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EVENTI
Eurocarne, Unaitalia: «nel TTIP difendere
la filiera Made in Italy con l’etichettatura»
Comparto avicunicolo vale 5,7 miliardi.
Consumo orientato verso preparati e porzionati
«Se, come temiamo, il negoziato sul libero scambio con gli Stati
Uniti porterà ad un’apertura nei confronti delle importazione
avicole, vogliamo la sicurezza dalla Commissione europea che il prodotto
importato rispetti gli standard comunitari in termini di biosicurezza,
benessere animale, divieto nell’utilizzo di sostanze chimiche, a
tutela in particolare della filiera avicola italiana».
Lo dichiara Lara Sanfrancesco, direttore generale di Unaitalia (Unione
nazionale filiere agroalimentari carni e uova), il 30 ottobre a Verona
nel corso del del Roadshow di Eurocarne, ultima tappa di un tour che ha
toccato Legnaro (Padova), Reggio Emilia e Milano e che proietta il comparto
verso la grande manifestazione dedicata alla filiera delle carni e alle
tecnologie per la produzione, lavorazione e commercializzazione.
«La rassegna internazionale – ricorda il direttore generale
di Veronafiere, Giovanni Mantovani – è in programma a Verona
dal 10 al 13 maggio 2015 ed è l’unica che ha adottato un
approccio verticale di filiera, dal produttore fino al banco di vendita».
Per contrastare i pericoli del Ttip (Transatlantictrade and Investment
partnership), il Trattato transatlantico per il commercio e gli investimenti,
spiega Lara Sanfrancesco, «stiamo lavorando per far emergere i valori
della filiera avicola italiana, anche attraverso l’etichettatura;
solo così potremo difendere l’autosufficienza produttiva
e tutelare le caratteristiche del Made in Italy che rendono il prodotto
sicuro e rispettoso di standard produttivi elevati. Altrimenti il rischio
è che l’avicoltura italiana non sia più competitiva
in caso di importazioni dagli Stati Uniti».
Le minacce sono di due ordini. «L’utilizzo negli Stati Uniti
di antibiotici promotori della crescita e l’impiego di decontaminanti
come il cloro per abbattere eventuali agenti patogeni – specifica
Sanfrancesco -. Entrambe le procedure sono vietate nell’Unione europea».
Altri rischi, inoltre, sono di ordine economico, perché «i
costi di produzione in Italia sono molto più elevati, anche per
garantire una tracciabilità della filiera che risponde ai massimi
requisiti di sicurezza alimentare».
CARNE AVICOLA, CONSUMI IN AUMENTO. Nel
corso degli anni i consumi di carne avicola sono aumentati in maniera
considerevole, passando «da 1,5 chilogrammi pro capite annui negli
anni Cinquanta – osserva Sanfrancesco – agli attuali 19,30
chili e le prospettive sono di un’ulteriore crescita nel medio-lungo
periodo, tanto che nel 2050 quella avicola sarà la carne più
consumata al mondo».
L’evoluzione dei consumi, prosegue il direttore generale di Unaitalia,
ha registrato modifiche anche sul fronte degli acquisti. «Fino agli
anni Ottanta – osserva – si consumava solo il pollo intero,
mentre oggi il trend si è invertito e il consumatore predilige
le singole parti: la coscia, il petto, le ali, la sovra-coscia, grazie
anche all’evoluzione delle tecnologie e all’estro tipico del
Made in Italy, che ha portato ad avere prodotti ad alto contenuto di servizio».
Cambiamenti che si possono riassumere così: «Il 28 per cento
dei consumi sono rappresentati da preparati e trasformati, come ad esempio
spiedini e roll-on, il 60 per cento è legato alle singoli parti
avicole, mentre solo il 12 per cento è dato dall’acquisto
di avicoli interi».
Dinamiche, queste, che rispondono ai cambiamenti della società,
che riflette un aumento delle famiglie mononucleari e la ricerca di prodotti
pronti risponde al bisogno di avere una facilità di accesso agli
strumenti di cucina più veloci.
Nel 2008, invece, il 21 per cento era rappresentato da preparati e trasformati,
il 64 per cento da singole parti avicole e il 15 per cento da avicoli
interi.
UNAITALIA IN CIFRE. Unaitalia rappresenta
oltre il 90% di tutta la produzione avicunicola nazionale, pari a 1.258.800
tonnellate di carni avicole e 68.000 tonnellate di carni cunicole (anno:
2013). Il valore alla produzione ha toccato i 5,7 miliardi di euro, mentre
i dipendenti della filiera sono complessivamente 100mila, tra diretti
(55mila) e indotto. «Le previsioni dei consumi nel 2014 sono sostanzialmente
stabili, con un incremento dello 0,4 per cento, mentre i consumi sono
stazionari – riassume Sanfrancesco -. La filiera avicunicola è
l’unico comparto zootecnico in cui l’Italia può contare
sulla sovranità alimentare, grazie a una produzione pari al 108%
del fabbisogno, con 243mila tonnellate esportate e 145mila importate».
POLONIA PRIMO PRODUTTORE EUROPEO.
A livello europeo l’Italia si colloca al sesto posto in termini
di produzione, dopo Polonia (2.372.000 tons), Francia (1.872.000 tons),
Germania (1.708.000 tons), Inghilterra (1.606.000 tons) e Spagna (1.299.000
tons).
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