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Piatto Solidale d’Artista

Sviluppata negli ultimi anni come parte integrante di un progetto più ampio (Il “RACCOLTO” di Arte da mangiare mangiare Arte, associazione culturale con sede presso l’Umanitaria a Milano), quella del PIATTO SOLIDALE D’ARTISTA è una iniziativa creata 12 anni fa da Ornella Piluso (nome d’arte: topylabrys), e oggi “potenziata” in vista di Expo 2015…
Curata per Arte da mangiare mangiare Arte da Oriana Del Carlo, con la supervisione enogastrosofica di Stefano Valera, coinvolge nelle intenzioni dei suoi promotori Ristoranti e Hotel prestigiosi a Milano e, prossimamente, anche in tutto il Nord della Penisola…
Di che si tratta?
Il Piatto Solidale d’Artista è un vero e proprio laboratorio di ricerca, l’occasione per uno scambio di esperienze creative tra due “protagonisti” della ricerca, in materia di Arte e Cucina: lo chef e l’artista.
Dal loro “incontro” personale e professionale trae origine una sinergia inedita: lo chef crea e propone al pubblico, nel menu del suo ristorante, una nuova ricetta originale; mentre l’artista presenta nel locale scelto una sua opera (o più opere), ispirata dal “laboratorio” in cucina con lo chef.
Dal 15 aprile 2012 nei ristoranti e negli hotel coinvolti dal progetto di AmmA, il pubblico godrà così di una vera e propria esposizione d’arte ispirata al cibo, alla scoperta del sapore di un’opera d’arte…
E non è tutto! Per ogni Piatto solidale d’artista servito nei vari ristoranti, un euro sarà devoluto a una Onlus, che si occupa di sfamare chi non ha da mangiare: quest’anno è stata scelta la Tazzinetta Benefica, storica onlus milanese.
Questa esperienza di sinergie tra Cucina e Arte è fondamentale soprattutto in occasione di Expo 2015: un contributo insostituibile alla conoscenza e alla diffusione del “made in Italy” in tavola e nell’Arte.

LABORATORIO CREATIVO ALL’HOTEL FOUR SEASONS
Antico monastero del XV secolo, trasformato oggi in un santuario del lusso e del comfort, il Four Seasons accoglie i suoi ospiti come solo Milano sa fare, mettendoli a proprio agio, come in una casa “ultraconfortevole”, riscaldata dal calore del suo personale attento e professionale.
E’ un Hotel “cinque stelle” che non si dimentica mai, neppure per un istante, della vostra presenza, riservandovi un’infinità di coccole, nelle suite, nei due ristoranti interni, nel foyer e nella modernissima Spa. Nel centro storico di una città borghese dell’800, che sogna il futuro con Expo 2015.

LUOGO: CUCINE DELL’HOTEL FOUR SEASONS DI MILANO
I protagonisti
Sergio Mei Tomasi, Executive chef del Four Seasons Hotel Milano
Illustre portavoce della cucina italiana nel mondo - ha lavorato a Parigi, Istanbul, Nuova Delhi, Tokyo, New York e San Francisco - ricevendo nel corso della sua lunga carriera vari riconoscimenti, fra cui la medaglia d’oro alla Culinary World Cup in Lussemburgo nel 1994, il titolo di “Cuoco dell’Anno” a Campione d’Italia nel 1998 e il premio “La Navicella d’Argento” nel 2006. Attualmente è anche docente presso l’Ecole Lenòtre a Plaisir (Parigi).
Autentico e generoso sostenitore della tradizione italiana, è sempre curioso di scoprire le culture gastronomiche di altri Paesi, amando coglierne spunti innovativi, qualunque sia la fonte: un collega “pluristellato” o una genuina ricetta contadina.
Ornella Piluso, In arte “topylabrys”
Artista milanese, Ornella Piluso crea opere con materiale plastico, usando il fuoco di un Bunsen. Ha sperimentato presso la Mazzucchelli di Castiglione Olona il fascino del Rodhoid. Negli anni '80 e '90 è stata ospite del laboratorio Montedison di Bollate (Mi), dove ha realizzato i “Treliti”, la pietra del tremila, con materiali di scarto. Nel 1996 ha fondato a Milano presso la Società Umanitaria "Arte da mangiare mangiare Arte", associazione culturale impegnata nel realizzare eventi d’Arte con “contaminazione” di cibo. Il suo lavoro pittorico e scultoreo s’innesta in una tradizione artistica nel solco delle esperienze materiche novecentesche di Burri e di Yves Klein.

