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Halloween: con la crisi il “business stregato” crolla del 20%. E anche per la zucca non c’è festa
La Cia stima sotto i 300 milioni di euro il giro d’affari legato alla ricorrenza del 31 ottobre tra costumi, addobbi e dolcetti. Per l’agricoltura non ci sono sorprese: i prezzi sui campi per le zucche restano non remunerativi mentre crescono i costi produttivi. Comunque la vendita di questi prodotti si spalma su tutto l’anno, quindi Halloween non ha grande rilevanza. Diverso il discorso per le zucche “ornamentali”, che però restano una nicchia.

La crisi spaventa molto di più dei mostri di Halloween e quest’anno “pesa” come un macigno sul giro d’affari legato a questa festa. Le difficoltà economiche delle famiglie scoraggiano ogni acquisto, tanto che quest’anno il “business stregato” crollerà del 20 per cento circa. La spesa complessiva scende sotto i 300 milioni di euro tra dolcetti, addobbi, feste e costumi, soprattutto per i bambini, contro i 360 milioni del 2012. Anche le vendite di zucche si preannunciano fiacche, forse qualche eccezione potrebbe esserci solo per quelle decorative con una lieve crescita compresa tra l’1 e il 2 per cento. Sono le stime della Cia-Confederazione italiana agricoltori in occasione del 31 ottobre.
C’è da dire, però, che le zucche si vendono tutto l’anno e non solo ad Halloween, anche perché un tempo nel nostro Paese questa festa di origine anglosassone non era praticamente considerata. Di conseguenza -spiega la Cia- Halloween ha sempre inciso poco sul mercato. Negli anni passati, tra la fine di ottobre e i primi giorni di novembre, non si sono avuti aumenti significativi delle vendite. Un trend che si ripeterà anche quest’anno. Soltanto quelle decorative hanno messo a segno incrementi, che tuttavia raggiungono un livello alquanto marginale, anche perché vengono usate soprattutto nei locali e poco nelle case, al contrario di quanto avviene per esempio negli Stati Uniti e in molti paesi del Nord Europa.
La produzione nazionale di zucche oggi si attesta intorno ai 50 milioni di chili annui, con una flessione tendenziale del 12 per cento, in parte a causa delle “bizze” del clima, ma anche per colpa dei prezzi sui campi non remunerativi che deprimono gli investimenti -osserva la Cia-. Basti pensare che negli ultimi anni sul prezzo di vendita finale la fase produttiva ha inciso al massimo tra il 18 e il 20 per cento. Il che è insufficiente alle imprese agricole per coprire tutti i costi produttivi, burocratici e contributivi.
La coltivazione di zucche “made in Italy” -aggiunge la Cia- copre complessivamente una superficie di duemila ettari e interessa soprattutto la Lombardia (Mantova, Cremona, Brescia), l’Emilia-Romagna (Ferrara), il Veneto (Venezia) e la Campania. Si tratta di un prodotto destinato prevalentemente al consumo alimentare: solo negli ultimi anni ha cominciato a crescere la coltivazione di varietà di zucche a scopi ornamentali (possono pesare anche dai 300 ai 400 chili), vendute soprattutto per la festa di Halloween. (www.cia.it)


 


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