all'Agricoltura della Regione Sicilia che ha fatto una panoramica sulla realtà agroalimentare dell'isola, le sue notevoli potenzialità e gli oggettivi vincoli strutturali (e non solo), che ne soffocano lo sviluppo.

Giuseppe Cremonesi



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