CRONACA DI UNA RICERCA D’ARTE E CIBO
Le cucine di un Grand Hotel - in questo caso il Four Seasons - sono già di per sé un luogo magico e affascinante, dove l’incontro tra Arte e Cibo avviene spontaneamente, come un antico rito con due “officianti”: l’artista e lo chef.
In questo caso (ai due) si aggiunge il “fedele cronista”, io…
Il progetto di AmmA prevede quest’anno una forma più “avanzata” di collaborazione artistico culinaria, definita “Laboratorio ‘Arte-Cibo’”.
In cosa consiste?
Dopo una serie di incontri, un po’ sedute d’analisi e un po’ condivisione di reciproche esperienze, il “Laboratorio” permette di realizzare allo Chef una ricetta originale, inserita nel menu, e all’artista un’opera d’arte, presentata nel locale.
Il clou della ricerca consiste nella definizione e nella condivisione dei rispettivi “codici” di entrambi: con la trasposizione di quelli dell’artista in una ricetta inedita e di quelli dello chef in un’opera nuova dell’artista.
Sergio Mei, sardo trapiantato a Milano molti anni fa, è uno chef pluridecorato a livello internazionale. Da molti anni, in qualità di Executive Chef, dirige autorevolmente i due ristoranti dell’Hotel Four Seasons, nel cuore della città, in via del Gesù: il Teatro e la Veranda.
La sua natura è solo in apparenza schiva: in realtà Mei nasconde - ad approfondirne la conoscenza - una carica umana generosa e una spinta altruistica aperta al mondo intero e alle novità di ogni giorno.
La tipica “ombrosità” sarda è stata “temperata” e ammorbidita dagli anni trascorsi - lui stesso lo racconta - fra le nebbie padane. La sicurezza acquisita con l’esperienza, la delicatezza nel maneggiare le materie prime, in un mix di rispetto della natura e di amore nell’apprezzarla, come se il suo “cucinare” fosse un ringraziamento continuo alla bellezza e alla varietà del creato.



(Foto di Gianfranco Maggio – Sergio Mei e Ornella Piluso)

Un’Autorità in cucina, dunque, e insieme un uomo semplice, vicinissimo a noi, che si dà con franchezza all’interlocutore, come la sua cucina al nostro palato.
Le sue scelte sono quindi apparentemente semplici nella complessità straordinaria dell’ordinario di ingredienti comuni (anche se sempre di qualità eccelsa), come la cipolla che ci fa annusare al primo incontro, con una maestria mista di umiltà, che è poi grande coscienza-conoscenza delle cose e delle persone.
Il primo incontro con l’artista topylabrys, a un tavolino del Four Seasons, davanti a un caffè, rivela un interlocutore di poche parole, ma cordiale; indaffaratissimo, ma attento nell’ascolto di chi ha di fronte. Topy parla del suo materiale preferito, la plastica, morbida e liscia, il suo “primo amore” fin dai tempi di uno stage alla Montedison, quella epica di Raul Gardini: un materiale duttile, che riscalda alla fiamma del Bunsen, lasciandolo modificare secondo la sua natura, fino a bloccarlo nell’acqua fredda, al momento giusto, quando a suo dire “si è espresso al meglio”…
Per questo motivo non usa colori, se non quelli naturali, propri del materiale: tutte le gamme e le sfumature conseguenti alle bruciature, dal beige al marrone chiaro, fino al nero del bruciato.
Sergio Mei ascolta, fissando un punto del tavolino. Sembra pensi alle cose sue; invece all’improvviso scatta la sua fantasia di chef, che legge e traduce letteralmente nel suo linguaggio
le suggestioni dell’arte di Ornella Piluso…
E traduce - lavorandoci anche da solo e nei successivi incontri con l’artista - i codici creativi di Ornella in ingredienti per le due ricette elaborate su ispirazione dell’artista.
Certo Sergio Mei si è ispirato anche alla sua infanzia, in Sardegna.
Perché, come scriveva Montale, ognuno di noi ha un suo paesaggio, che ci mette molto a tradursi in un’immagine nella memoria, risultando poi indelebile, per tutta a vita…
“E’ curioso pensare che ognuno di noi ha un paesaggio come questo, e sia pur diversissimo, che dovrà restare il ‘suo’paesaggio, immutabile: è curioso che l’ordine fisico sia così lento a filtrare in noi e poi così impossibile a scancellarsi”. (Eugenio Montale, Dov’era il Tennis…).
Così Mei immagina qualcosa che poi, durante l’esecuzione, si modifica e perfeziona ancora di più… E in onore dell’artista partner, topylabrys, rispetta la sua scelta alimentare vegetariana, negli ingredienti utilizzati: niente carne. Solo uova e verdure.

Alba nell’orto” e “Nuvola pomeridiana” sono le due sue creazioni originali:
il primo Piatto d’Artista che Sergio Mei elabora tra marzo e aprile del 2012

Alba nell’orto
(Un Secondo vegetariano)
Una staccionata verde, ottenuta dall’intreccio di sottili listelle di porro fatte essiccare al forno, nelle tonalità del verde chiaro fino al bianco, fa da sfondo vegetale alla materia prima scelta: sette cime di asparagi bianchi e sette verdi, morbidamente appoggiati su un letto di patate Duchessa (puré adagiato nel piatto da un sac-à-poche), con una spolverata di polvere di pomodoro (solo un “ricordo” della sua naturale corposità), e una macchia di zafferano…
Nello stesso piatto c’è anche la semplicità, l’origine della vita: un uovo cotto al burro nel tegamino, la cosa più semplice ed essenziale: che simboleggia il Sole che sorge da dietro la staccionata dei porri, preludio di un’esistenza, segno della vita che si rinnova di continuo.

Nuvola pomeridiana
(Un Dessert)
E’ una île flottante, su un letto di zabaione, con la consistenza delle nuvole: ottenuta dalla cottura di piccole porzioni di bianco d’uovo montato a neve, “rapprese” in forma di “nubi” nel latte riscaldato sulla fiamma, con aggiunta a posteriori di granella di biscotto giallo e mandorle bruciate infine con il Bunsen.

Perché Mei ha scelto l'uovo?
(Un’ipotesi del cronista)

Mei l'ha anche detto personalmente, durante il laboratorio: l’uovo simboleggia la vita.
Ed è promessa di una vita del futuro: dall'uovo nascerà un nuovo essere vivente....
Senza dimenticare i parallelismi: uovo-rotondo; uovo sole.
E perché si abbina anche alla cultura di materie prime semplici, di base, a chilometro 0...
Che però sono "energetiche", e contengono vitamine e proteine...
E che, nella sua memoria, rimandano senza dubbio a un’infanzia del “tempo perduto” in Sardegna.

Come se dopo anni di luminosa carriera alle prese con materie prime di tutti i tipi, trattate in mille modi diversi, in tutto il mondo - stimolato dalla sincerità dell’artista partner e dalla scelta di lavorare materiale plastico bianco, semplice, liscio, colorato naturalmente e solo bruciato dal Bunsen - Mei avesse voluto riproporre due ricette “essenziali”, per rivalutare un ingrediente di base in cucina, l’uovo, semplice da cucinare (ma non facile!) e miniera di proprietà preziose.
Ottimo dunque sia per un secondo leggero, ma energetico, la sua “Alba nell'orto”; sia per un dessert raffinato, al cucchiaio: la “Nuvola pomeridiana” ...

Invece asparagi, patata (puré), ma anche polvere di pomodoro seccato (una sorta di estratto quintessenziale di una verdura, privata dell'acqua, come se si volesse salvarne solo il ricordo) sono indirettamente il suo omaggio all'Orto d'artista, anche quello di Arte da mangiare, e insieme a quello della sua infanzia in Sardegna... Non a caso rievocato all'Alba della vita (che per lui è dietro la staccionata di porri, in campagna, nella sua terra natale). 
Volendo si potrebbe anche dire che la sua scelta richiama decisamente il tema del Raccolto scelto quest’anno all'Umanitaria per le opere degli a(o)rtisti: "Sotto"...
Infatti Sergio Mei ha scelto - tra tutte le verdure possibili - prevalentemente quelle che maturano "sotto terra": Asparagi, Patate... dotate di una possibilità di crescita e sviluppo anche nelle viscere della terra, al buio, senza la luce vivificante del giorno.
A parte i porri, che tuttavia servono solo da "scenografia", gli asparagi sono un "segnale" della primavera che ritorna, e le patate di una stagionalità che sembra non abbandonarci mai, lungo il corso dell’anno, nel segno di una “rinascita” continua…
Le patate rappresentano anche il piatto "povero", che ha consentito - grazie alla loro scoperta e importazione dall’America, dove erano coltivate prima che in Europa - di salvare dalla fame e dalle carestie in tempo di guerra, dal Cinquecento fino ai giorni nostri, milioni e milioni di esseri umani: contadini delle campagne e cittadini della rivoluzione industriale ottocentesca/novecentesca.
Nella diffusione del tubero i poveri affamati trovarono infatti e trovano ancora oggi nutrimento a “basso costo”, energia prodotta a basso costo dal sottosuolo e dalle viscere della terra, che nella forma suggerita dal puré risulta tuttavia ancora più morbida e avvolgente, come un abbraccio materno, nei primi giorni di vita del bambino....

Il cronista ringrazia, con queste poche note, due geni dell’Arte e del Cibo, Ornella Piluso e Sergio Mei, che gli hanno permesso di divertirsi e appassionarsi, guardandoli all’opera.

Stefano Valera
Comunicazione&Pr
Arte da mangiare mangiare Arte
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Stefano.valera@libero.it


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